2020

Rangnick: «Giusto confermare Pioli. Ibra? Non è nel mio stile puntare sui 38enni»

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Ralf Rangnick ha parlato in una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport. Queste le parole dell’ex dirigente del Lipsia

Ralf Rangnick ha parlato in una lunga intervista concessa alla Gazzetta dello Sport. Queste le parole del dirigente tedesco, che è stato vicinissimo a diventare il nuovo allenatore del Milan.

PRIMI CONTATTI – «A quando risalgono? Fine ottobre, quando la squadra era in una situazione complicata: a tre punti dalla zona retrocessione. Se sono proseguiti? Se lo avete scritto è perché qualcuno ve lo ha detto. Io non ne ho mai parlato in pubblico. Ma per mettere in chiaro nessun contratto o penale, fino a tre settimane fa ero impegnato con la Red Bull». 

CONFERMA PIOLI – «La squadra è stata la migliore post Coronavirus. Cambiare non sarebbe stato saggio né rispettoso. Pioli ha meritato la conferma, anche per la persona che è: l’ho apprezzato nelle interviste, sempre concentrato sugli obiettivi. Se poi è la scelta giusta nel medio e lungo termine è un’altra questione».

MALDINI E BOBAN – «Nella vita una delle mie regole è: non parlare di chi non conosci personalmente. E da parte mia non è mai stata detta mezza parola sul Milan, mai. Posso parlare di Maldini ex giocatore: è stato straordinario, una leggenda vera e propria. Ma non posso dire lo stesso da direttore sportivo: semplicemente, non lo conosco in questo ruolo. Da esterno ci si può chiedere se la proprietà è con- tenta dei risultati in rapporto al denaro investito negli ultimi anni. Io causa del divorzio tra Zvone e il Milan? Dovete chiedere a chi rappresenta il club».

IBRAHIMOVIC – «Se lo avessi tagliato? La domanda da fare è un’altra. Perché il Milan si era rivolto a me? Cosa mi volevano far fare? Se lo ha fatto è perché, magari, cercava una svolta. Lavoro alla crescita, e i giovani imparano molto più in fretta. Non è nel mio stile insistere su giocatori di 38 anni, non perché non siano abbastanza bravi, e Ibra certamente lo è, ma perché preferisco creare valore, sviluppare il talento. Per me ha poco senso puntare su Ibra o Kjaer, ma è la mia idea, né giusta né sbagliata, semplicemente diversa. Quando Ibra ha detto di non conoscermi non aveva torto, perché anch’io non lo conosco personalmente, non avendoci mai parlato».

MILAN AI VERTICI – «Cosa deve fare il Milan per tornarci? Porsi un obiettivo concreto, in questo caso la Champions perché nessuno è felice di giocare in Europa League, magari il giovedì sei a Baku e la domenica a Cagliari. Sarà paradossale ma l’esempio è a 30 km di distanza da Milano: l’Atalanta ha un terzo del fatturato del Milan ma arriva davanti. Fanno investimenti intelligenti, hanno un settore giovanile tra i migliori d’Europa. Se qualcuno è bravo, io cerco di capire che strada ha seguito. Gasperini è bravissimo ma non è il solo. Si vince di squadra. Tra gli allenatori italiani cito subito anche Conte: ha uno stile di calcio sofisticato, attivo e aggressivo».

ALLENATORE E DS – «Dipende dal progetto. Negli ultimi 36 anni, ho sempre avuto più successo quando potevo essere più di un semplice tecnico, un “trainager”, allenatore e manager. Ma mi considero parte di un ingranaggio con tanti pezzi. Cerco le persone
migliori, le professionalità più forti, dallo staff ai nutrizioni- sti, dallo psicologo ai video analyst fino ovviamente al settore scouting».

FUNZIONARE IN SERIE A – «Ovunque, se ci sono sostegno e condivisione. Klopp non porta un giocatore la cui mentalità non si adatti all’idea di gioco che ha. Guardiola lo stesso. Giocatori che non cercano gli ingaggi migliori, ma un allenatore che mostri esattamente quello che vuole fare con loro».

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