2015

Prandelli: «Italia ferita ancora aperta»

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Prandelli si racconta a Veltroni: «Tifo per Balotelli»

Per Cesare Prandelli parlare di Roma è difficile perché la sua permanenza in giallorosso durò poche settimane, giusto il tempo di scoprire la malattia della moglie e di lasciare il calcio per una stagione. Prandelli ha spiegato in un’intervista fatta da Walter Veltroni che a quel tempo sapeva dello status di sua moglie ma decise di dimettersi dopo l’ennesimo parere negativo dei medici in seguito a una visita. «Ho pensato spesso a chi non avrebbe potuto fare la mia scelta, nemmeno il dolore è uguale per tutti» ha detto Prandelli, prima di elogiare lo staff della Roma dell’epoca che fu calorosa e comprensiva.

REGOLE – Prandelli ha poi cambiato argomento dando il suo identikit di un buon allenatore facendo riferimento a chi come Sacchi o Mourinho non ha avuto una gran carriera da calciatore, e in quel caso hanno potuto pure rischiare di più e seguire le proprie idee con ostinazione come dice l’ex ct. «Per essere autorevoli non serve alzare la voce, gridare dà solo tensione. Nel calcio è il sapere che rende forti» ha affermato Prandelli, il quale ha spiegato come ci si approccia per la prima volta a un nuovo team: farsi conoscere e capire e poi darsi delle regole, queste le cose essenziali.

FILOSOFI – Prandelli ha ricordato anche il discorso di Thiago Motta che caricò l’Italia dopo la vittoria contro l’Inghilterra a Euro 2012 e anche quando Vargas si tolse la maglietta della Fiorentina negli spogliatoi sotto 2-0 con l’Udinese perché subissato dai fischi e Prandelli lo rincuorò prima di tornare in campo e vincere la gara. Prandelli ha anche parlato dell’allenatore che più lo ha colpito: «Il Milan di Massimo Giacomini giocava in modo nuovo e particolare, era un allenatore filosofo. Ho studiato molto, in modo da saperne più dei miei giocatori che è essenziale. Diventare capo nel calcio significa assumersi responsabilità».

FERITA – Nella chiacchierata con Veltroni a Il Corriere dello Sport Prandelli ha toccato pure il tema relativo alla nazionale e alle sue dimissioni: «Per me è una ferita aperta, eravamo andati bene ma poi sbagliammo in Brasile. Ero io ad aver sbagliato il progetto tecnico, in Italia non di frequente ci si prendono responsabilità, io l’ho fatto e mi sono dimesso. Ci fu anche un fattore ambientale perché il gruppo era difficile mentre tipo la Francia ne aveva uno facilissimo». Prandelli non ha niente da rimproverare ai suoi ragazzi a quanto afferma lui stesso, e su Balotelli ha detto: «Gli ho voluto bene, tifo per lui perché è un talento e credo di saperlo come pochi».

ITALIANI – Prandelli si è lasciato andare anche a confessioni sulla finale di Atene tra Amburgo e Juventus degli anni Ottanta e anche sugli Europei 2012 quando la sua Italia si è fermata all’atto conclusivo. Poi è tornato sul calcio italiano di oggi: «A vedere così pochi italiani si soffre, come soffre anche Conte. Bisogna obbligare le squadre a investire sui vivai». Ci sono anche campioni in Italia come Berardi o Saponara stando a Prandelli, che ha chiuso l’intervista dando la palma di miglior calciatore al mondo a Messi.

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