2014

Piovono polpacci: 10 calciatori di Serie A rudi, cattivi e grintosi

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Abbiamo scelto dieci giocatori un po’ troppo rudi. La cernita è stata dolorosa, fidatevi

I DIECI PIU’ CATTIVI – Il tackle è un apostrofo rosso tra le parole «T’ammazzo». Il suono delle scivolate sul bagnato sono quanto di più artistico la natura ha saputo donarci, il rumore del tacchetto sul pallone – quando va bene – è armonia. Se poi il pallone passa, un difensore che si rispetti deve riuscire in qualche modo a bloccare l’azione e qualcosa in quel frangente deve pur fermarsi: nasce così la figura del picchiatore, un personaggio che in Serie A ha avuto grandi esponenti non solo italiani ma anche stranieri di alto lignaggio. Nella galleria d’arte dell’intervento a gamba tesa, della gomitata su corner, della marcatura rognosa, espongono i migliori artisti del Novecento e dei primi anni Duemila; si va dai gesti dadaisti di Gascoigne alle pennellate di Gennaro Gattuso fino ad arrivare al pregiato “tacchetto su coscia” di Patrick Vieira e Giulio Falcone. Nella nostra selezione abbiamo scelto però rifacendoci a un unico denominatore, la grinta dell’artista. Prima della classifica dei dieci giocatori meno stilnovisti della Serie A, una piccola raccomandazione: è vero che ogni artista mette del suo anche in un falso, ma non provate a fare certe cose a casa vostra.

10. SALVATORE SOVIERO – Salvatore Soviero nasce a Nola nel 1973 ma è tra i Novanta e il Duemila che esprime al meglio tutta la sua verve: nelle serie minori si lascia andare a espulsioni su espulsioni, se la prende con allenatori e dirigenti e memorabile è Messina – Venezia del 2004, quando aggredisce davvero chiunque e si prende 5 mesi di stop (partita storica: Maldonado se ne guadagnò diciotto). E’ conosciuto al mondo per altre mirabili opere, come l’insulto di venti secondi con parole abbastanza colorite al guardalinee – Brescia, museo Rigamonti 1999 – oppure un gesto non molto carino ad Alex Del Piero. E pensare che faceva il portiere.

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9. DANIEL PASSARELLA – L’installazione più conosciuta del Passarella è senz’altro quella che l’artista argentino mise in scena in quel di Marassi un pomeriggio del 1987 quando durante il match tra Sampdoria e Inter per riprendere la palla finita tra le mani del raccattapalle Maurizio Piana, Passarella tirò un bel calcio al 16enne. Non solamente arte visiva per l’uomo venuto da Chacabuco: fine difensore, da sempre restio alle committenze, ebbe alterchi vari nel suo periodo in italia con Edinho, Bonacina e Danova, colpiti in tre momenti diversi con tre diverse parti del corpo. Adesso espone solo in Argentina, dove si dedica con fortuna ai falsi d’autore.

Gran difensore certo, ma i suoi tacchetti sono un segno inconfondibile, come il marchio Chiquita

8. JAAP STAM – Olanda terra di pittori raffinati, dal Secolo d’Oro olandese direttamente alla Serie A arriva Jaap Stam, il cui cognome è uno pseudonimo che in lingua oranje significa “tronco“. Stam in Italia si fa apprezzare per la sua tecnica mista, nella quale abbina una rigidità classica nel ruolo a una fantasia – che quasi stona con il contesto – quando si tratta di tirar fuori gli attributi. Non figura tra la classifica dei più espulsi, ma avrà sempre un posto nel cuore degli attaccanti avversari. Si narra che il suo sguardo facesse diventare di pietra gli altri calciatori.

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7. FERNANDO COUTO – Uno dei maggiori esponenti dell’arte della beffa, che nel suo curriculum annovera ben undici riconoscimenti arbitrali, il famoso “Cartellino Rosso“, premio assegnato dalla Serie A a cadenza settimanale. Couto, nativo del Portogallo, non ha mai tirato indietro la gamba nelle sue opere, e anzi si è fatto apprezzare soprattutto per la capacità di mettere in scena installazioni con poco: sembra che Couto non ci sia e poi dopo te lo ritrovi con le mani al collo. Il Couto si è fatto notare per l’eleganza del piede a martello e per la capacità di scatenare risse ovunque, pure in allenamento (cfr. Couto vs. Mancini, Couto vs. Simeone).

Non è il Laocoonte, bensì Couto che picchia molta gente

6. GIORGIO FERRINI – Artista prematuramente scomparso all’età di trentasei anni, Ferrini è stato uno di coloro che hanno incarnato di più lo spirito del movimento “Cuore Granata” sorto un secolo fa e tutt’ora in vigore. La grinta e la caparbiteà del Ferrini sono rinomate nell’ambiente calcistico-artistico del panorama italiano, tanto da consacrarlo al mondo con il modesto soprannome di Diga. Non è mai stato un culturo della tecnica mista, sempre molto categorico: palla o piede. Precursore del minimalismo dunque, a oggi non ha eredi nel calcio italiano.

