2017

Pavoletti, nessun rimpianto: «Zero rancori a Napoli. A Cagliari…»

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Leonardo Pavoletti è felice di esser ripartito da Cagliari: «Nella vita, ogni tanto, c’è il bisogno di cambiare. Da tempo volevo venire qui»

Leonardo Pavoletti e un gol decisivo: da quanto tempo i due non si incontravano. Eppure è successo contro il Benevento, con la rete del centravanti decisiva per i tre punti. A “La Gazzetta dello Sport”, l’attaccante ha parlato del suo arrivo a Cagliari e di come potesse già concretizzarsi tre anni prima: «C’era l’ok di Zeman, il Cagliari aveva bloccato il volo, con tanto di aperitivo con gli amici di Livorno per salutarli prima del ritiro. Poi ci sono state complicazioni con il Sassuolo. Anche a gennaio doveva succedere, ma ci battono con gol di Cop e salta tutto. Era destino? Non so, ma ho sempre sperato di venire qui. Il Cagliari è il primo club che mi ha preso con un contratto di cinque anni e per fare il titolare: la stabilità era quello che cercavo».

SFIDA AGLI EX – Un operaio del gol, come si è auto-definito una volta lo stesso Pavoletti: «Dovremmo esserlo tutti, a parte Cristiano Ronaldo e Leo Messi. Io mi considero un calciatore anomalo. Ho fatto un sacco di gavetta, e conta». A Napoli, però, non è andata come sperava: «Vedo il Napoli e penso che è uno spettacolo. Zero rancori: ci abbiamo provato. Magari si poteva provare di più, ma non ho preso il treno giusto: ero un po’ un pesce fuor d’acqua, tempi di gioco, velocità e tecnica non erano per me, non era il gioco per valorizzare le mie caratteristiche». Domani c’è la sfida al Toro, con diversi ex Genoa da affrontare: «Li ho incrociati tutti. Burdisso è stato quello che mi è stato più vicino. Rincon è il contrario di come lo si vede: buono come il pane. Purtroppo è stato un peccato giocare poco con Iago: la perfezione dei movimenti».

DIGIUNO E NAZIONALE – Al di là dell’avventura a Napoli, forse era tempo di cambiare: «Non sono un tipo deciso: a volte lascio che le cose succedano. Quando andai a Napoli, anche se avevo detto che non l’avrei fatto, fu perché il cuore mi chiese aria nuova. Una cosa l’ho imparata: mai fare promesse quando si è felici». Ci è voluto tempo per tornare al gol. Ben 326 giorni: «Quasi un anno, un sacco di tempo. Non è stato un peso tremendo, sono più gli altri a metterti pressione: tu pensi a fare il bene della squadra. Solo ultimamente ho pensato al mio digiuno: era una sfida con me stesso, cercando soluzioni. Poi ho segnato al Genoa e tutto è passato». Si chiude con il sogno nazionale, già accarezzato al Genoa: «Non so se è vero che non c’è due senza tre, ma di Mondiali in tivù ne ho visti abbastanza. Non succede, ma se succede… i conti però si fanno a maggio».

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