2015

Il tuo Grifon che rampa

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La storia del Perugia 1978-79: la prima squadra a non perdere mai

Nel grande oceano delle formazioni calcistiche da mandare a memoria senza ombra di dubbio quella più famosa è l’Inter di Sarti, Burgnich, Facchetti e compagnia cantante, ma anche l’Italia dell’82 o il Milan degli Invincibili sono undici che si ricordano involontariamente, per osmosi. Ogni tifoso però porta nel cuore determinati schieramenti e determinati giocatori, sa il portiere e il terzino di tale anno e tale partita, riesce a distanza di anni persino a ricordare i marcatori di un’inutile ottava giornata di campionato. Se il tifoso nello specifico da una vita segue una delle cosiddette provinciali allora sarà molto più facile che un’annata gloriosa venga ricordata con più trasporto e più ammirazione delle altre. Dal 1979 questo accade in una delle città più sottovalutate d’Italia: l’etrusca Perusia divenuta Augusta sotto i Romani, la Maschia Peroscia cantata da D’Annunzio nell’Elettra, l’odierna Perugia, città del Grifone, del cioccolato e del Perugia dei Miracoli. Passeggiando per le vie del centro tra la Rocca Paolina e il Palazzo dei Priori fino ad arrivare a San Lorenzo, può capitare di incontrare qualcuno che quasi quarant’anni fa era di casa a Pian di Massiano al Comunale da poco intitolato alla memoria di Renato Curi e sovente quel qualcuno è anche in grado di cullarvi con una nenia che è nenia solo per chi Perugia la vive e il Perugia l’ha amato e l’ama ancora: Malizia, Frosio, Nappi, Della Martira, Ceccarini, Butti, Dal Fiume, Bagni, Vannini, Speggiorin, Casarsa, più l’allenatore Castagner che di solito nelle formazioni non si cita ma per stavolta si può fare una gradita eccezione. Undici uomini che non persero mai.

PROGETTO PERUGIA – Il famoso Perugia dei Miracoli vive nel 1978-79 ma nasce molto prima, addirittura nel 1974, quando il pugliese Franco D’Attoma decide di entrare nel mondo del calcio. Già manager della nota marca d’abbigliamento Ellesse, D’Attoma prende il Perugia in Serie B e inizia un progetto graduale e attento, cercando pedissequamente di coniugare immagine e risultati sportivi, introducendo inoltre per la prima volta il concetto di management nel calcio italiano e in special modo in quello di provincia. Non si reputa un grande intenditore di pallone D’Attoma e quindi si circonda di persone che sanno il fatto loro: oltre a coinvolgere Spartaco Ghini – la cui ditta costruirà in soli tre mesi lo stadio Comunale – sceglie come allenatore un giovane rampante che a Perugia ha già giocato ma che ha esperienza da tecnico solo nelle giovanili dell’Atalanta, tale Ilario Castagner. C’è anche un ometto paffutello e baffuto, si chiama Silvano Ramaccioni e ufficialmente è direttore sportivo anche se la sua figura è diversa da quella del semplice ds, perché è sempre a contatto con la squadra e, con la fedele giacca beige, spesso è a fianco di Castagner in panchina. È grazie a questo manipolo di uomini scelti che il Perugia nel 1975 arriva per la prima volta in Serie A e mostra all’Italia intera giocatori fin lì rimasti nell’ombra come il possente libero Pierluigi Frosio, in grado con la sua leadership di comandare sia una difesa che un assedio, l’instancabile centrocampista Renato Curi oppure la mezzala Franco Vannini, artista come solo certi toscani sanno essere artisti e dannatamente bello da vedere con il pallone tra i piedi, nonché autore del primo gol del Grifone in Serie A. Loro assieme al portiere Malizia, a Ceccarini e ad altri calciatori formano la spina dorsale di una squadra che negli anni a venire perderà fatalmente Curi ma si arricchirà di pregevoli giovani come Salvatore Bagni o scafati attaccanti tipo Walter Speggiorin. E così arriva il 1978 ed è tempo di entrare nella storia.

