Champions League

Real Madrid Manchester City: la magia di Carlo, la maledizione di Pep

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Anche il ritorno della semifinale Real Madrid Manchester City ha avuto dell’incredibile: Ancelotti festeggia, Guardiola mastica amaro

Eravamo stati facili profeti in effetti nell’augurarci un Real Madrid Manchester City il più possibile simile a quanto visto nel match dell’Etihad Stadium. Ma la sfida di ritorno della seconda semifinale di Champions League ha davvero oltrepassato i limiti dell’incredibile, regalando a tutti gli amanti del calcio una serata leggendaria. Possiamo dirlo a ragion veduta, nel complesso è stata probabilmente la semifinale più emozionante e pazzesca nella storia della massima competizione continentale per club.

E dire che al Bernabeu i primi settanta minuti erano stati invece bloccati e densi di imprecisioni, con le Merengues imbolsite (Benzema in primis) e i Citizens che nei pochi affondi avevano sempre trovato l’insuperabile Courtois. Quando poi l’illuminazione di Bernardo Silva aveva riscaldato la prova sin lì anonima di Mahrez, la gara sembrava ormai finita o quasi. Con i madrileni incapaci di reagire e sul punto di crollare sul doppio tentativo di Grealish, respinto prima di Mendy sulla linea e poi dall’ennesimo miracolo del portiere belga.

Così, il famigerato “miedo escenico” che già aveva attanagliato Paris Saint Germain e Chelsea sul più bello (e decine di altre squadre nella storia) ha fatto capolino nell’area del City, materializzandosi in un centinaio di secondi a tutto Rodrygo. Inevitabile, poi, il sigillo dell’indiscutibile prossimo Pallone d’Oro 2022 nei tempi supplementari, a regalare la quinta finale in carriera a Carlo Ancelotti.

Inutile sprecare aggettivi per un allenatore immenso, capace di vincere lo scetticismo di chi lo credeva ormai sul viale del tramonto. C’è la sua firma, indelebile, ancora una volta. Anche con quel coraggio di rinunciare al più forte e completo centrocampo dell’ultimo lustro Kroos-Casemiro-Modric per giocarsi le carte Rodrygo, Asensio e Camavinga. Mosse non azzeccate, azzeccatissime.

Sull’altro fronte, inevitabile la tremenda delusione. Pep Guardiola ha dominato per larghi tratti il doppio confronto, raccogliendo certamente molto meno di quanto seminato. Le troppe occasioni sprecate, un pizzico di sfortuna, la deficitaria gestione di quei minuti intorno al novantesimo. Si potrebbero cercare diverse spiegazioni all’imponderabile. Esercizio di stile il più delle volte inutile.

Resta la maledizione Champions per il tecnico catalano, ormai a bocca asciutta da più di un decennio. Come se l’addio al Barcellona avesse interrotto lo scorrere del suo fluido magico. Ma non per questo la sua figura rivoluzionaria e cardine nel calcio del nuovo Millennio deve esserne offuscata.

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