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Roma Fonseca, i conti non tornano: due anni da vorrei ma non posso
Roma Fonseca, l’amore finisce in una cupa giornata romana di inizio maggio. Quello che avrebbe potuto essere, ma non è stato
«Doveva annà così…», più che un ciclo si chiude una parentesi. La Roma giallorossa si sveglia con un altro ribaltone, l’ennesimo degli ultimi anni. Via Fonseca, dentro Mourinho. L’addio del buon Paulo passa quasi inosservato di fronte alla portata mediatica dell’arrivo nella capitale dello Special One. I tifosi sembrano rinvigoriti dopo le ultime disastrose prestazioni della squadra dell’ex Shakhtar, la Capitale dopotutto è sempre stata una piazza molto esigente, al di là dei colori sociali.
La sponda giallorossa sicuramente si aspettava di più dalla gestione Fonseca, arrivato con ottime recensioni nell’estate del 2019 dopo la parentesi da traghettatore di Claudio Ranieri. L’allenatore, fautore di un calcio offensivo e volto al dominio del gioco, è rimasto imbrigliato nel limbo del «quello che avrebbe potuto essere, ma non è stato». Nei due anni sotto la guida del tecnico nato in Mozambico, la qualità del gioco si è vista a sprazzi, così come i risultati.
Chi ben comincia è a metà dell’opera, ma non sempre
Il 2019 è un annus horribilis per la Roma. Ranieri raccoglie i cocci di Di Francesco fino alla fine del campionato, ma non è l’unico a salutare. A maggio anche Daniele De Rossi chiude il suo ciclo in giallorosso, a cui fa eco dopo un mese Francesco Totti, che rende pubbliche le divergenze con la società di James Pallotta e lascia l’incarico di dirigente. Improvvisamente la Roma è orfana dei figli prediletti.
Difficile pensare di ripartire con lo stesso entusiasmo, ma il club ci prova. Dzeko rinnova e si prende la fascia da capitano, la dirigenza sceglie Paulo Fonseca, tecnico che ben ha fatto in Ucraina con lo Shakhtar Donetsk. E i risultati tutto sommato danno inizialmente ragione alla società. Il 4-2-3-1 offensivo del portoghese ben si sposa con gli interpreti a disposizione, gli acquisti di Veretout, Smalling, Mancini e Mkhitaryan si uniscono al blocco già presente. La ricerca del possesso e del pressing, nella prima metà di stagione vengono fuori e permettono ai giallorossi di lottare per un posto in Champions. A sorpresa torna l’entusiasmo.
Fonseca dimostra di avere anche un discreto intuito, schierando Mancini da mediano nel centrocampo a 2 per necessità, e si arriva a gennaio con ottimi propositi per l’anno nuovo. Il punto di rottura tra la Roma convincente del girone d’andata e quella altalenante e insicura di quello di ritorno sta tutto nel match dell’Olimpico contro la Juventus, il 12 gennaio 2020. Classica percussione centrale di Zaniolo, che fino a quel momento della stagione aveva trascinato i suoi, quelli della Juve non lo tengono, e il classe ’99 va a contrasto con De Ligt. Il trauma è terribile, l’infortunio di più: rottura del legamento crociato. Da quel momento, è un’altra Roma.
La colpa, se così si può definire, non sta certamente nello stop di Zaniolo, ma simbolicamente quel momento determina i futuri risultati dei giallorossi. La Roma di Fonseca perde quell’incisività offensiva che aveva messo in mostra anche grazie al talento azzurro, i vari Perotti, Under e Kluivert sono discontinui, così come Mkhitaryan, perlopiù a causa di diversi infortuni. La difesa allo stesso tempo, crolla. Smalling non è più il centrale roccioso del girone d’andata, la squadra ne risente e colleziona 6 sconfitte in 9 giornate. La svolta arriva in estate, quando il campionato riprende dopo lo stop causa Covid: Fonseca rinuncia al 4-2-3-1 e passa al 3-4-2-1, la squadra risponde alla grande chiudendo il campionato con 7 vittorie nelle ultime 8 e piazzandosi al quinto posto, valido per un piazzamento in Europa League. Ci sono i presupposti per continuare insieme.
Sbagliare è umano, perseverare è diabolico
Il mercato estivo in vista della stagione 20/21 regala diverse novità. Via Kolarov, Perotti, Kluivert, Florenzi e Under. Dentro Carles Perez, Kumbulla, Borja Mayoral e l’esperienza di Pedro. L’intento di Fonseca è proseguire con la difesa a 3, e il reparto è di tutto rispetto. Ibanez promette bene, Kumbulla è stata la sorpresa della stagione 19/20. A centrocampo si prosegue con Veretout e Diawara, con il giovane Villar pronto a ritagliarsi il suo spazio, e Lorenzo Pellegrini a fare sia da mediano di costruzione che da trequartista. Sulle fasce spazio a Spinazzola e Karsdorp, davanti Mkhitaryan, Pellegrini e Pedro si giocano due maglie, davanti c’è capitan Dzeko.
Non c’è più Pallotta, la Roma ora appartiene alla famiglia Friedkin, l’ambizione è tanta. I giallorossi cominciano bene, dando continuità all’ottimo finale della stagione precedente. Come l’anno prima però, due episodi scuotono l’ambiente, di per sè molto sensibile a dinamiche di questo tipo. Prima la sconfitta nel derby contro la Lazio. Poi Roma-Spezia di Coppa Italia, che decreta l’eliminazione dei giallorossi, con Dzeko e Fonseca che hanno uno scontro, la fascia di capitano passa a Pellegrini, con il bosniaco viene messo momentaneamente da parte. Mkhitaryan colma il vuoto lasciato dal Cigno di Sarajevo, e Mayoral dimostra di avere discrete doti da finalizzatore.
Il 2021 però nasconde delle insidie. L’alone di magia che circondava l’armeno svanisce a gennaio, gli infortuni si susseguono, su tutti quelli di Smalling, Spinazzola e Pedro, che in realtà aveva convinto poco. La difesa a 3, che la stagione precedente aveva assunto il significato di rinascita, scricchiola complice un centrocampo che escluso Veretout non garantisce la giusta copertura. Progressivamente i giallorossi si sfaldano, in campionato scivolano sempre più giù quando fino a marzo la speranza quarto posto sembrava ancora viva.
Le uniche speranze ricadono sull’Europa League, dove la Roma di Fonseca da brutto anatroccolo si trasforma in Cigno. Le pratiche Braga e Shakhtar vengono liquidate agevolmente, dopo un girone dominato. Ai quarti si soffre con l’Ajax, ma la semifinale è raggiunta grazie alla vittoria alla Johan Crujiff Arena. La finale sembra alla portata, il Manchester United fa paura ma si vola in Inghilterra con la carica dei tifosi e la consapevolezza che in Europa League è tutta un’altra musica. Il 2-1 del primo tempo a Old Trafford sembra confermare le sensazioni della vigilia, ma nel secondo tempo il blackout è totale. 6-2 dei Red Devils, la Roma dice molto probabilmente addio all’unica competizione che era riuscita a tener viva.
E si arriva alla mattinata di ieri, quando Fonseca viene messo gentilmente alla porta da un comunicato della Roma che annuncia la separazione a fine stagione. Qualche ora dopo ne arriva un altro, ancora più “rumoroso“. L’eredità di Fonseca viene raccolta da Josè Mourinho, reduce dalla disastrosa esperienza al Tottenham. Da un portoghese a un altro, la Roma volta totalmente pagina. Dalla ricerca del bel gioco con l’avvento di Fonseca, al pragmatismo dell’ex acerrimo nemico Mourinho.