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Peruzzi: «Oggi non potrei fare il portiere, adesso devi essere più bravo con i piedi che con le mani. All’inizio giocavo in attacco. La Juve mi ha chiamato e sono rinato anche se ho avuto paura…»
L’ex portiere di Lazio, Juventus e della Nazionale italiana, Angelo Peruzzi, ha rilasciato una lunga intervista su diversi temi
Angelo Peruzzi è stato un portiere importantissimo degli anni Novanta e oltre. Campione del mondo del 2006 a osservare Gigi Buffon titolare, ha legato il suo nome soprattutto a Juventus e Lazio, pur avendo giocato in diverse squadre. Oggi si racconta sul Corriere della Sera.
TUTTO É CAMBIATO – «Tutto è cambiato. I giocatori? Un’azienda. Firmano un triennale e dopo pochi mesi chiedono l’aumento col procuratore o vogliono essere ceduti. I portieri? Più bravi coi piedi che con le mani. Io oggi mica potrei giocare. Non dico sia sbagliato, ma non fa per me. Meglio i boschi, la natura».
IL PRIMO RICORDO – «Anni 60. L’ultima strada di Blera, polverosa, poco frequentata: tre contro tre con una palla di gomma piccola per fare gol con le cassette di legno come porte».
SENZA PORTIERI – «Senza. Mi divertivo a fare gol. Ma, diciamo la verità, ero una “pippa”».
LA SVOLTA – «La mia maestra elementare, in quinta, organizzò una partitella. Chi va in porta? Silenzio. Allora facciamo così: chi tocca la traversa fa il portiere. Ero il più alto, la sfiorai, sono rimasto tra i pali. Due anni dopo, l’ex romanista Scaratti viene a Capranica, pochi chilometri da casa, per un provino della leva 69. Io guardo da dietro la porta. Poi alla fine fa all’allenatore dell’epoca: e quello? indicando me. Para benino. Cominciò così».
LA SQUALIFICA PER DOPING – «Ero ingenuo, un “bambacione”. Finii dentro quella brutta storia. Solo il grande presidente Viola fu gentile con me. Gli altri? Spietati. Tornai a casa: i giornalisti, la vergogna con la gente di Blera. Mesi d’inferno. Ma divenni uomo. Non mi fidai più di nessuno. E poi squillò il telefono. Montezemolo. Mi voleva la Juve: tornai a vivere. Ma poi quella Juve lì saltò per aria e pensai: è finita anche stavolta. Invece Boniperti mantenne la parola e mi chiamò a Torino. Peruzzi, mi disse, capelli corti, vestiti civili. Lei pensi a giocare a tutto il resto pensiamo noi».
CHI VINCE LO SCUDETTO – «Non so. Posso dire che Antonio Conte ha una fede dentro che fa la differenza».