Per favore, ridateci la Coppa delle Coppe! - Calcio News 24
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2013

Per favore, ridateci la Coppa delle Coppe!

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Un inno al calcio romantico, quando ancora il Vicenza vinceva col Chelsea…

VINTAGE SELECTION – Le figurine Score. Le maglie della EnneDue. Sponsor come Hitachi o JD Farrows. I baffi. Agostino Di Bartolomei. Il poster di Rui Costa. Non c’è argomento più nostalgico del calcio e non c’è calcio più nostalgico di quello del ventesimo secolo, quando ancora il mondo del pallone non era pettinato e tatuato e i calciatori al massimo pubblicizzavano una marca di antifurti. Sì, è vero, se uno è calciofilo, rimane calciofilo per l’eternità, sia che di fronte a sé abbia Vito Chimenti sia che debba commentare un gol di Robinho, però quella specie di morsa che prende quando la mente ricorda i vecchi tempi, ecco, quella non te la toglierà nemmeno il più bel gol segnato ai Mondiali in Qatar. Sembrerà strano ma esisteva un tempo in cui gli arabi nel calcio li comprava solamente il Perugia. Di quell’epoca di pazzi ci manca soprattutto una cosa: la Coppa delle Coppe.

LA COPPA PIU’ BELLA DEL MONDO – Prima che possano partire gli insulti dovete sapere che non si tratta di un dessert ma della competizione dal nome più pomposo che sia mai esistito, pensateci: la Coppa dei Campioni è di rango superiore ma la perifrasi “Coppa delle Coppe” sembra essere il vaso di Pandora delle kermesse, qualcosa che in sé contiene tutta la bellezza che qualsiasi altra competizione non riuscirà mai a sprigionare. Per darvi un’idea, un tempo la vincente della Coppa delle Coppe si garantiva l’accesso alla Supercoppa Europea, mentre per partecipare alla simpatica competizione internazionale che tanto ci piace bastava vincere la coppa nazionale, a meno che la vincitrice del trofeo di lega non avesse già ottenuto la partecipazione alla Coppa dei Campioni, a quel punto l’ammissione toccava alla finalista perdente. La Coppa delle Coppe ha regalato scorci emozionanti, come il Vicenza che gioca a Stamford Bridge o l’Atalanta che dalla B per poco non centra la finale. Storie romantiche di un calcio che purtroppo non c’è più. Dal 1999-2000 (primo anno senza la Coppa Coppe) hanno perso di valore sia la Coppa Italia che la Coppa Uefa/Europa League, quasi una maledizione à la Bela Guttmann.

MALEDETTO STAMFORD BRIDGE – Il dito davanti la bocca, gli occhi spalancati e il cuore in gola. Pasquale Luiso ha appena messo dentro il gol più importante di tutta la sua vita. Il Toro di Sora, così lo chiamano, ha approfittato di una percussione di Zauli e ha scaravantato in rete una palla al bacio. Pasquale si gira verso il tabellone, incredulo: Chelsea 0 – Vicenza 1. E’ il trentaduesimo minuto e Stamford Bridge è il posto più bello dove vivere. Qualche giorno prima una magia di Zauli – di nome Lamberto, conte del pallone – aveva regalato la vittoria ai berici nella gara di andata e il Chelsea al Menti – il Chelsea al Romeo Menti, pazzesco – era stato annichilito dal Vicenza, perché Davide contro Golia è un paragone che non ci stancheremo mai di fare. Tutto bello, tutto splendido, se non fosse che al 35′ di quel Chelsea-Vicenza Poyet fa uno a uno. E poi pam! pam! Zola e Hughes mandano a casa i biancorossi, 3-1 e Blues a Stoccolma, per la finalissima che vinceranno. Il Vicenza finisce lì, ma quella generazione, quella degli Ambrosetti, dei Viviani e degli Otero è ormai da quindici anni fissa nella memoria dei tifosi vicentini. Perdenti ma immortali, perché il calcio è strano Beppe (cit.).

MALINES COMUNE MEZZO GAUDIO – Quando l’Atalanta uscì indenne da Lisbona, tutti pensarono che il miracolo potesse accadere per davvero. Era il 1987-88 e la Dea si era appena qualificata per la semifinale di Coppa delle Coppe. Sembra tutto normale, ma nella stagione precedente gli orobici non solo non avevano vinto la Coppa Italia, bensì erano anche retrocessi. In quel periodo la vera Dea era un uomo e si chiamava Glenn, Glenn Stromberg, biondo come solo le divinità nordiche sanno essere e lottatore come pochi. A Malines l’Atalanta perse 2-1 ma Stromberg segnò una rete che avrebbe dato speranza nei giorni a venire. L’Atleti Azzurri d’Italia era una bolgia, c’era la possibilità di scrivere la storia e la longa manus del destino si è camuffata da Oliviero Garlini, autore del prezioso 1-0 su calcio di rigore. Poi, mezz’ora di gioia. Parita finisce quando arbitro fischia dirà qualche anno dopo Socrate travestito da Vujadin Boskov, quel giorno la partita però finì troppo tardi e ci fu tempo per la rimonta del Malines, due a uno e finale di Strasburgo in saccoccia.

TUTTO MOLTO BELLO – La Coppa delle Coppe era questo, storie che difficilmente riusciremo a vivere ancora: era il Carl Zeiss Jena, era il gol di Nayim da 50 metri, era Minotti-Melli-Cuoghi, era la Lazio in giallo e nero, era l’Anderlecht sul tetto d’Europa. E ora? Ora niente, guardiamo le nostre partite in Tv, ci lamentiamo della mancanza di appeal della Serie A e del calo di tifosi, vediamo la star calcistica di turno che fa da attore per una pubblicità di pelapatate, scorgiamo per strada ragazzini con capelli da codice penale e ci esaltiamo se un giocatore fa una veronica da solo in mezzo al nulla sul 4-0. Per favore, ridateci la Coppa delle Coppe, dai. Se non quello almeno le scarpe della Pantofola d’Oro!

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