Serie A
Romero: «Il mio Torino dalla promozione al fallimento. Nessuno ci diede una mano, per l’ultimo derby son tornato allo stadio. Su Cairo e Vanoli…» – ESCLUSIVA

Attilio Romero racconta il ‘suo’ Torino, dal tifo giovanile alla presidenza, la promozione e il fallimento, ma anche Vanoli, Cairo, lo Stadio ed il futuro
La vita di Attilio, Tilli, Romero sembra «Nel bene o nel male, indissolubilmente intrecciata alla storia del Torino». E’ un’impresa ardua nel panorama calcistico nostrano trovare una figura che ha legato la propria esistenza in una maniera così profonda (quasi viscerale) a quella di un club calcistico. E’ il caso del manager classe ‘48, oggi consulente per la comunicazione, un tempo presidente della società sportiva piemontese. Da sempre orgoglioso sostenitore granata, coinvolto – per qualche strano scherzo del destino – da incolpevole nel decesso di Gigi Meroni nel lontano 1967.
Quest’oggi per le colonne di CalcioNews24 abbiamo avuto il privilegio di ripercorrere tale vita tramite le parole del diretto interessato. Dal tifo giovanile, agli anni della presidenza. Ma anche il presente del Toro, tra il ventennio dell’attuale patron Urbano Cairo e le gesta, sul campo di calcio, dei ragazzi di Paolo Vanoli. Così Attilio, Tilli, Romero si racconta, ripercorrendo – per forza di cose – anche una pagina di storia del ‘suo’ Torino:
Buongiorno Romero. Iniziamo dal generale per poi addentrarci nello specifico, qual è il primo ricordo, la prima immagine quando ripensa alla sua presidenza col Torino?
«Me ne vengono in mente di belli e di brutti. Il più bello direi…il primo, quando mi propongono di fare il presidente del Torino. Quando a un tifoso propongono di diventare il presidente della squadra di cui è tifoso è il massimo…uso spesso questa battuta: ‘Come se ad un sacerdote chiedessero di diventare Papa’».
Dove inizia il suo tifo a tinte granata?
«Il mio tifo comincia da bambino, quando avevo 10 anni. Poi da ragazzo andavo allo stadio, quasi come un ultras, ovviamente meno focoso rispetto a quelli di oggi. Andavo allo stadio con un bandierone granata, più un campanaccio: diciamo che ero molto attrezzato per andare allo stadio, quasi appesantito (ride, ndr). Era un abbigliamento molto ricco il mio.
Ma il Torino lo seguivo anche in trasferta. La prima trasferta nel 63′ a Vicenza per vedere un Vicenza Torino. Poi a Ferrara per uno Spal Torino. Il Torino era in cima ai miei affetti…dopo mio padre e mia madre c’era il Torino»
E’ vero che quando le proposero di diventare presidente pensava fosse uno scherzo?
«Si si certo! Pensavo non fosse nemmeno vero. E poi invece sono diventato presidente. I primi due anni sono stati veramente belli, gli ultimi…anche tempestosi, problematici, diciamo così. Per via della crisi finanziaria del mio azionista, siccome io ero presidente di ‘immagine’, ma non proprietario del Torino».
Iniziando dai primi, in rete circolano ancora le immagini che la vedono protagonista dopo la promozione…
«Quelli sono stati i momenti più belli. Poi l’anno dopo il momento più bello invece fu il 3-3 con la Juve, nel 2001. Primo tempo 3 a 0 per loro, poi noi segnammo 3 gol…»
Passiamo al periodo del fallimento. A distanza di anni è ancora una ‘ferita’ per lei?
«Rimane una ferita molto pesante. Oltretutto era una situazione facilmente risolvibile. Adesso non vado nelle particolarità, però era una situazione tecnicamente risolvibile. C’erano grandi società con situazioni ben più gravi della nostra. Per noi invece non c’è stato alcun appoggio diciamo dal ‘sistema’. Sistema economico, sistema bancario. Altre società in condizioni ben peggiori delle nostre sono state aiutate. Non dico una congiura, però nessuno ci ha dato una mano ecco»
Da quel giorno sono trascorsi quasi 20 anni, ma Tilli Romero è più andato allo Stadio?
«Si, sono andato all’ultimo derby con la Juventus, quello di gennaio. Era 20 anni che non andavo al derby, dal 2005»
Perchè solo adesso?
«Perché il Torino l’ho sempre guardato dalla televisione e, come dire, sentivo sempre una certa amarezza nell’andare allo Stadio. Poi per il derby mi sono deciso e sono andato. E ho rivisto il Torino dal vivo. Però anche se non di persona l’ho sempre seguito da vicino»
Il derby con la Vecchia Signora è stata forse la prima partita della ‘rinascita’ del gruppo di Vanoli. Troppo ambizioso parlare di Europa ora?
«Sta iniziando a ingranare, anche se adesso arriveranno delle partite non semplici. Il percorso sembra solo apparentemente facile, penso a Parma ed Empoli, poi ci sarà la Lazio. Il Torino adesso è undicesimo, sarà difficile ma potrà provare ad agganciare l’Udinese decima. Io però più del decimo posto non mi sbilancerei»
A proposito di stadio, a breve scadranno le ipoteche sul Grande Torino. Può rappresentare questa una chiave di svolta per il futuro della società?
«Avere uno stadio di proprietà oggi è determinante. Ho letto dai giornali che il Sindaco di Torino (Stefano Lo Russo, ndr) vorrebbe venderlo. Questa può essere anche una forma di pressione per Cairo. Vediamo, sto seguendo la situazione, ma ripeto: solo attraverso ai giornali»
Parliamo di Urbano Cairo. Lei ha più volte rimarcato le difficoltà attraversate nei suoi anni alla guida del club. Ora l’editore sta per ‘compierne’ 20, mentre nella piazza serpeggiano le polemiche…
«La piazza di Torino è focosa, molto calda e molto partecipe. È chiaro che, la piazza, ha avuto un numero interminabile di delusioni. Abbiamo una storia costellata di delusioni: dal Grande Torino a Gigi Meroni, che si lega inestricabilmente alla mia vita. E i tifosi naturalmente pretendono un po’ di più.
Questi 20 anni di Cairo…gli va dato un merito: la salute ed il benessere societario-bilancistico del Torino. E non è poco nel calcio di oggi, quindi sicuramente ha lavorato molto bene sotto quel punto di vista. Per quanto riguarda la passione mostrata…forse non è stato il suo punto di forza».
A proposito di passione, i più grandi presidenti ci insegnano come gestire una compagine calcistica sia diverso che capeggiare un’azienda ‘canonica’?
«Assolutamente, completamente diverso. Entrano in gioco dei fattori sentimentali, romantici. Guardare il solo fattore economico non basta: non è sufficiente. I tifosi non vanno allo Stadio per tifare un conto economico»
Insomma, abbiamo parlato del passato e del presente, ma Tilli Romero lo rivedremo a seguire il Torino in casa quindi?
«Sì sì. Ho visto in casa che ci sarà l’Inter tra le squadre particolarmente stimolanti nel calendario. Però sì…il Torino…mi manca»
Si ringrazia Tilli Romero per la gentilezza e la disponibilità mostrate in questa intervista.
