2016

Perché su Pjaca si è scatenato il delirio

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Non bastano le comparse ad Euro 2016 per giustificare il fenomeno Pjaca

Fondamentalmente di Marko Pjaca, i più, hanno visto una gara intera contro la Spagna e spezzoni disseminati qua e là nell’arco di Euro 2016: una competizione in cui la sua Croazia ha incantato per talento e qualità nello sviluppo dell’azione, salvo poi – se vogliamo piuttosto clamorosamente – inchinarsi al Portogallo. Più tardi, questo sì oltre ogni lecita aspettativa, laureatosi campione d’Europa.

L’EUROPEO DI PJACA – Da ragazzo più maturo dei ventuno anni da poco compiuti, Marko Pjaca ha sfruttato al massimo le poche chance concessogli dal commissario tecnico Ante Cacic: titolare con la Spagna, ne è uscito da migliore in campo in quella che a detta di molti resta la gara più bella di Euro 2016. La dimostrazione di forza – e bellezza – della sua Croazia fu sublimata dalla prestazione di questo giovane esterno classe ’95, in grado di mandare letteralmente in bambola i tentativi di opposizione spagnola. Non funzionavano neanche i raddoppi sistematici, così come accadde nei dieci minuti di overtime in cui fu chiamato in causa contro il Portogallo: in grado di incidere sul copione della gara dopo pochi secondi, lasciò oggettivamente interdetti la chiamata così tardiva del suo allenatore.

IN CROAZIA: CALCIATORE ED UOMO FATTO – Familiarità con il gol quando ancora diciottenne o poco più, con la maglia della Lokomotiva Zagabria, il passaggio alla più quotata Dinamo per esaltarne talento e visibilità. Due stagioni complessive da doppia cifra realizzativa – 14 due anni fa, 12 la scorsa stagione con tre firme in Champions League – e dunque numeri tutt’altro che banali per un esterno offensivo (non un centravanti per intenderci) così giovane. Perché per quanto concerne abbinamento di velocità e tecnica di base basta davvero guardarlo all’opera per una manciata di minuti, per spiegare però la bagarre di calciomercato esplosa intorno al suo profilo serve altro: questo quid aggiuntivo è dato dai suoi numeri già importanti e di assoluta prospettiva, oltre che da caratteristiche personali già ben definite. Marko Pjaca si allontana abbastanza dal profilo di calciatore slavo che viene immediato immaginare nell’ultimo quindicennio, avendo vissuto una situazione familiare piuttosto agiata e serena che gli ha consentito un determinato percorso: oggi è un ragazzo pacato e pronto per il grande salto nel calcio di spessore.

BAGARRE – Tutta l’Italia calcistica, e non è un eufemismo, sulle sue tracce: garantirsi le prestazioni del talento croato è diventato quasi una questione di orgoglio, una demarcazione di territorio. Lasciarsi battere dalla concorrenza un segno di debolezza. Ragion per cui, nella lista delle pretendenti a Marko Pjaca, in tempi differenti ci si sono iscritte un po’ tutte: Inter, Fiorentina e Napoli in primis, poi Milan e Juventus. Il pericolo lo abbiamo già individuato: ossia quello che un calciatore di enorme prospettiva internazionale scelga il campionato italiano per qualche anno come trampolino di lancio per quel che verrà. Altrove, nei tornei ritenuti più strutturati. Questo è un fenomeno che i club italiani – in primis i più accreditati – devono impegnarsi ad interrompere: ok sul lavoro di individuazione, come del resto accaduto per Pjaca (lo abbiamo detto, non bastano un paio di comparse all’Europeo per giustificare il tutto), poi però va trovata la forza per trattenerli. Soltanto così risulta possibile recuperare, nel medio termine, il terreno perduto.

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