Roma, la caduta libera in cifre: ora il momento delle scelte - Calcio News 24
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2018

Roma, la caduta libera in cifre: ora il momento delle scelte

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di francesco roma

Roma, dalla lotta scudetto al meno tredici dalla capolista Napoli: il crollo espresso nelle cifre che hanno accompagnato il percorso della banda Di Francesco

Soltanto un mese fa, nella Roma sponda giallorossa, si parlava piuttosto apertamente dell’ipotesi scudetto: lo scenario, quello descritto dai meno attenti e più frettolosi, di una lotta a quattro fino al termine del campionato. Con Roma ed Inter sullo stesso piano di Napoli e Juventus: i valori però sono poi puntualmente emersi, con il cammino a sé delle due battistrada ed il netto ridimensionamento di due squadre che mai si sono espresse su livelli da vertice. Unica potenziale distrazione per il binomio di testa è allo stato dei fatti rappresentato dall’eccellente Lazio di Inzaghi, che pur con un organico sulla carta inferiore a quello di cui dispone la Roma si sta strutturando nella parte alta della classifica. Con organizzazione, identità di gioco – Lazio migliore squadra in verticale del campionato – e rinnovata consapevolezza.

Roma in caduta libera: i numeri

Dalla sedicesima giornata ad oggi la Roma ha disputato sette gare di campionato, compreso il recupero del terzo turno con la Sampdoria: il bottino – decisamente magro – è di sette punti in altrettante gare. Alla media dunque di un punto a partita. Prima di questo lasso di incontri la Roma aveva totalizzato trentaquattro punti in quattordici gare, alla media di 2.42 a partita. In altre parole i giallorossi sono passati da una media scudetto ad un andamento salvezza: sì, perché spalmando i due dati sull’intero torneo, ne consegue che la Roma per le sue prime quattordici partite ha condotto un campionato da novantadue punti, per le restanti sette un campionato da trentotto punti. Dove sta la verità? Troppo elevata la proiezione iniziale o troppo grossa la caduta attuale? Come spesso accade, nel mezzo: ossia che in troppi si erano affrettati ad indicare nella conquista del titolo un obiettivo alla portata della Roma di Eusebio Di Francesco, fattore acuito dal primo posto ottenuto nella fase a gironi della Champions League. E che dunque il reale target di una squadra che in estate ha condotto cessioni importanti – ed integrato sostituti che ancora devono rendere all’altezza delle aspettative – e cambiato la gestione tecnica sia la contesa per un posto nella prossima Champions League.

Le altre statistiche della Roma

Procedendo nella ripartizione del campionato giallorosso nei due tronchi indicati, i primi due terzi in cui tutto andava oltre il merito e l’ultima fetta in cui si è palesato il ridimensionamento, è possibile procedere anche al confronto dei gol fatti e subiti. Quello della Roma è appena il settimo attacco del torneo con 32 reti all’attivo, dopo la strepitosa Lazio di Inzaghi (56), Juventus (50), Napoli (45), Sampdoria (40), Inter (36) e Udinese (34). Ma c’è un ulteriore peggioramento nello specifico dato: la Roma nelle prime quattordici gare del suo campionato ha segnato ventisette reti, alla media dunque di 1.92 a partita. Nelle ultime sette il bottino è di appena cinque gol, ad un’impresentabile media di 0.71 a partita. Nel complesso il discorso è differente per la difesa, in controtendenza rispetto al credo calcistico di mister Di Francesco: quella della Roma è alla pari dell’Inter la terza del torneo con sedici reti al passivo, dopo Napoli (13) e Juventus (15). Ma anche qui il dato è in calo: se nelle prime quattordici sfide di campionato la Roma ha incassato dieci reti, alla media di 0.71 a partita, nelle ultime sette ha dovuto raccogliere il pallone nella propria porta in sei occasioni, subendo dunque alla media di 0.85 a partita.

Roma, oltre i dati

Il problema offensivo è risultato sin dalle prime battute piuttosto evidente: la perdita di una bocca da fuoco quale Mohamed Salah – i suoi risultati individuali in Premier League parlano da soli – ha pesato sia in termini di gol che di assist. I sostituti, per ragioni differenti, hanno al momento steccato: chi c’era già, ossia Perotti ed El Shaarawy, rendono ma con discontinuità. Chi è arrivato, Cengiz Under e Defrel, soltanto ora sta provando a rintracciare una sorta di condizione, dopo mesi di adattamento o infortuni che ne hanno condizionato la resa. Capitolo Schick: abbastanza chiaro il problema alla fonte, acquistato a suon di milioni – l’innesto più caro nella storia del club capitolino – per agire in un 4-3-3 in cui è già prevista la presenza di Dzeko. Perdonateci, ma l’impiego defilato sulla corsia destra non convince affatto. Ed in questo c’è anche la considerazione sul lavoro di Di Francesco: siamo certi che l’allenatore giallorosso stia valorizzando al meglio le risorse a disposizione? Che abbia trovato un credo calcistico sul quale disegnare la sua Roma? E poi c’è proprio Dzeko: unico ad aver accumulato un bottino degno di nota, ma dei suoi dieci gol – comunque in netto ridimensionamento rispetto alla passata stagione – ben cinque sono arrivati nelle sfide contro Benevento, Verona e Spal, i tre fanalini di coda della classifica di Serie A. In altre parole, il tasso di incidenza del bosniaco sull’attuale campionato è tutt’altro che stellare.

La difesa ha retto ma…

Conoscendolo per via dell’esperienza al Sassuolo, le aspettative in seno al passaggio sulla panchina della Roma raccontavano di un calcio senz’altro propositivo, votato ad una certa produzione offensiva, ma che almeno inizialmente avrebbe pagato dazio sotto il profilo dell’equilibrio. I gol invece non sono arrivati e – viene da dire per fortuna della Roma e di Eusebio Di Francesco – la difesa ha tenuto: i pochi gol incassati consentono ai giallorossi, nonostante l’attuale caduta verticale, di restare in piena corsa per il podio, o comunque per quel quarto posto che – dalla prossima stagione – varrà l’accesso diretto alla Champions League. Sarà un discorso a tre insomma tra Lazio, Inter ed appunto Roma, salvo clamorosi rientri. La stabilità della fase difensiva non è apparsa casuale come nella specifica situazione dell’Inter, dove i nodi poi sono venuti al pettine ed i limiti nell’organizzazione si sono evidenziati con una certa imponenza, ma anche questa un po’ oltre quel che si è visto in campo e soprattutto in alcune partite. Lì dove la sensazione era quella che la Roma avrebbe potuto incassare ben più di quanto abbia poi effettivamente subito: chiedere ad Alisson ed ai suoi letterali miracoli. Work in progress: è tempo di archiviare il momento e di procedere a scelte precise. Su tutte la questione Dzeko/Schick, poi quella tattica di Florenzi, non da meno l’inserimento in pianta stabile di pedine quali Pellegrini e Gerson, che hanno dimostrato di poter portare in dote quella freschezza che al momento manca.

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