2016

Perché si parla solo del Torino

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Reginetta del calciomercato italiano: Juventus padrona, ovviamente, ma nella realtà di media levatura si è contraddistinto il Torino di Urbano Cairo

Il Torino ha venduto capitan Glik, Bruno Peres, definitivamente Quagliarella ed in ultimo Nikola Maksimovic: profili di assoluto rilievo, eppure si parla soltanto del Toro. Positivamente? No, entusiasticamente. Deliri di calciomercato tutti italiani? Sconfinamento dalla realtà? Febbre da nome gettonato? Proviamo a fare ordine.

LE CESSIONI – Pesano, altro che se non pesano. Il pacchetto difensivo pare indebolito dalle recenti manovre, quantomeno in termini carismatici: la personalità del vecchio capitano, pedina stabile della nazionale polacca, ed il suo ruolo nel mondo granata che andava ben oltre il livello di un ottimo difensore. Con lui via anche Maksimovic: il serbo, senz’altro strapagato dal Napoli di De Laurentiis, resta comunque un jolly difensivo che mancherà all’economia di Sinisa Mihajlovic. Così come, inevitabilmente, Bruno Peres: motore della corsia destra, discretamente adattabile anche a sinistra, ha evidenti lacune in fase difensiva ma ha rappresentato un fattore chiave nella propulsione offensiva del Torino nelle recenti stagioni. Operazioni in uscita che dunque, ad un’analisi un tantino più profonda, non ci appaiono come manovre marginali, ma al contrario piuttosto strutturali.

LA REAZIONE – Partiamo dal pacchetto arretrato, ossia l’unico dove la dirigenza granata è stata chiamata a compensare le perdite: Arlind Ajeti prima di tutto, con le prestazioni ad Euro 2016 in maglia albanese che hanno fugato i dubbi concernenti la sua prima esperienza italiana a Frosinone, quel Luca Rossettini che oramai da anni milita su buoni livelli nella massima serie italiana, capitolo centrali ultimato dalla scommessa Castan – che in quanto tale, per definizione, va tutta vissuta – ed il classe ’94 croato Jozo Simunovic (da ultimare i dettagli finali). Basterà? La risposta ce la fornirà proprio il lavoro tecnico di Sinisa Mihajlovic: la prima gara di campionato sul campo del Milan non lo direbbe, ma l’allenatore serbo è specialista della fase difensiva e toccherà alla sua opera amalgamare un pacchetto arretrato che sotto la guida Ventura aveva equilibrato la consueta attitudine offensiva delle squadre dell’attuale commissario tecnico della nazionale italiana. Al posto di Peres ecco De Silvestri: vecchia conoscenza del tecnico slavo dai tempi della Sampdoria, ricucendo lo strappo con Zappacosta le corsie sarebbero a posto.

TORINO PROTAGONISTA – Passiamo al piatto forte: completa la difesa Joe Hart, operazione mediaticamente clamorosa, un po’ meno a livello puramente tecnico. Intendiamoci: è un portiere di buon livello. Fatta debita premessa, il Manchester City non se ne disferebbe con prestito gratuito e contributo al pagamento del 70% dell’ingaggio se fosse elemento di primo rilievo. Resta ad ogni modo innesto di indubitabile status. Dove però il Torino ha acceso sogni e fantasia del suo popolo è in capitolo qualità: ai Baselli e Benassi della mediana si sono aggiunti i tempi di Valdifiori e la struttura di Tachtsidis, mentre la vena realizzativa dell’attuale capocannoniere del torneo – Andrea Belotti – sarà nutrita dall’irrequieto talento di Adem Ljajic e dalla sostanza del sottovalutato Iago Falque, calciatore che abbina gol ad assist alla pari di interpreti ben più quotati. Un tridente che non soltanto ha riscaldato la passione della gente granata, ma stuzzicato l’interesse del palcoscenico calcistico italiano. Per la buona riuscita della torta manca una cottura lunga un anno, ma gli ingredienti non sembrano mancare.

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