NESSUNO LI VINSE – Il Perugia diventa una sorta di abitué della massima serie, il tutto grazie a una mentalità imprenditoriale della sua dirigenza e a una pianificazione attenta e efficace. Il campionato 1978-79 non vede di certo il Perugia tra i favoriti ma comunque la squadra non è messa male, gioca da tempo un buon calcio e può ambire ad arrivare in alto, di Scudetto però non se ne parla. C’è questo Vannini attorno a cui ruota tutta la squadra, è un centrocampista elegante e intelligente, sa cosa fare e dai suoi piedi nasce sempre qualcosa di pericoloso, ed è proprio lui a far godere al Perugia e ai perugini le zone alte della classifica il 22 ottobre 1978 quando al Comunale di Torino il Grifo è ospite della Juventus. Il Perugia viene da due vittorie contro Fiorentina e Vicenza e da un pari a San Siro con l’Inter, a un quarto d’ora dalla fine si trova sul risultato di uno a uno per via dei gol di Speggiorin e Cuccureddu ma il bello deve ancora venire. Malizia fa il fenomeno più volte e la traversa aiuta i bianconeri su un tiro di Virdis, quando al settantasettesimo l’arbitro fischia una punizione al limite. Casarsa invece di tirare di seconda scodella un pallone in area dove c’è Vannini un po’ defilato sulla sinistra. La mezzala perugina lascia scendere la palla e la impatta di collo esterno facendola sibilare oltre Zoff proteso in tuffo. Non ci crede nessuno ma è gol, un gol bellissimo e che dà al Perugia la prima vittoria sulla Juventus in trasferta nella sua storia. Allora sognare è lecito? A Perugia, anche se le giornate sul calendario sono solo quattro, si inizia a pensare in grande perché la squadra gioca bene e l’entusiasmo è alle stelle. Passano i giorni, le settimane, le partite, i mesi e il Perugia è sempre più in alto e soprattutto, al giro di boa di gennaio, è secondo a tre punti dal Milan che vuole la Stella. Se si dà un’occhiata alla classifica in maniera più dettagliata ci si accorge di un particolare, il Perugia è sì secondo, ma non ha mai perso. Nessuno ha ottenuto i due punti contro il Grifone, che stava pure per espugnare Milano ma un gol di Dustin Antonelli ha ricacciato l’urlo in gola dopo la rete del solito Vannini. Il Perugia allo Scudetto ci crede, l’Italia per la prima volta si accorge che pure l’Umbria calcisticamente vuole la sua parte.

MIRACOLI – Il gioco del Perugia è innovativo, Castagner ha messo in piedi un undici di tutto rispetto che può appoggiarsi pure su riserve capaci che possono dire la loro. La difesa è granitica, segnare al Perugia è quasi impossibile perché quando si passano i tre dietro – tra cui Mauro Della Martira, autore di una stagione esaltante – e il libero Frosio c’è pur sempre un super Malizia a negare la gioia del gol. Dalla cintola in su l’1-3-2-3-1 (una specie di 4-2-3-1 ante litteram, se così si può dire) disegnato dal tecnico di Vittorio Veneto è una macchina, gioca a meraviglia e sfrutta l’inserimento delle tre mezzali, in special modo di Salvatore Bagni, che segna a ripetizione più di un attaccante. E anche se l’attaccante puro, il nove, la mette dentro con il contagocce, è fondamentale il gioco di Gianfranco Casarsa: invece di fare il lungagnone tipico di quegli anni e del calcio italiano, Casarsa torna a prendere palla e gioca da centravanti arretrato, fatte le dovute distinzioni Casarsa sta al Perugia come Hidegkuti stava all’Ungheria che faceva tremare il mondo. Oltre a una collocazione tattica da studiare senza sosta, il Grifo ha pure carattere da vendere, gioca in maniera compatta e sa aggredire, tiene il fiato sul collo degli avversari ma sa essere dinamico quando porta il pallone. Gioca a calcio come se prevedesse il futuro, fa possesso palla come poche squadre hanno fatto in Italia e cerca di sopperire alle lacune con le grandi dell’epoca con uno spirito diverso, grintoso ma anche asfissiante. Il Perugia ferma la Roma, batte il Napoli e la Fiorentina, mette in difficoltà il Torino e l’Inter: è praticamente imbattibile. A dire il vero una gara rischia pure di perderla, ma quando il destino è segnato non c’è niente da fare, Eupalla ha deciso che quello è il Perugia dei Miracoli.

