2018
Di Francesco, dove sono le soluzioni per la Roma?
Roma, così non può andare. Le somme si tireranno a fine anno, ma al momento non convincono le contromisure attuate da Eusebio Di Francesco
La clamorosa quanto netta sconfitta interna rimediata dal Milan di Gattuso va a certificare in via definitiva una discontinuità che non può aderire alle aspettative iniziali ed alle ambizioni della Roma: l’allenatore Eusebio Di Francesco finisce inevitabilmente sotto accusa. Non convincono le sue soluzioni, né tantomeno le contromosse che prova ad attuare per rispondere ai problemi che gli si pongono sul sentiero. Del resto i risultati parlano chiaro: inaccettabile l’attuale quinto posto in classifica quando si era partiti per battagliare con Napoli e Juventus. Distanza dalla capolista in proiezione di ben diciannove punti, la postazione odierna non garantirebbe neanche l’accesso alla prossima Champions League. Eliminazione incassata in Coppa Italia dal Torino, peraltro all’Olimpico, in palio resta il prezioso accesso ai quarti di finale di Champions League. Lì dove…
Roma: è Alisson-dipendenza
Senza troppi giri di parole: tutto quanto conseguito ad oggi dalla Roma lo si deve in gran parte ai prodigi compiuti dal suo straordinario portiere. Alisson si è infatti rivelato decisivo nella sfida di battesimo della Champions League: l’Atletico Madrid dominò la scena dell’Olimpico, salvo imbattersi in un portiere-saracinesca. Tre miracoli: uno su Vietto e due su Correa, per tenere in vita la Roma e spianarle la strada verso quel che è stato un clamoroso risultato finale, ossia la vittoria del girone. La storia si è ripetuta nella gara d’andata degli ottavi di finale: lo Shakhtar Donetsk ha schiacciato la Roma nella propria metà campo per l’intero arco della ripresa, soltanto due pazzeschi interventi di Alisson – più un altro in complicità con il connazionale Bruno Peres – ha evitato ai capitolini di incassare un passivo ben più ingombrante. E senz’altro condizionante nella logica del passaggio del turno. Analoghe considerazioni per quanto concerne il campionato: non fosse stato per le prestazioni di Alisson, la Roma difficilmente avrebbe portato a casa le diverse vittorie di misura ottenute, ritrovandosi dunque una classifica ancor più deludente di quella attuale.
Roma-Milan, le lacune difensive
Finora mascherate non a caso da Alisson. Ma ci si può girare intorno fino ad un certo punto, poi emergono in tutta la loro irruenza: la Roma non sa difendersi. Non ha raggiunto un livello di organizzazione complessiva tale da presentare un assetto funzionante. E se per i primi mesi si poteva e doveva concedere un lasso di tempo standard per consentire alla squadra di recepire i dettami tattici della nuova gestione tecnica, oggi è complesso spiegare lo stato di lavori in corso del cantiere giallorosso. Del resto è sufficiente guardare alla partita di ieri: distanze impressionanti tra i reparti, per l’intero secondo tempo il Milan ha giustamente scelto di agire tra le linee, facendo il bello e cattivo tempo. Squadra scollata: non può trovare logica spiegazione la sostituzione di Nainggolan quando già mancava un collante quale De Rossi. La sensazione è che sia tutto un po’ casuale: fosse così, la logica del campo ti restituisce tutto. La facilità con cui l’ottimo Calabria si inserisce in piena area di rigore giallorossa – in occasione della seconda rete del Milan – è la fotografia più chiara della totale assenza di collegamenti.
Roma-Milan, le lacune offensive
Al momento la Roma – con quaranta reti all’attivo in ventisei giornate di campionato, alla bassissima media di 1-53 a partita – ha segnato due gol in meno dell’Inter (42), sei della Sampdoria (46), quindici del Napoli (55) e ventidue della Juventus (62) entrambe con una gara in meno, ventiquattro rispetto ai concittadini della Lazio (64). Debolezza confermata in pieno nella sfida di ieri con il Milan: difficoltà ad inscenare una proposta offensiva continua, soltanto qualche sprazzo individuale salva le apparenze. Nonostante l’abbondante numero di mezze punte ed attaccanti esterni, chiamateli come vi aggrada insomma, non si assiste ad un reale legame tra i comparti di centrocampo ed attacco. Anche le sovrapposizioni degli esterni bassi, che in un certo frangente della stagione apparivano un tasto sul quale stava battendo il lavoro di Eusebio Di Francesco, sono al momento lasciate più casualmente ad alcuni momenti della gara che ad una reale costruzione di squadra. Cambiano i titolari in base ai loro rispettivi momenti individuali, ma nel complesso a modificarsi è il tenore delle iniziative singole: poco accade sotto il profilo della costruzione generale. Il Milan ieri se ne è accorto molto presto e – dopo un primo tempo di attesa – ha dedicato la seconda parte della gara a prendersi l’intera posta in palio, senza doversi troppo preoccupare delle offensive avversarie.
Lo stallo Dzeko-Schick
Agli albori dell’inefficacia delle contromosse attuate da Di Francesco va inevitabilmente posta la coesistenza tra Edin Dzeko e Patrik Schick, l’acquisto più costoso nella storia della Roma, ancora fermo ad una imbarazzante quota zero alla voce reti in campionato. Uno scenario che neanche il più pessimista degli osservatori avrebbe ipotizzato. L’allenatore in tal senso non è riuscito ad incidere in alcun modo: ha provato un dubbio impiego simultaneo defilando il ceco sulla corsia destra, con risultati tanto modesti da costringerlo a tornare sulla sua decisione dopo appena due partite. Li ha alternati – con chiara preferenza al bosniaco – senza avere in dote risultati considerevoli: nella sfida con il Milan Schick, impiegato da titolare, non ha visto un pallone. Investimento del tutto deprezzato, valeva davvero la pena spendersi così tanto per la permanenza di Dzeko nella sessione invernale di calciomercato? Non era l’occasione ideale per risolvere la questione in via definitiva e puntare con forza sul grande investimento effettuato dalla sua società? O a questo punto viene da pensare che non fosse d’accordo sull’onerosa operazione che ha condotto Schick dalla Sampdoria alla Roma per ben quarantadue milioni di euro? Peraltro non li ha mai provati insieme in un contesto a due attaccanti: per intenderci un 4-3-1-2 oppure un 4-4-2 che affianca i due diretti interessati, aderendo senz’altro con maggiore cognizione di causa alle rispettive caratteristiche. Non è andata così ed ora la Roma si ritrova una serie di problematiche da gestire: due tra i calciatori di più elevato livello a disposizione non funzionano insieme, con tanto di investimento compiuto. Ammesso che dalle parti di Trigoria qualcosa funzioni.