2015
Roberto Pruzzo, la versione del Bomber
«Le voci sulla mia depressione? Il solito sensazionalismo dei media, il tema del dolore vende sempre…»
Il pretesto per digitare il suo numero di cellulare è la recente uscita della sua autobiografia (per Ultra Sport) il cui titolo è già tutto un programma: ‘Bomber. La storia di un numero nove normale (o quasi)’. Il Bomber in questione, persino inutile aggiungerlo, è Roberto Pruzzo, il vecchio Rey di Crocefieschi che ha gonfiato innumerevoli volte le reti degli avversari del Genoa, negli anni ’70, e della Roma, in quei leggendari eighties che decretarono alla nostra serie A il titolo meritatissimo di “campionato più bello del mondo”. Il pretesto, si è detto, è letterario. Ma l’input finale è umano, empatico, quasi antropologico. Perché Pruzzo, all’alba dei suoi sessant’anni, è tuttora atleta puro, introverso, per niente propenso ai compromessi. Lui le cose te le dice chiaramente in faccia oppure preferisce chiudersi a riccio se la domanda è poco edificante, per non dire stupida tout court. Prerogativa di colui che è stato un mito per due tra le tifoserie più calde e passionali d’Italia (il Grifone e la Maggica), ma anche un uomo capace di vivere/soffrire/scoglionarsi per tutto ciò che inevitabilmente viene dopo. I tempi supplementari dell’esistenza, insomma. Pronto Roberto, ci sei?
Sbaglio o con questa storia della tua autobiografia ti si vede maggiormente in giro negli ultimi tempi?
«Sì, il fatto è che quando mi pongo degli obbiettivi poi do anche il massimo per raggiungerli. E, credimi, mi sono impegnato molto per questa faccenda del libro.»
Prossime presentazioni in programma?
«Ce ne sarà una tra qualche giorno, il 13 febbraio, a Roma (leggi in fondo all’articolo per maggiori informazioni, NDR). Con me ci saranno diversi amici – Antonio Di Carlo, Paolo Alberto Faccini e Odoacre Chierico – più la mia coautrice Susanna Marcellini e Fabio Clemente, presidente del Roma Club Tevere. Sarà una buona occasione per spiegare chi sono di fronte ad una bella audience. O almeno spero! (ridacchia)»
Vogliamo spendere una parola d’elogio anche per Susanna Marcellini? Nell’ambiente non passi per un uomo semplice da intervistare, figurati coinvolgerti per un’intero libro…
«Susanna è stata bravissima a capirmi, ad interpretarmi dato che io resto una persona abbastanza umorale: un giorno vado a mille, un altro non ho granché voglia di raccontarti il mio privato. Credo che abbiamo tralasciato qualche circostanza della mia carriera, qualche nome, però fondamentalmente il mio personaggio è venuto fuori bene, senza alcun filtro.»
‘Bomber’ più che un autobiografia vecchia maniera (sono nato quel dato giorno, ho fatto, ho detto, ho segnato ecc.) mi sembra più un’antologia di aneddoti frizzanti senza un preciso ordine temporale. Una specie di ‘Pruzzologia’, per fartela breve.
«Sì, i numeri nudi e crudi non piacciono neanche a me. Diciamo che ci ho messo dentro del sentimento e tante persone (Nils Liedholm, Dino Viola, Bruno Conti, Herbert Prohaska ecc.) che hanno fatto parte della mia vita.»
Nel libro parli spesso e volentieri di sesso. Tanto sesso.
«Non ho voluto tralasciare niente! (ride) Sai, passare da Crocefieschi – piccolo paesino dell’entroterra ligure – alle glorie della serie A degli anni ’80, è stato come fare un viaggio in America. Con tutte le tentazioni che ne conseguono.»
All’epoca si sussurravano, ma non si scrivevano certe cose...
«Era un altro tipo di giornalismo, decisamente più signorile: i cronisti sapevano tutto, ma alla fine non scrivevano nulla perché faceva parte della privacy di un calciatore. Si limitavano a parlare di calcio e non di tweet. Anche perché noi ci fidavamo di loro e un bel titolo sportivo glielo davamo sempre alla fine della giornata…»
A proposito di sensazionalismi della nostra disgraziata epoca: ti ha fatto male che diversi grandi media nazionali abbiano strillato ai quattro venti i tuoi “presunti propositi suicidi” per parlare del tuo libro?
«Eh, la stampa è fatta così…»
Io l’ho trovato un po’ di cattivo gusto, ecco. Anche perché ‘Bomber’ è una lettura divertentissima, mica lugubre. All’umore nero ne accenni giusto in conclusione…
«Sarà cinico dirlo, ma ha più appeal giornalistico Pruzzo che accenna alla depressione e al suicidio piuttosto che Pruzzo in grado di fare un gol in rovesciata alla Juventus… Trovo che sia inutile forzare con un titolo ad effetto una situazione già molto chiara. Così come è esagerato riassumere 60 anni di vita (Roberto è nato il primo aprile del 1955, NDR) in una frase estrappolata da ‘Bomber’. Sai che ti dico? I veri tifosi sanno bene chi sono e questo mi basta ed avanza.»
