Hanno Detto
Pagliuca: «Rigore parato a Matthaus? Lo studiai bene. Vi dico il difensore più forte con cui giocai»
Inter Sampdoria, Pagliuca ricorda il match che valse una fetta del primo Scudetto blucerchiato: le dichiarazioni dell’ex portiere
Gianluca Pagliuca, sulle pagine de La Repubblica, ricorda Inter–Sampdoria del campionato 1990/91. La partita che valse una fetta di scudetto raccontata dall’ex portiere blucerchiato: le sue dichiarazioni.
INTER-SAMPDORIA – «Io in serie A ho giocato 592 partite, ne avrei di cose da raccontare. Ma quella è la Partita, come quello è il 5 maggio e quello, per me e per la Sampdoria, è l’anno, il 1991, la stagione per eccellenza. Tutto con l’articolo davanti, simbolo di unicità. Quella sfida all’Inter è la gara che più mi ha emozionato, che più mi è rimasta nel cuore. L’incontro che mi ha fatto conoscere l’estasi. Di quei 90 minuti ricordo tutto. E i giorni prima, le battute e le minacce con gli interisti, soprattutto con Berti, che dopo abbiamo sfottuto un sacco. Vigilia di fuoco, visto che con molti eravamo assieme in nazionale. E i momenti dopo: quando l’arbitro ha fischiato e ci siamo resi conto di aver vinto e che avevamo in mano lo scudetto. Il primo, un tricolore storico».
RIGORE – «Tutti ricordano il rigore respinto a Matthaus, è normale, è stata una prodezza scudetto, anche se la parata più bella dell’anno la feci contro il Parma, su un colpo di testa di Grun. Avevo studiato bene Matthaus, sapevo che tirava forte al centro oppure che incrociava. Così sono rimasto fermo sino all’ultimo e ho respinto: però che cannonata, la presi con il petto, mi ruppe la catenina che mi aveva regalato mia mamma».
CATENINA – «Sì, spezzata di netto. Rimase sul prato, la misi in un angolo e, per fortuna, a fine partita, prima di consegnarmi al delirio, alla festa con i tifosi, mi ricordai di prenderla. Guai se me la fossi dimenticata, giorni dopo ne avrei trovate due…».
INTER – «Di quella partita dovrebbero fare un film e io potrei fare lo sceneggiatore: ricordo ogni attimo. Anche perchè ogni 5 maggio la rivivo nella mente. Per esempio, la respinta: la palla è rimasta lì, Matthaus si è avventato come un demonio, io ci ho messo il gambone e lui ha concluso fuori. Ad un centimetro dal palo, ma fuori. Fosse l’unico spavento: loro attaccavano, lo hanno fatto per tutta la partita, ma noi reggevamo. Eravamo dei fenomeni. E micidiali in contropiede».
DOSSENA E VIALLI – «Beppe ha realizzato un gol d’intelligenza, del resto è sempre stato un professore, dentro e fuori dal campo, di tattica e di tecnica. Si è accentrato, ha finto il passaggio e ha tirato in porta, beffando Zenga sul suo palo. Lui ci porta in vantaggio, poi io paro il rigore e poi su lancio di Mannini, evidenziamolo, non un rinvio, un passaggio di Moreno, Vialli mette la ciliegina. Fa sedere Ferri, scarta Zenga, infila a porta vuota e poi fa la capriola. Ricordo Zenga che corre come un matto verso il guardalinee: a fine partita gli ho detto, ma cosa avevi da protestare? E lui: niente, facevo un po’ di scena».
RECRIMINAZIONI INTER – «Trent’anni dopo si può dire, sullo zero a zero il gol di Klinsmann era regolare, fuorigioco inesistente. Il rigore è stato fischiato per fallo di Cerezo su Berti: ce n’era un altro di Vierchowod su Stringara. Giusto così, era il nostro anno, nessuno poteva portarci via quella gioia. Ogni anno si vinceva qualcosa, nell’88 e nell’89 la Coppa Italia, nel ’90 la Coppa Coppe, lo scudetto del ‘91 era il naturale epilogo».
EPISODIO OMBRELLO – «Un male cane, al gomito. Ho sentito una scossa fortissima. L’arbitro mi ha detto, se la sente di continuare? E io: certo. Tanto è vero che ho fatto ancora due parate. Doveva essere un memorabile trionfo sul campo, altro che vittoria a tavolino».
VIERCHOWOD – «Quante liti, quante botte ci siamo dati. Però me la fa dire una cosa? Il più forte difensore con cui abbia mai giocato. Immenso».