Hanno Detto
Raspadori: «Ecco a chi mi ispiro. Mai pensato di lasciare il Sassuolo, ma l’Inter…»
Giacomo Raspadori ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco le parole del giovane attaccante
Giacomo Raspadori ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport. Ecco le parole del giovane attaccante.
CAPIRE COSA È SUCCESSO – «Sì, già ieri notte. Sono tornato a casa, mi sono rivisto la partita – tanto non avrei dormito comunque – e ho capito di aver realizzato un sogno. Ma anche che è troppo importante continuare a farlo, dandomi nuovi obiettivi».
MANCINI – «Quando mi ha detto che avrei giocato? Non molto prima della partita: ‘Goditi il momento e ricordati che per la carriera di un ragazzo sfruttare le occasioni è tutto».
PIU EMOZIONATO CONTRO LA LITUANIA O ANDARE ALL’EUROPEO – «La sera della lista dei 26 era più confusione in testa che emozione. I brividi più forti quando ho sollevato la coppa e quando ho debuttato a Bologna, Italia-Repubblica Ceca: entravo in campo con la maglia della squadra di cui non mi ero perso una partita da quando avevo 5-6 anni».
RUOLO RASPADORI – «Forse falso nove, ma più che altro dal punto di vista tecnico e per caratteristiche fisiche. Però per tante altre cose mi sento un ‘nove’ classico».
ALTRI ATTACCANTI IN NAZIONALE – «Non è piaggeria, ma per me sono tutti punti di riferimento. E ho la fortuna di poter rubare qualcosa a tutti».
COSA RUBARE A IMMOBILE – «Anzitutto la capacità di crearsi occasioni. Se a un attaccante arriva un sacco di volte la palla per fare gol, quella non è fortuna».
QUALITÀ – «Le dico quella che mi piace di più: calciare con entrambi i piedi è sempre stata una mia caratteristica. E per un attaccante è una grande fortuna».
A CHI ASSOMIGLIA RASPADORI – «Per fisico, tecnica e stile di gioco forse ad Aguero. Uno di quelli che ho studiato di più assieme a Tevez, Di Natale e anche Paolo Rossi, guardando le sue partite con papà. Ma chi mi ha rubato gli occhi più di tutti è Eto’o, generoso come pochi: quando un attaccante diventa un punto di riferimento per la squadra».
9 COME VIALLI, 10 COME MANCINI – «Ci può stare: mi piace come sintesi e mi ci vedo. Ma soprattutto: non sarebbe male… E l’abbraccio sincero, vero, che mi ha dato Vialli subito prima di Italia-Lituania mi ha scaldato il cuore. E lo porterò sempre con me».
DIVENTARE PIÙ CATTIVO – «Credo di essere sempre stato abbastanza malizioso in campo e me lo dicevano anche. Magari non sempre si vede, sicuramente questa qualità mi è mancata un po’ all’inizio: ma furbo lo diventi solo con il tempo, la continuità nell’affrontare gente più forte e grande di te».
ANDARE VIA DAL SASSUOLO – «Mai pensato di andare via, mai avuti dubbi: per il mio percorso, in questo momento, penso sia la cosa migliore. Mi sono appena affacciato sul calcio dei grandi: la cosa più importante è stare in campo il più possibile. E poi sento molto il ruolo di ambasciatore di ‘Generazione S’, il rappresentare questo progetto: sono qui da quando avevo 10 anni, sono cresciuto assieme alla società, credo nel migliorare avendo dei valori alle spalle. E in questo spero di essere ispirazione per tanti ragazzi».
INTER – «Sarei bugiardo se dicessi che non mi faceva piacere. Ho fatto un percorso in crescendo, è normale voler crescere ancora. Ma c’è il momento giusto per ogni ambizione».
FUTURO – «Una cosa la vedo chiarissima: la volontà di continuare a sognare facendo quello che mi piace e raggiungendo ogni giorno qualcosa in più. Mai prendere niente come un punto di arrivo: per me c’è questo alla base di tutto. E non solo nel calcio: nella vita».