TIBIA E PERONE – Il 4 febbraio 1979 l’Inter è avanti al Curi con gol di Altobelli e Muraro, uno zero a due che sembra aver atterrito tutto il Comunale e l’intera Maschia Peroscia. Nel secondo tempo però gli uomini di Castagner hanno un piglio diverso e dopo sette minuti Dal Fiume sulla sinistra lavora un bel pallone e lo crossa in mezzo per la testa del neoentrato Cacciatori, la sponda trova solo Vannini a un metro dalla porta e il dieci perugino non può che metterla in rete. Il Curi torna a ribollire di gioia, la rimonta è un sogno che potrebbe pure esaudirsi se non si mettesse di mezzo l’arbitro Longhi, il quale prima dà e poi toglie un evidente rigore su Cacciatori. La gara si incattivisce e i difensori nerazzurri entrano male su Bagni, che termina la gara zoppicando. È però Fedele a commettere un fallo da codice penale su Vannini, il toscano riporta una doppia frattura di tibia e perone a causa dell’intervento sconsiderato e deve lasciare in lacrime la gara, confortato pure da Beccalossi. Vannini ancora non lo sa ma quella rimarrà per sempre la sua ultima partita ufficiale. Quando tutto ormai sembra perso Perugia esplode al terzo di recupero. Punizione di Casarsa, per l’ennesima volta la riserva Cacciatori è protagonista di un poderoso stacco di testa per assistere sottomisura Ceccarini, il quale non potrebbe scegliere momento migliore per segnare la sua prima rete in Serie A. Il Perugia pareggia e mantiene l’imbattibilità ma con l’infortunio di Vannini, a cui andrà a aggiungersi poi quello di Frosio, perde quel qualcosa che lo aveva tenuto in alto fino ad allora. Sia chiaro, di perdere non se ne parla, ma la manovra perugina si fa meno frizzante e spavalda. Il Milan nel finale di campionato rallenta e il Perugia vuole approfittarne allo scontro diretto dell’8 aprile. Il Diavolo è sopra di due punti e una vittoria vorrebbe dire aggancio ma viene fuori una gara sterile decisa dai rigori di Chiodi e Casarsa, e così il Tricolore si incammina verso Milano. Il 13 maggio però il Perugia pareggia due a due all’ultima giornata a Bologna e chiude il campionato al secondo posto. La casella delle sconfitte recita ancora zero, ed è la prima volta che succede nella massima divisione italiana.

IL DECLINO – Lo chiamano tutti Perugia dei Miracoli ma di miracoli non se ne sono visti molti. Prima di tutto non è per niente miracoloso chiudere una stagione senza sconfitte – per inciso: diciannove pareggi e undici successi – e ritrovarsi al secondo posto, è quasi uno smacco. Poi derubricare il tutto sotto la voce miracolo è totalmente sbagliato perché i miracoli non si progettano e non hanno una struttura solida come il Grifone di quegli anni, del 1978-79 in particolar modo. Non c’è niente di messianico o religioso nel Perugia, si tratta solamente di una squadra fatta bene e modellata meglio nel corso degli anni. Peccato poi che come tutte le favole ci sia un finale, e in questo caso non è lieto. Il Grifone smette di rampare e dalla stagione successiva inizia un lento declino che lo porterà prima in Serie B nel 1981 e poi in seguito all’ennesimo scandalo calcistico, addirittura in Serie C2 prima di riuscire a tornare in Serie A solo nel 1996. Sarà un altro imprenditore nel ramo dell’abbigliamento – e non solo, anche delle pulizie – a riportare in alto il Perugia, e ancora una volta sarà un uomo venuto da fuori, stavolta da Roma e non dalla Puglia. Anche con lui giocatori sconosciuti saliranno alla ribalta e pure nella nuova esperienza in A sarà protagonista un nuovo tecnico con idee fantasiose e un cappellino che non si toglierà mai. Ma quella è un’altra storia senza lieto fine, un romanzo diverso dal Perugia di Vannini, Speggiorin, Casarsa, Castagner, Ramaccioni, D’Attoma: tutti nomi scolpiti nella storia, nomi di uomini e di giocatori che non avevano niente da perdere e pure non avevano perso mai.

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