Che combini di bello in questo inizio 2015?
«Sto alla finestra. Il mio rapporto da direttore sportivo col Savona è finito lo scorso autunno ed ora mi sto guardando in giro. Quando verrà il momento giusto, saprete cosa combinerò in futuro. Sempre a livello calcistico, certo.»
Come hai vissuto, nell’estate del 1989, il tuo addio al football? Intendo dopo quell’ultimo gol segnato alla Roma con la maglia della Fiorentina in uno spareggio-UEFA giocato a Perugia…
«L’ho vissuto benissimo! Fu una scelta voluta da parte mia, quindi nessun trauma, te l’assicuro.»
All’epoca avevi già compiuto 34 anni: troppi o troppo pochi per smettere?
«Smisi all’età giusta. Il meglio era già alle mie spalle e perdipiù in quel campionato giocai pochino in maglia viola (solo 14 presenze in totale e non tutte dal primo minuto. NDR).»
Dopo cos’hai combinato? La tua carriera di Mister comincia al Viareggio solamente nove anni dopo, nel campionato ’98/’99.
«Ho fatto l’osservatore sia per la Roma che per la Fiorentina. Ho girato molto come talent-scout e poi ho studiato a Coverciano, ovviamente.»
Nella Roma attuale mi pare ci lavori solo il tuo amico Bruno Conti (responsabile del settore giovanile) se parliamo di reduci dello storico scudetto del 1983: ci vorrebbe qualche bandiera in più nella dirigenza giallorossa?
«No, non credo, anche perché non è automatico il passaggio dal campo alla scrivania. Oggi funziona così per la maggior parte delle società visto che le bandiere sono ingombranti e a volte possono anche dare fastidio. Ma va bene così.»
Secondo te il calcio degli ultimi 30 anni è stato poco meritocratico in termini di post-attività dei suoi protagonisti?
«Assolutamente sì, ma non solo il calcio bensì tutto lo sport in generale. Ragionamento troppo cinico il mio? Forse, ma la regola è sempre stata quella per chiunque: finché giochi devi sempre puntare al massimo e prendere tutto ciò che puoi, lauti ingaggi compresi. Dopo… è già tardi!»
Facciamo il gioco della torre?
«Va bene.»
Tra Roma-Liverpool (finale Coppa dei Campioni 1984) e Roma-Lecce (penultima di campionato ’85/’86 con clamorosa sconfitta dei giallorossi in casa e relativa perdita del terzo scudetto) cosa butti giù a livello di massima delusione sportiva?
«Guarda, non ci sto neanche a riflettere: Roma-Liverpool rappresenterà sempre il massimo dei miei rimpianti come calciatore.»
Lo immaginavo. E la sfida col Lecce…?
«Dolorosa, ma quella era una Roma già al crepuscolo, lontana parente di quella che vinse il titolo nel 1983. Quella volta segnai il secondo gol e mi laurei capocannoniere in un giorno tristissimo. E qualche tempo dopo vincemmo la Coppa Italia contro la Sampdoria. Te l’ho detto: finché giochi devi raccogliere tutto quello che puoi. Anche nelle annate grame.»
Senti, ho fatto due veloci calcoli tra te e Francesco Totti: lui ha una media-gol di una rete ogni 2,41 partite, tu una ogni 2,26. Quindi, anche se di pochissimo, il vero Bomber resti tu…
«Se la vuoi leggere così, va bene… (ride) Scherzi a parte, Totti è la Roma e lo sarà per tutta la sua vita. Francesco merita solo ed esclusivamente tutto il bene possibile. Pruzzo è stato un buon attaccante, uno che ha sempre fatto il suo dovere.»
Ultima domanda: ma è vero che sei un fan sfegatato di Bob Dylan?
«Sì, lui e Fabrizio De Andrè sono i miei artisti preferiti. Ma non chiedermi i nomi degli album, ti prego, sono una frana nel ricordarmeli!»
Beh, Dylan ha inciso diversi capolavori: ‘Blonde On Blonde’, la colonna sonora di ‘Pat Garrett and Billy The Kid’, ‘Blood On The Tracks’, ‘Oh Mercy’…
«Sì, bravo. Scrivi pure quei titoli! (risate)»
Roberto Pruzzo sarà presente alle ore 18 di venerdì 13 febbraio 2015 alla Libreria Nuova Europa presso il Centro Commerciale ‘I Granai’ di Roma (via Mario Rigamonti 100). Parlerà assieme a diversi amici (Antonio Di Carlo, Paolo Alberto Faccini e Odoacre Chierico) della sua autobiografia ‘Bomber. La storia di un numero nove normale (o quasi)’ uscita recentemente per Ultra Sport. Con lui ci saranno anche la coautrice Susanna Marcellini e il presidente del Roma Club Tevere, Fabio Clemente. Se quest’intervista non vi è bastata, ecco un’altra buona occasione per approfondire la conoscenza di un centravanti storico, sincero e amatissimo del nostro calcio.
Le foto di Roberto Pruzzo sono di Roberto Tedeschi.
Rubrica a cura di Simone Sacco (per comunicare: calciototale75@gmail.com )