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Roma, Zaniolo: «La Fiorentina non ha creduto in me. All’Entella ho pensato di smettere…»
Il centrocampista della Roma, Nicolò Zaniolo, è stato intervistato per parlare dei suoi inizi, dell’esordio e della consacrazione con i giallorossi
Nella giornata di oggi, la Roma ha pubblicato sul proprio sito un’intervista esclusiva fatta nei confronti del suo giovanissimo talento, Nicolò Zaniolo. Nelle ultime settimane il baby gioiello giallorosso è stato al centro della scena per la doppietta al Porto e per i fatti legati a sua mamma, protagonista sui social. Ecco le sue parole: «I primi ricordi legati al calcio? Avevo tre o quattro anni, non ero ancora iscritto a una scuola calcio, ma appena vedevo una cosa per strada la prendevo a calci. Poi quando sono cresciuto ho iniziato ad andare a vedere mio padre Igor che giocava e lì è nata definitivamente la passione: mi piaceva vedere i tifosi esultare ai gol, vivere il campo la domenica. I miei idoli quando ero piccolo? Il mio idolo è sempre stato Kakà, mi appassionava il suo stile di gioco, era bello da vedere quando toccava il pallone».
«Gli esordi? Ho iniziato al Genoa e poi sono andato alla Fiorentina, partendo con gli Esordienti. Sono arrivato fino agli Allievi e alla preparazione estiva con la Primavera. Poi mi hanno comunicato che non c’era posto per me. Questo episodio mi ha demoralizzato. È stata una doccia fredda e ci ho pianto una settimana intera. Poi mi sono rimboccato le maniche. Sono andato all’Entella, vicino casa e alla mia famiglia, e da lì è nato tutto. Un momento in cui ho pensato che non avrei fatto il calciatore? Nel primo mese alla Virtus Entella. Ero in Primavera e non giocavo, dovevo ancora ambientarmi, ero arrivato a preparazione già finita. Mi ritrovai nel bar di mio padre a La Spezia, che piangevo. Gli dicevo “se non riesco a giocare qui, forse devo fare qualcos’altro nella vita”. E lui mi rispose: “Fai l’ultima settimana, a mille, fatta bene, senza pensare”. L’ho fatta e da lì non sono più uscito”».
«Il mio esordio in Serie B con l’Entella? Era già nell’aria. Una volta ci sono andato vicino e ancora me lo ricordo. Eravamo a Vicenza, vincevamo 1-0 il mister mi disse “scaldati che fra poco tocca a te”, poi abbiamo preso gol e ha scelto di mettere un difensore. Poi a Benevento, un giorno prima del compleanno di mio padre, è arrivato l’esordio. È stata un’emozione incredibile, non ci credevo: era passato meno di un anno dallo scarto della Fiorentina e stavo esordendo tra i professionisti. L’esordio in Champions contro il Real? Il mister fece la riunione tecnica alle 11. Non annunciò la formazione, ma mi disse che voleva parlarmi a fine riunione. Lì mi comunicò che avrei giocato, mi chiese se ero pronto. Io gli ho detto di sì. Invece di riposare, sono stato tutto il giorno in camera a guardare il soffitto. Poi una volta arrivato allo stadio, ho pensato solo a giocare e a fare quello che sapevo. Quando sei in campo pensi solo a quello».
«Chi mi ha aiutato in quel momento? De Rossi è venuto a dirmi di stare tranquillo. Di giocare come sapevo, a due tocchi. Anche Totti è venuto a dirmelo. La mia vita com’è cambiata? Sono cambiate le attenzioni nei miei confronti. E anche nei confronti delle persone che mi stanno attorno. Però voglio che si parli molto di più di me e di quello che faccio in campo, rispetto a quello che c’è fuori. A me piace molto il calcio, questa è la mia passione. Sono contento della mia stagione e spero che continui così. La doppietta al Porto? È un’emozione che ancora adesso non riesco a descrivere. Forse non ho ancora realizzato quello che è successo la scorsa settimana. Ora però devo allenarmi, penso a quello: andare forte sul campo per avere altrettante soddisfazioni».
«Io il nuovo Totti? Fare paragoni con lui è davvero una forzatura. Sono onorato anche solo dell’accostamento, ma io ancora non ho fatto niente. Alla fine giocando in squadra con De Rossi e Florenzi, o vedendo a quello che ha fatto Totti, capisci quanto si può essere attaccati a questa squadra e a questi tifosi. Sarebbe un sogno fare le stesse cose. Io ora penso ad allenarmi e a giocare. Da chi apprendo in allenamento? Dove ti giri ti giri ci sono i campioni. Mi ispiro ai più esperti, ai senatori, a De Rossi, Manolas, Kolarov, Dzeko. Sono i miei esempi. Se ho avuto paura di esser ceduto per farmi le ossa? Non ho fatto la preparazione estiva con la squadra perché ero impegnato nell’Europeo e nemmeno la tournée. Quando sono tornato ero il nono centrocampista e l’idea di andare sei mesi o un anno a farsi le ossa c’era. La Società ha creduto in me, però, e anche il mister. Devo ringraziarli per questo. Spero di continuare a dimostrare che la fiducia data non è stata persa. Di Francesco ogni giorno mi dà consigli, mi dice come muovermi, anche fuori dal campo. Lo ringrazio per tutte queste possibilità».