2013

Real Madrid, Mourinho: “Inter, la mia famiglia. Sogno la nazionale”

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REAL MADRID MOURINHO – Intervistato oggi da Radio Monte Carlo, in Francia, il tecnico del Real Madrid Josè Mourinho ha avuto modo di rispondere a molte domande relative al suo futuro, al suo presente, ma soprattutto al suo modo di vivere e pensare il calcio.

Si parte parlando di famiglia:Io amo il calcio, ma ancora più del calcio amo la mia famiglia. Per me, la cosa più importante, è stare bene con la mia famiglia: dare ai miei familiari la possibilità di vivere in paesi differenti tra loro, sperimentando nuove esperienze, è una cosa fantastica. Ogni giorno io li ringrazio, perchè sono loro i principali fautori della mia carriera: sono aperti ad ogni cambiamento. Fare l’allenatore poi è facile: si va in un club, si ha a disposizione dei giocatori, degli obiettivi… è uguale ovunque, in Spagna, in Israele o da qualsiasi altra parte“.

Su un futuro, magari non troppo lontano, Mourinho spiega:Casa mia è il Portogallo. Dopo la mia esperienza al Porto, avevo voglia di una carriera diversa e così sono andato via nel 2004. Ma un giorno tornerò, se non in un club, con la nazionale o per chiudere comunque la mia carriera. Vorrei allenare il Portogallo, sì, immagino che anche la mia gente lo desideri. Voglio vivere comunque questa esperienza, vivere un Mondiale o un Europeo. Sono stato vicino alla nazionale inglese, nel 2007 o nel 2008, ma la mia prima scelta è il Portogallo. Certo, mai dire mai, ma credo che allenerò il Portogallo“.

Sulle voci che lo vedono vicino al Paris Saint-Germain: Il PSG ha un progetto fantastico. Ancelotti è uno dei più grandi allenatori d’Europa con un ottimo curriculum. Ci sono grandi città in Europa: Madrid, Milano, Londra, Parigi… Ecco, proprio Parigi ha bisogno di essere grande anche calcisticamente con un grande club che possa essere in grado di competere in Champions League. Oggi Parigi ed il PSG possono avere questa ambizione“.

Sul “pupillo” Zinedine Zidane, che Mourinho ha avuto con sè al Real:Zinedine è un uomo di calcio, un ragazzo molto intelligente. Se riuscirà a trasferire le proprie idee di gioco ai giocatori dalla panchina, allora sarà un grande allenatore. Zidane è un risorsa per la Francia, ovviamente, ma anche per tutti coloro che amano il calcio, mi piacerebbe molto vederlo allenare, però quando sei stato un grande giocatore, allora devi essere anche un grande allenatore. Non si può avere una grande carriera da giocatore ed una mediocre carriera da allenatore. Zidane ha i mezzi per essere un grande tecnico e, anche per la sua soddisfazione personale, penso debba diventarlo“.

Sull’Italia: L’Italia è il Paese della tattica. Era un’esperienza che volevo vivere: sono arrivato in un club che non è solo un club, è di più: è una famiglia di quelle che non ho mai trovato nel mondo del calcio. Ecco, l’Inter è una grande famiglia o meglio, è il club della famiglia Moratti. Ho avuto un grande gruppo ed ho vissuto due anni straordinari a livello personale. Abbiamo fatto il ‘triplete’ ed io ho avuto la sensazione di aver fatto un regalo che la famiglia si aspettava. Per Moratti questo era un sogno ed essere l’allenatore della squadra che gli ha regalato questo sogno, è stato fantastico. L’Inter è casa mia“.

Quindi, l’esperienza attuale al Real Madrid, di cui Mourinho racconta: “Avevo già avuto l’opportunità di arrivare nel 2006 o nel 2007, ma allora ero al Chelsea e non potei accettare. Quando però certe offerte ti arrivano una seconda volta, è molto difficile dire di no. In quel momento, all’Inter, tutti lo hanno capito: hanno pianto, ma mi hanno lasciato andare. Per Moratti e per i tifosi è stata dura, lo so, è stato difficile anche per me, ma volevo l’esperienza al Real Madrid, con le sue cose positive e negative annesse, come per tutti i club. Questa società ha una dimensione stratosferica ed io sono molto contento di esserci venuto e di avere avuto la possibilità di vincere dei trofei in Spagna, sono davvero felice di tutto questo. Al momento sono tranquillo, credo solo che a Madrid si creino polemiche inappropriate ogni tanto, anche quando non ce n’è bisogno: le si cercano ogni giorno. Io però sono un allenatore, faccio il mio lavoro e attendo i risultati, che nella mia carriera sono sempre stati positivi ogni stagione. Non ho mai trascorso una stagione senza festeggiare qualcosa, quindi adesso non resta che aspettare in silenzio la fine di questa“.

