2015

Responsabilità ed orgoglio di non essere solo Shaqiri

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La storia del nuovo acquisto dell’Inter: il colpo Xherdan Shaqiri, svizzero ma kosovaro

Se nasci a Gnjilane nel Kosovo e nel 1991 devi scappare. O meglio: qualcuno deve prenderti e portarti via. Nel 1991 in Kosovo si stanno creando le premesse per la sanguinosa guerra del 1996: in quegli anni, dopo la morte del dittatore Tito, i movimenti nazionalisti ed indipendentisti tornano ad imperversare nel territorio slavo e tra questi voce grossa detta la rivendicazione albanese nel Kosovo allora considerato provincia autonoma della Serbia.

 KOSOVO TORMENTATO – La guerra tra serbi ed albanesi per il controllo del Kosovo si è risolta in seguito all’intervento della Nato: il ritiro delle truppe serbe consentì prima l’istituzione di un protettorato internazionale sul Kosovo – 1999, fondazione di un Parlamento e di un governo provvisori, maggioranza di etnia albanese – e poi l’unilaterale dichiarazione d’indipendenza nel 2008 giudicata legittima nel 2010 dalla Corte Internazionale di Giustizia. Fatto sta che oggi il Kosovo è uno Stato soltanto parzialmente riconosciuto dall’Onu – oltre 50 Stati appartenenti non ne identificano l’indipendenza – così come, entrando nel campo prettamente calcistico, Fifa e Uefa non riconoscono campionato nazionale e dunque partecipazione a Champions ed Europa League né la nazionale di calcio kosovara.  Peraltro la scia di sangue tra Serbia ed Albania (contrasto totale, anche religioso: i primi sono cristiani ortodossi e i secondi musulmani) lascia effetti vivissimi nel presente: prima della guerra furono i serbi a reprimere una popolazione che già di fatto era a maggioranza etnica albanese, questi ultimi poi si vendicarono perseguitando le minoranze serbe rimaste sul territorio nonostante la proclamazione d’indipendenza. L’avete visto ultimamente: Serbia ed Albania contro nel girone di qualificazione ad Euro 2016, partita sospesa.

SHAQIRI TRA NUOVA VITA E VECCHIO ORGOGLIO – Riconoscente a quella Svizzera che lo ha accolto consentendogli di esprimere in ogni forma il suo talento, senza mai dimenticare la terra nativa: è questa la storia di Xherdan Shaqiri. Nell’intera Europa moderna la Svizzera è la nazione che più di tutte le altre si è dimostrata aperta nell’accoglienza dei balcanici: non avesse avuto una famiglia pronta a scappare dalla guerra per salvarsi probabilmente oggi non staremmo parlando di Shaqiri. Non soltanto per le possibilità o meno di restare in vita, quanto per l’opportunità di dimostrare tutto il proprio valore: assenza di strutture adatte, di cultura sportiva, lì dove fino a pochissimi anni fa l’ingegno era giocoforza speso per restare in vita. Oggi, seppur ancora dilaniato da rivalità difficilmente assopibili, è un Kosovo diverso: una realtà alla ricerca di riconoscimento. Amministrativo, politico, sociale, sportivo. Xherdan deve tutto a chi lo ha accolto e fatto sentire a casa ma in tal senso non dimentica le sue radici: vinta la finale di Champions League con il Bayern Monaco nel 2013, espose una bandiera divisa a metà dai colori della Svizzera e del suo Kosovo. Unico episodio storico in cui una bandiera kosovara è riuscita ad entrare in un campo Uefa sulle spalle di un calciatore. Uno in prima linea per le rivendicazioni del suo Paese nativo: Shaqiri è firmatario della petizione che nel 2013 ha espressamente chiesto alla Fifa di riconoscere la nazionale kosovara e si è più volte pubblicamente speso per il tema. Quando a 23 anni non sei solo un ragazzo o un calciatore ma un simbolo.

COSA PORTA ALL’INTER – Quello che oggi le manca: velocità, imprevedibilità, potenza, mentalità vincente. Ma andiamo con ordine: i primi tre aspetti sono legati al profilo strettamente tecnico, lì dove alla creatura che ha in mente Roberto Mancini mancavano esterni in grado di aprire il gioco, svilupparlo sulle corsie ed aumentare il tasso di pericolosità complessivo. Struttura fisica potentissima nonostante l’altezza contenuta, Shaqiri è concentrato di esplosività che ama partire da destra per poi accentrarsi e colpire con il suo micidiale sinistro. Senza disdegnare altre soluzioni che gli garantiscono imprevedibilità e dunque difficili letture da parte dei difensori avversari. L’altro aspetto è la personalità: Xherdan, seppur calciatore classe ’91 e dunque giovane, ha già un curriculum pazzesco, vince di fatto lo scudetto da cinque stagioni consecutive – divise tra Basilea e Bayern Monaco – ed ha alzato Champions League e tutte le coppe di caratura inferiore. Shaqiri ha già vinto tutto. Ed in uno spogliatoio non difettante in qualità quanto invece in trofei accumulati il suo apporto è una manna dal cielo. A Xherdan manca il Mondiale, ma a quello ci ha pensato Podolski. Da Mazzarri a Mancini: Inter, hai già svoltato.

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