2013

Questa straziante attesa

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Comunque tutti finivano per crepare, era un dato di fatto. Niente di nuovo. Il problema era l’attesa (Charles Bukowski)

Il terrore di non poter più scrivere un editoriale, in queste settimane, è stato pari a quello di qualsiasi altra forma di vita sulla faccia della Terra di ritrovarsi a letto, magari dopo una serata di sbornia, con Silvana Pampanini, donna che, per la veneranda età che ha, si mantiene anche piuttosto bene, sia chiaro, considerando anche il fatto che la criogenesi non è dopo tutto ancora una scienza esatta.

Fortunatamente, a sbloccare i miei impulsi da lanciatore di sentenze è arrivato il calciomercato di gennaio, uno di quei momenti dell’anno che molti di noi vivono con l’alternarsi di forti sensazioni, quasi sempre collegate tra di loro nella seguente concatenazione illogica: speranza, illusione, frustrazione, mancanza di aspettative, rabbia, delusione, consapevolezza di aver sprecato un mese della propria esistenza quando probabilmente anche andare a raccogliere chiodi arrugginiti con una calamita attaccata alla pianta del piede sarebbe stato più produttivo.

La Serie A di questi tempi io me la immagino un po’ come uno di quei supermercati di quarta categoria, quelli che ti rifilano la birra “Poretti” a 0.50 centesimi cadauna e le patatine “Patà” (scadute) a 0.30 centesimi a pacco: un insieme di surrogati a buon prezzo cui l’utente medio si riduce a fine serata quando non ha proprio altre alternative, vuoi perchè il primo supermercato decente è a 20 km di distanza e di prendere la macchina di questi tempi, visto il costo della benzina, nessuno c’ha più voglia, vuoi perchè al degrado non c’è mai fine, ed i miei editoriali ne sono un esempio.

La verità è che, qui da noi, nessuno vuole metterci più piede, e non è solo un modo di dire retorico e populista per sottolineare il fatto che questo Paese è divenuto ospitale come una riunione del Ku-Klux Klan, ma la semplice constatazione del fatto che, anche dal punto di vista calcistico, il nostro campionato è prossimo all’essere assimilato al terzo mondo.

In pochi hanno voglia di investire da queste parti, chi lo fa, quasi sempre, è perchè appunto, come spiegavo, non ha alternative. Prendiamo il Corinthians, squadra brasiliana campione del mondo che, pur di avere la scusa di festeggiare il Carnevale un paio di mesi prima, si è ridotta all’acquisto di Pato, un giocatore che qui in Italia, negli ultimi anni, ha vissuto un calvario anche peggiore di quello che ha portato Paolo Brosio a Medjugorje. Al Corinthians serviva un grande nome a basso costo, a Pato serviva una scusa per mollare il Milan prima di farsi fregare il posto in panchina anche dal figlio di Galliani: si sono incontrati.

O prendiamo il Galatasaray, squadra turca che, fino alla fine degli anni ’90, aveva un palmares continentale più scarno del curriculum di Nicole Minetti. Adesso i giallorossi vorrebbero provare l’ebrezza di fare spesa dalle nostre parti bussando alla porta dell’Inter per Sneijder. Fin qui nulla di strano non fosse che: A) Sono i turchi a concedere un ultimatum all’olandese, della serie “E’ meglio che ti sbrighi a mollare l’Italia, perchè lì non ti vogliono più dare una lira ed in fin dei conti siamo gli unici pazzi che possono ancora pagare la grana che ti serve a fare la vita del benestante”, B) Sneijder quasi quasi, giorno dopo giorno, potrebbe pure trovare appetibile l’ipotesi Galatasaray, che è sempre meglio di un calcio del sedere da Moratti, C) Yolanthe, la moglie di Sneijder, deve essere una di quelle donne che sposi pensando di aver trovato la dolce compagna della tua vita, salvo poi ritrovarti in casa una via di mezzo tra Hitler e Claudia Vinciguerra, una di quelle che mette bocca su tutto, anche sul colore degli slip che indossi per andare in palestra (rimane il fatto che è una gran gnocca: questo non spiega niente, o forse tutto).

Per concludere il mio delirante discorso, non credete quando vi dicono che è solo un momento, che passerà, che la vostra squadra sta stringendo la cinghia in attesa di un momento migliore, che il campionato italiano tornerà in breve tempo ai livelli di prima: sono fesserie. La verità è che per il resto del calcio mondiale siamo diventati appetibili come una passeggiata nel Bronx alle 2 di notte. Siamo tirchi, siamo poveri, ma il peggio del peggio è che non abbiamo quasi più un giocatore al di sotto dei 30 anni in grado di non farci fare la figura dei plebei al tavolo delle grandi europee. Eravamo belli, ora siamo vecchi, come Silvana Pampanini: con noi non ci vuole avere a che fare più nessuno.

Niente di nuovo, tanto alla fine, prima o poi, tutti quanti finiremo per morire, anche il nostro calcio: il vero problema è questa straziante attesa.

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