2017

Pellissier ha un sogno: «Vorrei vent’anni di Chievo»

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Sergio Pellissier ha deciso il derby di Verona e pensa al futuro: «Smettere? Finché sto dietro ai giovani va bene. A Inglese dico…»

A pranzo con lui. L’eroe del derby di Verona. Che di anni ne ha 38, di cognome fa Pellissier, non pratica diete e ha un solo motto: «Mi godo la vita». Domenica Sergio ha dato la zampata che ha steso l’Hellas. Ai più famosi cugini ha segnato tre volte e domenica ha detto 15, cioè ha fatto gol in tutti i 15 campionati di A giocati con la maglia del Chievo. Eroe normale di una sfida speciale. Come ha festeggiato? «Un aperitivo con mia moglie e poi a cena con amici. Pensi che mia moglie e i miei tre figli non erano allo stadio. Avevano altri impegni, i ragazzi…». Hetemaj dopo il gol si è tolto la fascia e l’ha consegnata a lei. L’arbitro Abisso ha fatto finta di nulla. «Il buon senso serve. Questo è il Chievo, è stato un gesto straordinario, un segno di grande rispetto. Un piacere immenso. Qui si va oltre. Chi sta fuori incita il compagno, c’è gruppo, compattezza, esperienza». E un presidente, Luca Campedelli, diverso da tutti gli altri, quasi un alieno, come conferma Pellissier a “La Gazzetta dello Sport”: «Lui è molto particolare, ma è alla buona, generoso. Soffre per il Chievo, vive per il suo bene e non per fare business».

FUTURO E PRESENTE – A giugno le scade il contratto. Arrivò nel 2000, prima del prestito alla Spal, quali sono le sue intenzioni? Il presidente venerdì ci ha detto che la vuole ancora in campo. «Il sogno è arrivare a 20 anni di Chievo, da calciatore. Quindi supererei i 40. Ma bisogna ragionare anno per anno. Io ho Oscar Damiani come agente da quando avevo 14 anni, ma ormai mi gestisco quasi da solo». Come sta? «L’età conta, fai sempre più fatica, ma se vedo che sto dietro a quelli più giovani non vedo perché dovrei smettere». Il gps che dice? «Che corro come un attaccante. Il presidente spera sempre che io stia fermo per prendermi in giro, cerco di evitare». Ora il perno del vostro attacco è Inglese, che è del Napoli. Gli consiglia di andarci già a gennaio? «No. Lui per me deve giocare. Più gioca e più migliora. È forte, deve solo correre meno e pensare più a far gol». Siete molto avanti rispetto a chi deve lottare per non morire. «La forza in uno sport di squadra non è nei singoli. Mixiamo quantità e qualità, che abbiamo in due giocatori come Castro e Birsa. Poi pochi parlano di Radovanovic, ma lui fa tutto il lavoro sporco. È forte. E poi tutti qui sanno a cosa si va incontro con una retrocessione e da tre anni siamo gli stessi». Ora arriva il Milan. Birsa ci giocava… È da Milan? «Potrebbe giocarci ancora e bene. Lui e Castro hanno il cambio di gioco, sanno risolvere».

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