Magari Josè punta alla decima Champions del Real… La Champions League è un obiettivo, ma non un’ossessione. Bisogna capire che ci sono altre squadre che possono vincerla, ogni volta che si dice ‘Io voglio vincere’, ci sono altri che dicono la stessa cosa ed hanno il potenziale per farlo, ma è una cosa che richiede lavoro, soprattutto in questa stagione, in cui non vinceremo sicuramente il campionato. Dobbiamo pensare alla Champions e alla Coppa del Re. So che a Madrid la decima Champions è molto attesa, ma il Real non so quanto tempo ha aspettato prima di vincere la settima (32 anni: tra il 1966 ed il 1998, ndr): sappiamo che le ossessioni non ci servono, dobbiamo restare tranquilli, lavorare al massimo del nostro potenziale e vedere cosa succede. L’Inter ha investito tantissimo, ma ha dovuto aspettare 50 anni prima di vincere la Champions. I nostri prossimi avversari? Il gioco del Manchester United è fantastico, quello che preferisco. Sono andato a guardarli spesso, ho una casa qui in Inghilterra e vado ogni tanto allo stadio con la mia famiglia. Mi piace molto andare negli stadi inglesi, anche quando ci vado per lavoro, lo faccio con piacere. Poi c’è mio ‘fratello’ Ferguson che è un grande esempio: a 71 anni è venuto a Madrid ad osservarci, a quasi 50 adesso toccherà fare lo stesso a me“.

Su Benzema: Ha talento, lo sanno tutti. Io ho dovuto solo aggiungere al suo repertorio delle cose che lui prima trovava futili: curare la fase difensiva, la fase offensiva, la transazione quando si perde palla… Al momento, il nostro unico problema è anche il problema più grande: dobbiamo giocare minimo con due grandi attaccanti. Io ho Karim e Higuain e per loro è difficile capire che non possono giocare tutte le partite. Certo, la competizione è importante, ma può portare frustrazione. Tutti e due vogliono giocare 90 minuti, tutta la partita, ma quando hai due grandi giocatori così non può succedere. Quando hai una punta ed una seconda punta di qualità, allora sì. Higuain è un grande giocatore per esempio, ma affinchè un giocatore del genere prenda fiducia, deve farsi male l’altro. Ci sono piccoli problemi di frustrazione che dobbiamo imparare a sopportare. Benzema in nazionale non rende come a Madrid? Sì, magari con la Francia è un po’ meno efficace, ma penso sia più facile allenarlo in un club che in nazionale. Hai più tempo, hai più automatismi, più sistemi di gioco, più meccanismi da poter insegnare: la Spagna non a caso ha giocatori che vengono solo da due club, la Francia invece ha giocatori che vengono da un sacco di club, così non è facile. Per un giocatore poi è più facile giocare nel suo club: prendi Messi o Ronaldo, giocano molto meglio nei propri club“.

Esiste, infine, un “metodo Mourinho”? Puoi avere una tua identità, ma devi saperti adattare alle situazioni. Per vincere la Premier League ci vuole una squadra diversa da quella che serve per vincere la Liga o la Serie A. La costruzione di una squadra poi dipende molto dalla qualità dei giocatori, dalla qualità degli avversari, dalle caratteristiche del campionato in cui si gioca. Bisogna avere la professionalità di lavorare sempre al massimo e questa è una qualità che mi riconosco. Non si può essere mai soddisfatti quando non si lavora al limite delle proprie potenzialità, noi allenatori dobbiamo mettere sempre i nostri giocatori nelle condizioni di dare il meglio. Io sono fatto così. Tutti i giocatori sono diversi tra loro, sono uomini diversi, perchè prima di tutto sono uomini, e con ognuno di loro devi avere un rapporto personale. Allo stesso tempo, però, tu sei anche il capo di un gruppo e devi far rispettare le stesse regole a tutti. Tutti sanno che all’interno di un gruppo ci sono inevitabilmente due o tre giocatori speciali, ma per vincere, anche loro hanno bisogno degli altri ed un allenatore ha bisogno di tutti. Puoi vincere con il talento dei grandi giocatori, ma anche con il lavoro di tutti gli altri. Per me i giocatori tecnicamente superiori, sono esattamente come tutti gli altri“.

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