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Pellegrini: «Essere il capitano della Roma è una responsabilità. Mondiale? Si deve andare»

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Il capitano della Roma Pellegrini ha parlato a 360° della sua carriera, del momento in giallorosso e della Nazionale

Lorenzo Pellegrini, capitano della Roma, in una intervista a SportWeek ha parlato a 360° del suo momento in giallorosso e della Nazionale che rischia di non andare al Mondiale.

SFORTUNA«Non ci credo. Credo però nelle energie. Sono fissato. Ogni tanto leggo qualche libro su questo, l’ultimo è “La tua mente può tutto”. Nella vita i momenti difficili ci sono, ma penso che non esista una realtà scritta. Si può cambiarla con lucidità e positività. Perciò iniziamo così: io credo che le cose andranno sempre meglio». 

MONDIALE«Si deve andare. Purtroppo, per i nostri demeriti, abbiamo imboccato una strada difficile. Ne parliamo tra noi della Nazionale nel gruppo su WhatsApp. Pensavamo di avere in mano la situazione e invece…». 

SENZA MONDIALE EUROPEO RIDIMENSIONATO«Non credo. L’Italia non ha vissuto solo per un mese, ma per un anno e mezzo le esperienze di un gruppo nuovo. Per quanto mi riguarda, i playoff sono uno stimolo: marzo può essere un’occasione per riprendermi quello che ho perso, anche se io mi sento parte del gruppo campione d’Europa. Tutte le difficoltà superate durante la qualificazione fanno parte del percorso. Poi è normale che i compagni abbiano vissuto un mese eccezionale e io abbia solo tifato per loro». 

POLEMICHE PER AMICIZIA CON IMMOBILE«Non me la prendo e, in fondo, la capisco anche questa cosa. O meglio: non la capisco, ma fa parte del gioco. So che rivalità ci sia e, se uno me lo fa notare, va bene. Ciro è un ragazzo eccezionale e siamo legati anche con le famiglie, però quando scendo in campo è un’altra cosa. Se giocassi contro mia madre, diventerebbe un avversario, farei fallo pure a lei. Non ho fatto niente di sbagliato, ma non me la prendo se i tifosi si arrabbiano per una foto con Ciro. E’ diverso dall’episodio della nascita di mio figlio». 

CAPITANO ROMA «A noi piace la semplicità in cui viviamo, ma per me le cose sono cambiate. La fascia è una responsabilità, in campo e fuori. La mia sta anche nel far capire ai nuovi che questa non è una maglia qualunque e la Roma non è un posto di passaggio. Ho vissuto lo spogliatoio con Daniele e ho avuto un rapporto incredibile con Francesco nonostante avesse smesso. Loro sono stati grandi esempi. Soprattutto nell’approccio con chi arrivava dalla Primavera». 

MOURINHO«Mi identifico molto in quello che dice. La sua storia parla per lui. E’ venuto a Roma per trasmetterci la sua mentalità, ma ora contano i fatti. Dobbiamo lavorare ogni giorno meglio. Lui però si arrabbia per un pallone non dato, per una rincorsa non fatta. Mai sentito arrabbiarsi per un errore tecnico». 

NUOVI ACQUISTI«Maitland-Niles è arrivato il sabato e il giorno dopo ha giocato con la Juve, dimostrando già di essere pronto. Oliveira non ha bisogno di presentazioni: ha tutto per affermarsi in Serie A». 

MOURINHO E MANCINI«Mourinho ti trasmette qualcosa che, se non hai, comunque viene fuori. Mancini ti dà serenità, così rischi una giocata che altrimenti non rischieresti. Mourinho chiede molta verticalità, Mancini cerca più il possesso palla per avere la partita in controllo. Una volta, ad esempio, stavamo facendo un esercizio a Coverciano e lui ci chiamò tutti in mezzo al campo. Ho pensato “Adesso ci rimprovera”. E invece ci disse: “Ragazzi, ma siete bravissimi! Dovete credere di più in voi stessi”. Ecco, Mancini comunica tranquillità».

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