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2016

Quota 40, ma anche no: ecco a quanto è fissata la salvezza

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portiere pallone serie a novembre 2015 ifa

La storia recente dice che potrebbero bastare anche 36 punti…

Da qualche anno a questa parte si sente molto parlare di quota quaranta, che sarebbe la soglia da raggiungere per considerarsi salvi. Moltissime volte abbiamo sentito frasi tipo “raggiungiamo i quaranta punti e poi divertiamoci” oppure “pensiamo ai quaranta punti e poi vedremo“, addirittura Claudio Ranieri con il suo Leicester ha esultato al raggiungimento delle quaranta lunghezze e adesso si trova primo a più cinque sul Tottenham, per dire. La quota quaranta però è qualcosa di arbitrario: siamo certi che servano quaranta punti per salvarsi? Oppure, dall’altra parte, siamo certi che non ne bastino trentacinque? Stando ai campionati di Serie A degli ultimi anni sembra che la seconda domanda sia quella più logica perché, se si dà uno sguardo alle classifiche italiane da quando la A è a venti squadre, ci si accorge che spesso con quaranta punti si finisce ben al di sopra della zona retrocessione. I più nostalgici, che in realtà sono i più realisti, potrebbero obiettare che con l’allargamento del numero delle squadre si è persa la vera e proprio competizione per la salvezza e spesso le retrocesse sono già decise parecchio tempo prima anche perché la zona grigia si è allargata. Tutto vero, anche perché il campionato diventa meno allenante, come andava di moda dire qualche tempo fa.

LA SITUAZIONE IN SERIE A – A otto giornate dalla fine del 2015-16 ecco che in coda la situazione è piuttosto caotica, merito di Carpi e Frosinone che invece di darsi per spacciate stanno andando contro tutto e tutti e stanno cercando di meritarsi la permanenza in A. Il Verona, specialmente dopo la sconfitta nello scontro diretto con il Carpi, è ormai da considerarsi fuori dai giochi e, non ce ne vogliano i tifosi veronesi, solo un miracolo potrebbe rimettere in piedi l’Hellas. Al penultimo posto c’è il Frosinone a 27 punti e al tredicesimo posto c’è il Torino con 33, con ben sette squadre invischiate nella lotta per non retrocedere ecco che quest’anno il rush finale nella zona calda diventa più appassionante. Il Genoa a 34 e l’Empoli a 36 non sono aritmeticamente salve ma lo sono virtualmente e quindi le eliminiamo di fatto da questo calderone, salvo ribadire che il calcio ci ha abituato anche a sorprese più grandi.

UNA PROIEZIONE – Proviamo a fare una proiezione per questo campionato, supponiamo per assurdo che ogni squadra delle sette nella zona clou mantenga un andamento nelle ultime otto giornate pari a quello tenuto fino a domenica, ovverosia poniamo caso che il Palermo, che fin qui ha avuto una media di 0.9 punti a partita, rimanga costante da qui fino a fine anno, verrebbe fuori un dato che andrebbe a annientare le certezze sulla quota quaranta: a parità di rendimento tra le sette pericolanti, quest’anno si retrocederebbe con 35 punti, ergo da quota 36 in su non ci sarebbero più problemi. Abbiamo visto però come il calcio non sia affatto una scienza esatta e quindi ecco arrivare variabili da ogni dove, che siano il calendario o la condizione fisica. Il Palermo stesso infatti sembra in crisi di nervi dopo otto allenatori e una stagione estenuante, il Frosinone e il Carpi invece sono fresche quasi quanto la Roma e la Juventus, tanto che nelle ultime gare hanno raccolto il doppio dei punti in media rispetto al girone di andata. Dunque, trentacinque è la quota retrocessione stando ai numeri, ma nella testa degli allenatori è quel 40 che potrebbe sbloccare la mente dei giocatori e permettere a Frosinone, Palermo, Carpi, Atalanta, Sampdoria, Udinese o Torino di vivere al meglio il finale di stagione.

LA STORIA – Perché si pensa che la quota quaranta dia tutta questa calma? La colpa è del campionato 2004-05, il primo in epoca moderna a venti squadre. Allora l’Atalanta ultima conquistò 35 punti, una marea in confronto alle ultime di adesso, e a seguirla in Serie B furono Brescia e Bologna, la prima a 41 punti, la seconda a 42 e scesa in cadetteria dopo spareggio thrilling col Parma. Quell’anno la Roma arrivò ottava ma l’ultima giornata rischiò di retrocedere, per dire. Da lì in poi però non si è quasi mai ripetuta una lotta del genere: nel 2005-06 il Messina terzultimo andò giù con 31 punti ma venne ripescato dopo Calciopoli (la Juventus per inciso è la squadra retrocessa col maggior numero di punti, novantuno, ma non vale), e in questo caso si è verificata la quota salvezza più bassa. L’anno seguente al Cagliari servirono 40 punti esatti per mantenere la categoria a fronte dei 39 del Chievo retrocesso, mentre nel 2007-08 l’Empoli andò giù con 36 lunghezze – una in meno del Catania. Si passa poi al Torino dell’anno successivo retrocesso con 34 punti, la stagione dopo l’Atalanta terzultima ne fece 34, la Sampdoria nel 2010-11 ne totalizzò 36 come il Lecce l’annata seguente. Quota bassa anche nel 2012-13 col Palermo che scese con 32 punti (il Siena ne fece 30 ma aveva sei punti di penalità, sarebbe retrocesso comunque visto che la quartultima si fermò a 38) come il Catania l’anno dopo, mentre nel 2014-15 il Cagliari ne fece 34 e, a fronte dei 37 dell’Atalanta, si trovò in B dove milita tuttora. Insomma, magari un tempo la quota quaranta garantiva sicurezza, ma adesso bastano meno punti: il campionato è meno avvincente, meno spettacolare e la disparità tra grandi, medie e piccole si vede anche da questo.

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