2016

Partita la “guerra” azionaria per il controllo di Rcs

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Dopo il no arrivato da Mediobanca all’offerta di Cairo, arrivano le contromosse studiate dal patron del Torino

È arrivata subito la prima risposta all’offerta lanciata, venerdì sera, da Urbano Cairo per acquisire Rcs: Mediobanca non aderirà. Non è una posizione ufficiale ma è trapelata, secondo quanto riportato da Il Giornale, dalle persone più vicine ad Alberto Nagel, l’amministratore delegato della banca che detiene il 9.9% di Rcs, facendolo, dopo l’uscita della Fiat, l’azionista cardine del gruppo editoriale che controlla, tra gli altri, il Corriere della Sera.

LE POSIZIONE – Il no arrivato da Mediobanca deriva da una immediata valutazione dell’offerta, giudicata «non congrura né per l’equity né per il debito», ovvero che Cairo offre troppo poco e pone condizione sfavorevoli per la banca. La posizione di Mediobanca è stata apprezzata anche dagli altri azionisti stroici di Rcs come Marco Tronchetti Provera, numero uno di Pirelli, e dal gruppo Unipol, entrambi detentori di un 4.5%, circa, di quote di Rcs. Analoga è la posizione di Diego Della Valle, che ha in mano il 7.3% di Rcs. I quattro si sono sentiti e consultati e, sembra che, si siano anche incontrati per studiare possibili contromosse da attuare, ma su questo mancano conferme. La cosa sicura è stata la condivisione totale della posizione assunta da Mediobanca sia sull’offerta troppo bassa sia sui dubbi legati alla valenza industriale del consolidamento di Rcs in Cairo Communications, un gruppo che vale la metà di Rizzoli. I quattro arrivano insieme, sommato il 2.7% di Rotelli, al 30 per cento delle azioni di Rcs. Questo potrebbe far pensare che il no dato a Cairo, sia in realtà di “sistema”: non fare entrare un imprenditore che è fuori dai giochi di Rcs.

IL TITOLO – Dietro le posizione ufficiali si ha una guerra intestina. Cairo è legato a doppiofilo con Intesa, che detiene già il 4.1% di Rcs, ma soprattutto una fetta decisiva dei 500 milioni di crediti del gruppo. Intesa è legata anche con Ubi, e le due banche hanno crediti verso Rcs per 350 milioni, mentre Mediobanca arriva a 120 milioni, solo grazie al suo socio Unicredit. Gli altri istituti di credito, Bipiemme e Bnl, sono, invece, “sul mercato”. Ma, l’offerta di Cairo non sembra poi così incongrua perché il gruppo Rcs non è quel gioellino che voglio far apparire i “vecchi” soci. Il titolo Rcs vale, dopo il balzo di venerdì, 0.45 euro, è sotto, nel valore, del 90% negli ultimi tre anni e del 96% negli ultimi 10. Tutto questo al netto del mezzo miliardo di nuovi capitali arrivati tra aumenti di capitale e risparmi, di un altro mezzo arrivato dalle vendite e di un altro mezzo residuo dai prestiti bancari. Ma questo miliardo e mezzo non ha arginato il bilancio che, negli ultimi cinque anni, ha accumulato 1.25 miliardi di perdite.

L’OFFERTA – Di fronte a questi numeri l’offerta di Cairo valorizzerebbe Rcs di quasi 700 milioni, più o meno il doppio di quanto vale il gruppo editoriale l’Espresso. L’ops di Cairo può apparire anche molto generosa, invece che incongrua, ma questo dipenderà da cosa vorranno fare gli altri soci. Cosa succederà ora? Cairo vincerà se otterrà più del 50% di Rcs, partendo dal suo 4.7% più il 4.1 di Intesa. Gli mancherà quindi circa il 41.2% da trovare sul mercato, dove si trova il 16.7% del gruppo Fiat, che da qui a pochi giorni finirà in vendita in borsa. La guerra per il controllo di Rcs è partita a suon di azioni.

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