2018

Qualcuno ora però dica a Cassano di stare zitto

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Fisico da sollevatore di polemiche e ambizione di pastasciutta che ha di gran lunga superato il suo talento: un Cassano all’angolo torna a parlare per ostentare finta autostima, ma qualcuno faccia il suo bene

Partiamo prima di tutto da un dato empirico. Minuti giocati in partite ufficiali da Antonio Cassano nell’ultimo anno e mezzo: zero. Interviste rilasciate dal suddetto nel medesimo arco temporale: almeno una ventina. Cassano non è mai stato uno velocissimo in campo (tante le qualità tecniche che gli si possono riconoscere, ma non certo quella di essere un fulmine), però con la lingua corre ancora svelto come Forrest Gump. E dice una marea di fregnacce. Le ultime, a mezzo stampa (guarda caso) stamane (leggi anche: CASSANO: «VOGLIO TORNARE») in una intervista dai toni inutilmente trionfalistici e vagamente surreali in cui l’ex talento barese rimesta in concetti già espressi più volte negli ultimi tempi. Cassano è convinto di poter ancora dire la sua in Serie A, di poter fare la differenza, di essere un campione, a dispetto dell’età, della lunga inattività e magari pure del fisico da sollevatore di polemiche.

La tesi spiegata un po’ troppo semplicisticamente da Fantantonio è basilare: il campionato italiano di ultima generazione, povero di fenomeni (concetto senz’altro pure condivisibile), resta il suo habitat ideale. Di più: in un contesto tecnicamente scarso come quello odierno, per uno come lui non sarebbe nemmeno poi tanto difficile imporsi nuovamente. Come no: magari pure Gigi Riva a quasi 74 anni suonati se si rimettesse gli scarpini potrebbe vincere a mani basse la classifica cannonieri. È più vecchio di Cassano, vero, ma almeno non è del tutto suonato. L’ex attaccante della Sampdoria, invece, è come un pugile che ne ha prese troppe e che cerca di uscire dall’angolo: in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi. Diciamolo francamente: l’ormai tristemente ex Pibe de Bari non ci sta capendo più una sega ed anzi ultimamente pare aver perso anche quel restante briciolo di lucidità che lo teneva legato alla realtà.

Antonio, fattene una ragione: è finita

Così, esattamente come tutti gli ex pugili suonati dall’avversario, ma pure dal tempo e dagli acciacchi, ricerca gli ultimi rifugi sicuri di un’esistenza calcistica da tempo al crepuscolo: i ricordi, gli aneddoti del passato (sempre gli stessi, mai che ce ne fosse uno nuovo), i rimorsi per gli errori commessi (tanti, troppi, ma pure quelli diventati ormai teneramente rassicuranti, perché risalenti almeno ad un’epoca in cui Fantantonio aveva diritto di cittadinanza sui giornali della domenica), ma soprattutto gli ultimi stracci di autostima confusamente riposti nell’armadio della sua coscienza. Cassano non è più un calciatore da tempo ormai e la parentesi veronese di questa estate non ha affatto sancito il contrario, cosa di cui l’ex Milan e Inter vorrebbe invece convincere ed auto-convincersi. Non è più nemmeno tanto una questione fisica, quanto più psicoattitudinale: Antonio con la testa non è mai davvero stato un calciatore neanche quando le gambe lo aiutavano a correre, figuriamoci ora che la sua ambizione di pastasciutta ha superato di gran lunga il suo talento.

Cassano è come i vecchi al cantiere che ricordano i tempi della guerra, quando erano giovani e forti e riuscivano a trombare per dieci ore di fila, quelli che poi ti guardano e dicono: «Ah, se avessi ancora la tua età…». Certo, se ce l’avessi magari smetteresti di dire cagate e andresti a lavorare. Abbandonato definitivamente da quell’unico amico che gli voleva davvero bene, guidato dalle esigenze di una famiglia a cui forse è un po’ troppo morbosamente legato, Antonio prova a rimanere disperatamente attaccato a ciò che ancora lo separa da una vita senza il calcio giocato, l’unico reale dono (sprecato) di cui la natura matrigna lo abbia mai dotato. Perché il dubbio è proprio questo: che Cassano, giocatore sopraffino ma uomo senza arte né parte, debole di cultura e povero di altri talenti, non voglia ammettere prima di tutto a sé stesso di essere a un passo dall’oblio senza la pargoletta mano tesa di quell’intervista urlata che riaccenda almeno per un attimo le flebili luci dei riflettori su di lui. Al suo passato, ai tifosi che gli hanno voluto bene e pure all’amor proprio che gli resta però Fantantonio un’ultima cosa la deve e per questo preghiamo: adesso qualcuno gli dica di stare zitto.

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