300px Ferrini grinta

Una diga così, nemmeno a Nurek in Tagikistan

5. CLAUDIO GENTILE – Nativo della Libia, nelle opere del Gentile si avvertono un senso di nostalgia verso una terra lontana, che si può rintracciare nella sua smania di voler sempre stare vicino all’avversario. Famoso per l’esposizione in Spagna del 1982 “Come non feci respirare Diego Armando Maradona“, ha sempre rifiutato l’etichetta di cattivo che i critici gli hanno affibbiato nella sua lunga e gloriosa carriera. Curioso era il look di Claudio Gentile, con quei baffi un po’ così, ma la sua galleria d’arte rimane una di quelle più elogiate del calcio italico. Nostalgico, ma lo abbiamo già detto, è icona del calcio amarcord.

Lotta greco-romana, Mondiale di Spagna 1982

4. MARCO MATERAZZI – Esistono artisti di rottura, nel vero senso del termine. Quando si pensa che l’arte si sia impoverita con lo sviluppo, ecco l’eccezione che conferma la regola: Marco Materazzi. Materazzi ha esposto in Italia, Inghilterra e Germania, dove il suo celebre “Stacco di testa” e la “Testata” (in collaborazione con Z.Zidane) hanno ottenuto il plauso di pubblico e critica – Berlino, Museo Olympiastadion 2006. Famoso per le entrate a martello, non ha mai nascosto la passione per l’Inter con la quale ha vinto di tutto. Come tutti gli artisti o si ama o si odia e ultimamente in Italia nessuno ha diviso il pubblico più di lui. A dire il vero ha diviso anche altro, tipo il labbro di Cirillo. Appartiene anche alla schiera dei Provocatori.

E Cirillo non era uno stinco di santo, eh…

3. ROMEO BENETTI – La sua carriera nell’arte si sviluppa più che altro nel cinema, negli spaghetti western di Sergio Leone e Enzo G. Castellari come villain e caratterista degli anni Sessanta-Settanta. Con le maglie di Milan e Juventus raggiuse l’apice di una gloriosa carriera, ma un episodio in particolare ha fatto rimanere intaccata la sua fama di cattivo: per un fallo su Francesco Liguori del Bologna, il quale riportò un grave danno al ginocchio destro e vide finire precocemente la sua attività da calciatore, venne denunciato dalla procura di Milano e addirittura l’incidente venne inviato alla Prefettura di Bologna. Si sa che il limite tra arte è follia è sottile, quindi Benetti era artista seppuer di pochissimo, basti pensare alla sua innata passione per i canarini ancora del tutto da verificare.

Il Danny Trejo italiano

2. PAOLO MONTERO – L’esaltazione della pura rabbia calcistica è rinchiusa nel movimento dell’Agonismo Uruguagio degli Anni ’90 tradizionalmente chiamato Garra, che vide – e tutt’ora è un esimio esponente nelle sfide tra vecchie glorie – la preponderante figura di Paolo Ronald Iglesias Montero. Nato nel 1971, Montero impiega poco tempo a trovare la sua vena artistica, ovvero quella di entrar in scivolata e di non far mai passare palla o uomo dalle sue parti. Celebri sono le risse con altri giocatori e addirittura con un fotografo (si sa, ci sono artisti che rifuggono le prime pagine e il contatto col pubblico), ma il suo palmares è invidiabile a molti livelli. Oltre ad aver vinto in Italia e in Europa, il Nostro sfoggia orgogliosamente il rinoscimento di uomo più espulso della Serie A con ben sedici cartellini rossi all’attivo. Ancora oggi non si pente di nessuna entrataccia, e vi assicuriamo che la stima dei tackle efferati è altissima.

1. PASQUALE BRUNO – Montero è un formidabile difensore e un “cattivo” completo, ma Pasquale Bruno è ancora inarrivabile. Pasquale Bruno, nato in Puglia nel 1962 e militante in molte squadre italiane tra cui Juventus e Torino (da qui si vede la tempra, passare dall’una all’altra non era facile nel 1990), è il Munch dei giocatori grintosi. Artista ribelle in tutto e per tutto, rifiuta gli schemi costituiti del calcio e decide di entrare a piede alto sulla vita. La tecnica non era eccelsa, ma in questo caso a farla da padrona era il temperamento del Bruno, del tutto giocato sulla durezza e sulla crudezza dell’espressività. Non esiste in Serie A un difensore come lui in tutta la storia, ma non limitiamoci a farlo passare da cattivo perché, anche se il suo CV è un po’ scarno alla voce trofei vinti, Bruno – conosciuto con il nomignolo di O Animale – ha saputo costruirsi una solida e robusta carriera. Arcinote le risse con gli avversari (cfr. Vialli, Ruben Sosa o Casiraghi) così come la beffa di Van Basten ai suoi danni: l’olandese lo derise dopo un autogol e deve ringraziare San Capello se ancora cammina sulle sue gambe. Senza dubbio il migliore interprete dei derby mai esistito in Italia.

Anche lui (come Roy Keane) un tipo tutto sommato tranquillo

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