2017

Ronaldo, il Fenomeno e quell’arrivo all’Inter: «Mi è rimasta nel cuore»

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Ronaldo ripercorre l’arrivo nella Milano nerazzurra e rivendica il ruolo di ambasciatore per il Real Madrid: «Mi sento però pronto per un’altra esperienza»

Vent’anni fa e hai l’impressione che gli sembri ieri: quel sorriso conosciuto in tutto il mondo e la 10 dell’Inter. Intervistato da “La Gazzetta dello Sport”, Ronaldo ha ripercorso il passato nerazzurro e il presente madrileno: «Quella scena ce l’ho davanti agli occhi. Arrivo in sede per firmare il contratto e per strada non c’è nessuno, poco dopo mi affaccio al balcone da giocatore dell’Inter e faccio fatica a crederci: una marea di bandiere nerazzurre e di gente, venuta lì solo per vedermi». Stava iniziando, anzi era già iniziata, una storia di amore e lacrime, gioia e rabbia, appartenenza e disincanto. Nei giorni scorsi c’è chi sui social ha scritto che sarà inutile cercare indietro e guardare avanti, perché non si troverà mai nulla di simile. Che il primo anno del Fenomeno all’Inter non è barattabile con nulla, neppure uno scudetto. A Ronaldo esce un sorriso quasi dolce, che gli fa socchiudere gli occhi e spalancare il faccione: «A me dispiace non averlo vinto, lo scudetto: era un progetto bellissimo, era un sogno, anche se poi abbiamo capito che morì un po’ per colpa nostra e un po’ di certe forze esterne, che aiutavano la Juve. Però, sa che è vero? Neanch’io baratterei quell’anno con nulla: ogni vigilia era una grande attesa, di qualcosa che si sapeva poteva succedere. Ogni partita era una festa. Era rinato lo spirito interista, e la gente mi raccontava che certe cose non si vivevano da un sacco».

ADDIO E NUOVE SFIDE – Poi venne Cuper, e 15 anni fa, nell’hotel di Madrid che nel frattempo era diventato la sua casa, perla prima volta Ronaldo ci spiegò per filo e per segno il suo addio all’Inter. Aveva avuto un solo nome, anzi un cognome: quello del tecnico argentino. Sempre a Madrid, Ronaldo ci ha confessato anche una speranza: che quell’addio sia stato in realtà un arrivederci. È davvero possibile? «Spieghiamoci bene: io a Madrid sto da dio, Florentino mi ha appena rinnovato di un anno il contratto da ambasciatore del Real e non c’è bisogno che spieghi cos’è il Real. Però mi sento pronto per un’esperienza diversa, chiamiamola gestionale, e per questo sto valutando l’opportunità di acquistare una società di Segunda Divisiòn: ci sono un paio di opzioni, vorrei mettermi alla prova.Un po’ come ho fatto con le Ronaldo Academy, le mie scuole calcio che sto creando in tutto il mondo. In Cina hanno avuto un impatto straordinario: per ora ne sono nate trenta, dodici già operative. Oggi lavorare con la Cina significa avere opportunità illimitate: è una delle grandi frontiere del futuro». Azzardiamo noi: Suning e Ronaldo partner in Cina e nell’Inter, un giorno? «Non ho sognato ancora così lontano: è presto. Ma l’ho sempre detto, e ben prima che arrivasse Suning: io l’Inter ce l’ho nel cuore».

INTER, REAL E… BRASILE – Non solo il futuro personale, ma Ronaldo ha parlato anche di quello dell’Inter, pronta alla nuova era Spalletti: «Parlerei per affetto, non sono così attendibile. Posso dire che con Spalletti dovrebbe aver trovato non solo uno stratega del calcio, ma anche un buon gestore di un gruppo: me ne parlava benissimo Galante, ai nostri tempi, e ricordo che gli dissi “Fabio, avevi ragione”, quando lo affrontai da allenatore avversario. Però non lo invidio, dovrà trovare in fretta la strada dove far camminare la squadra. Perché l’Inter la aspettano tutti, da anni: i suoi tifosi, e anche l’Europa». Mbappé è già pronto per il Real? «Pronto è pronto: molto forte, fortissimo. A queste cose pensano Zizou e Florentino, però se magari uno dei tre della BBC se ne va…». Che Brasile sarà al Mondiale? «Con Tite farà molto bene, vedrete. Mi ha allenato al Corinthians, lo conosco: è una bella persona e, ciò che conta di più, sa farsi voler bene dai suoi giocatori». Chiudiamo come avevamo iniziato, tornando indietro con gli anni e i rimpianti: uno da cui avrebbe voluto essere allenato e uno con cui avrebbe voluto giocare. «Mourinho: tutti ne parlano come di un grande comandante, mi incuriosisce immaginarmi a obbedirgli. E il giocatore, beh… Maradona: ci saremmo divertiti tutti, no?»

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