Quando i portieri fanno gol, che meraviglia - Calcio News 24
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2013

Quando i portieri fanno gol, che meraviglia

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Storia di Chilavert, Campos, Ceni e di altri portieri col vizio del gol

ESPRIT LIBRE – Ah, la sublime bellezza del pallone. L’arte del calciare, del difendere, del crossare. La bellezza del passaggio smarcante, calciatori come pittori, il campo come tela, il mondo infame che guarda e giudica quando in realtà dietro a un semplice colpo di testa si può ritrovare la prosa di Celine, la stravagante armonia di Satie, il candore delle parole di Proust. Come è bello filosofeggiare sul calcio e sulle intrinseche virtù della sfera, dioscuro dalle virtù intrinseche? Ma anche no. Basta citazioni imponenti, basta frasi ampollose e basta plurisillabi. Oggi per iniziare parliamo di un uomo brutto e grasso, molto brutto e molto grasso: Josè Luis Chilavert, portiere che in comune con la palla aveva la forma, ma che quando voleva quella palla la metteva pure dentro. Nella porta avversaria, sì, perché? Non si nasce mica tutti Zidane o Platini o Mancini, eh? Un portiere brutto e grasso che faceva gol, oggi la nostra storia inizia così, che vi piaccia o meno.

CHILAVERT, L’ASPETTI – Chilavert, nonostante il nome un po’ francofono, è paraguaiano e a guardarlo bene sembra uscito da Breaking Bad o da un film di Robert Rodriguez. Anzi, a guardarlo meglio sembra uscito da una pasticceria, ma questo solo adesso che ha smesso di giocare e ha iniziato a frequentare il dietologo di Claudio Garella. Nato nel 1965, Chilavert esordisce in nazionale nel 1989 e da quel giorno la sua vita cambia: è sempre stato bravo con i piedi, fin da piccolo, non è mai parso così atletico da poter giocare in un altro ruolo che non fosse il portiere e per questo bisogna ringraziare il fratello, ma in quel giorno del 1989 nella gara tra Paraguay e Colombia l’arbitro al novantesimo fischia un rigore per i biancorossi. Sul dischetto va Chilavert, ha davanti a sé Renè Higuita, un altro che in quanto a gol fatti e bizzarrie potrebbe scrivere un’enciclopedia. Chilavert tira e segna il suo primo gol in carriera, il Paraguay vince due a uno e da quel momento ogni qual volta c’è un rigore ci pensa Josè Luis. Cinque anni più tardi arriverà anche la prima rete su punizione, quando indosserà la maglia del carissimo Velez Sarsfield e anche lì altro momento cruciale nella storia del futbol. Freddo come rigorista, eccezionale come tiratore di calci da fermo, disegnava parabole con il suo piede sinistro che i presunti tiratori di oggi si sognano la notte. Ma attenzione ragazzi, qui stiamo parlando di un gran portiere, non solo di uno che in carriera l’ha messa dentro 62 volte (2 su azione, perché essere normali è difficile), guardate la sua carrellata di parate e sarete d’accordo. Magistrale un intervento su un tiro – su punizione, ovviamente – di Maradona a fine carriera, palla all’incrocio dei pali e Snorlax Chilavert che si tuffa e la prende proprio lì dove c’è la famosa ragnatela.

CENI A LUME DI CANDELA – Starete pensando che uno come il paraguaiano è irripetibile e invece il Sudamerica, Osvaldo Soriano ce lo ha insegnato, non lascia niente al caso e ogni giorni ci dà una nuova storia calcistica da raccontare. Quella di Rogerio Ceni, ad esempio, portiere classe 1973 che da vent’anni gioca nel San Paolo e continua imperterrito a fare gol. Si dirà che il campionato brasiliano non è poi questo splendore e che segnare sia abbastanza facile, ma il signor Ceni qui ha bucato la porta avversaria ben centoundici volte, superando il record di Chilavert già nel 2006, a soli due anni dal ritiro dell’ex Velez. E poi, diciamoci la verità, se uno è bravo a calciare rigori e punizioni segna in Brasile come in Italia, in Uganda, in Alaska o in Francia, il calcio piazzato è una tecnica a sé, intorno puoi avere Old Trafford come il campetto vicino a casa, quando le sai tirare fai sempre gol. Rogerio Ceni è un goleador, certo, ma è anche un uomo squadra. E’ come Al Pacino in Ogni Maledetta Domenica, trascinatore in campo e fuori, e da uno con il suo palmares è logico aspettarselo: è il giocatore con più presenze con una signola maglia (1064 nel San Paolo) e dal 1993 ad oggi ha vinto praticamente tutto, compreso un Mondiale come terzo portiere.

NON C’E’ PIU’ CAMPOS – Magari avrà segnato meno dei due illustri numeri uno citati sopra, ma anche quel tipetto di Jorge Campos non ha fatto poi una brutta carriera. Conociuto più che altro per le magliette su cui erano stati vomitati i colori, Campos è stato prima un surfista e poi un calciatore. Portiere atipico, alla bisogna andava a fare l’attaccante, nel senso che poteva essere schierato in entrambi i ruoli – immaginatevi per un attimo Allegri che schiera Balotelli e Abbiati davanti, sarebbe una valida alternativa a Matri. Capostitpite dei portieri con i numeri strani (aveva il 9), ha segnato trentacinque gol in carriera, quasi tutti con la maglia del Punas UNAM. Mentre per Ceni e Chilavert si trattava di abili tiratori, qui si parla di un rapace, un portiere alla Pippo Inzaghi insomma. Campos tra l’altro è stato una delle prime vittime di quel bigotto di Blatter, che dapprima vietò al ct messicano di schierarlo sia in porta che in attacco, poi mise fine al regno incontrastato delle sue magliette coloratissime, e forse qui ha fatto un favore agli spettatori.

COMETE DI HALLEY – Come avete avuto modo di vedere si tratta di portiere sudamericani o centroamericani, lontani quindi all’idea di calcio leggermente più zotica che hanno gli europei, così attaccati alle regole e così impomatati nelle loro convenzioni. Un portiere vuole tirare un rigore? Lasciateglielo tirare, magari succede come al bulgaro Dimitar Ivankov oppure a Hans Jorg Butt, capace di realizzare più di venti gol in Bundesliga e tre in Champions (clamoroso: tutti e tre alla Juventus con tre maglie diverse), oppure come a Rigamonti e Sentimenti, i due unici pipelet italiani capaci di andare in rete su palla da fermo, anche se si parla di anni ed anni ed anni fa. Certo, ogni tanto escono gli Amelia, i Taibi o i Bolat che la mettono dentro di testa o sugli sviluppi di un tiro piazzato, ma qui si parla di veri e propri eventi che accadono una volta ogni morte di papa, e adesso che di papi ce ne sono pure due chissà che non fiocchino le reti dei portieri. In Italia abbiamo avuto Cejas all‘Ascoli, Brivio al Venezia e Aresti al Savona, ma sono stati tutti casi sporadiche e accaduti una singola volta, fatti per lo più per salutare un giocatore a fine carriera o nati da una papera colossare dell’estremo difensore avversario. Attendiamo fiduciio il giorno in cui verrà al mondo un nuovo Chilavert, un numero dieci con l’uno sulle spalle.

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