2017

Prandelli e l’esperienza all’Al-Nasr: «Allenare qui è una sorpresa»

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Cesare Prandelli sta bene negli Emirati: «Qui qualcuno ha pianto per l’eliminazione dell’Italia. Ripartirei da…»

Clima di festa, ma il Natale e la Club World Cup c’entrano poco. È festa perché gli Emirati Arabi hanno appena compiuto 46 anni – il 2 dicembre
è stato il National day – e ci tengono a ricordarlo al mondo intero. Il 46 lo trovi ovunque: ad Abu Dhabi, ad Al Ain, naturalmente anche a Dubai, dove
Cesare Prandelli ha messo su casa e bottega con il suo Al-Nasr Dubai SC. Come il Real, ha battuto l’Al-Jazira, 4-2 fuori casa nella Gulf League, il campionato degli Emirati Arabi Uniti, e ha raccontato la sua esperienza a “La Gazzetta dello Sport”: «La squadra è in gran crescita e la proprietà è contenta del mio lavoro. Allenare qui è una sorpresa continua e una sfida affascinante».

APPROCCIO DIVERSO – Perché sorpresa? «Perché sta cambiando il mio modo di approcciarmi ai giocatori. In Italia quel quarto d’ora lo usi per dare indicazioni, ma qui è diverso: tu rientri negli spogliatoi e trovi i ragazzi che pregano, per sette-otto minuti. E non puoi fare niente, solo aspettare che finiscano. Ho pensato all’inizio: “Come si fa?”. Ma poi ho capito, mi sono adattato e ho rispettato le loro abitudini. Anzi, dico di più: ho imparato a calmarmi, di solito in quei momenti l’adrenalina è a mille». Com’è il rapporto con i calciatori? «Il compito di un tecnico è sempre stato motivare i giocatori. In Europa una parte del lavoro la svolge l’aspetto economico: si vuole emergere almeno per guadagnare bene. Negli Emirati invece il calciatore è già ricco di suo. Un giorno ho detto a uno dei miei: “Devi curare il tuo corpo, è come una macchina di lusso… capito cosa voglio dire?”. Lui mi ha guardato e mi ha risposto: “Sì, mister, ma quale macchina intende? Ne ho sette”. Questi ragazzi non giocano a calcio per far soldi. Quindi come allenatore devo trovare un obiettivo per loro. Il divertimento in campo è una soluzione. Oppure far intravedere loro la possibilità di arrivare in nazionale».

RIPARTIRE – Ci si chiede come abbiano reagito da quelle parti all’eliminazione dell’Italia da Russia 2018: «Sono rimasto impressionato – anzi, imbarazzato – nel trovare gente che mi abbracciava. Non gli italiani all’estero, intendo i locali: dispiaciuti, qui l’Italia ha sempre avuto un grande seguito, solo ora sta un po’ scemando. Venivano da me in lacrime e mi chiedevano come fosse stato possibile». Com’è stato possibile? «È accaduto, ora si volti pagina. Mi auguro che serva per scavallare, per mettersi tutto alle spalle. Faccio due nomi: vorrei che il calcio fosse guidato da uomini come Damiamo Tommasi e Demetrio Albertini. Serve gente fresca e allo stesso tempo d’esperienza. C’è bisogno di rimettere il pallone al centro di tutto. Perché loro? Perché amano il calcio e sono grandi conoscitori della materia e dei problemi attuali. Non mi faccia dire altro». C’è una favorita per la A? «Non ne vedo una che si stacca dalle altre. Ma ho un debole per Sarri e il gran lavoro che sta portando avanti. Un periodo di appannamento può starci».

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