2015
Ora un allenatore da Milan
La crisi del Milan nel confronto con i monte-ingaggi: nessuno peggio del Diavolo, dubbi sulla scelta Inzaghi
Questa la classifica della Serie A 2014-15 in termini di monte ingaggi complessivo: 1) Juventus, 2) Roma, 3) Milan, 4) Inter, 5) Napoli, 6) Fiorentina, 7) Lazio, 8) Palermo, 9) Sampdoria, 10) Sassuolo, 11) Genoa, 12) Torino, 13) Udinese, 14) Atalanta, 15) Parma, 16) Verona, 17) Chievo, 18) Cagliari, 19) Cesena, 20) Empoli.
CONFRONTO CON CLASSIFICA REALE – Questa invece l’attuale classifica della Serie A espressa dai risultati del campo e gli scarti netti in relazione al monte ingaggi: 1) Juventus [=], 2) Roma [=], 3) Napoli [+2], 4) Fiorentina [+2], 5) Lazio [+2], 6) Genoa [+5] e Sampdoria [+3], 8) Palermo [=], 9) Inter [-5] e Torino [+3], 11) Milan [-8], 12) Sassuolo [-2], 13) Udinese [=], 14) Empoli [+6], Chievo [+3] e Verona [+2], 17) Atalanta [-3], 18) Cagliari [=], 19) Cesena [=], 20) Parma [-5]. Il monte ingaggi è la somma degli stipendi complessivi della squadra e dunque potenziale indice di valore dell’organico: chi fa segnare lo scarto positivo maggiore è l’Empoli di Sarri – ben sei le posizioni scalate – mentre il saldo netto negativo spetta al Milan, che paga i suoi calciatori meno soltanto di Juventus e Roma ma che si trova all’undicesimo posto della nostra Serie A.
LE CAUSE – Cosa si cela dietro questo preoccupante aspetto? Perché i calciatori del Milan guadagnano più di tutti – fatta eccezione per Juventus e Roma – ma si ritrovano nella seconda metà della classifica? Prima di gettare la croce sull’allenatore è opportuno specificare come, probabilmente, parte delle responsabilità debba essere assegnata ad una gestione non più illuminata come un tempo: alcune pedine sono evidentemente retribuite oltre i meriti del proprio rendimento – basti pensare ad esempio ai 4 milioni di euro riconosciuti a Mexes, ai 2.5 a Muntari ed Essien o agli stessi 3.5 di Montolivo e De Jong (tra i meno peggio, s’intende) – ed è questo un fattore che esonera parzialmente la guida tecnica dalla ripartizione dell’inefficienza. Oltre ad un’infermeria inspiegabilmente piena oramai da anni. Il parzialmente però va sottolineato: al netto della doverosa e dettagliata premessa, risulta impensabile ritrovarsi questo Milan con questo organico all’undicesimo posto del torneo dietro realtà dal calibro oggettivamente inferiore quali Torino, Palermo e le doriane.
L’INEFFICACIA DI INZAGHI – Sì, il resto lo ha fatto lui: dopo oltre mezza stagione nessuno ha ancora compreso come il Milan intenda schierarsi in campo, quale la sua idea e proposta calcistica, quali le contromisure per arginare gli avversari e quale la linea guida in un’ottica non solo di breve ma di medio periodo. Anche il livello della comunicazione appare troppo debole: perché ad esempio – nella conferenza stampa di presentazione a Milan-Empoli – affermare di poter vincere tutte le sedici gare restanti quando sei bene a conoscenza dei limiti del tuo gruppo? La sensazione forte è quella che le stia provando tutte senza però una vera consapevolezza della vicenda. E qui rientrano in scena dirigenza e proprietà: perché – dopo l’harakiri Seedorf – scegliere ancora un allenatore alle primissime armi? Da uno che neanche aveva iniziato a fare il tecnico ad un altro che senza gavetta si ritrova precipitato sulla gloriosa panchina del Milan. Che ai suoi tempi sia andata bene con Capello – mentre Sacchi prima di approdare in rossonero aveva allenato tre anni in C ed uno in B con Rimini e Parma – e che nel recente passato si siano avverati fenomeni alla Guardiola non sta a significare che ogni tentativo vada a buon fine. Salvare il salvabile da qui al termine della stagione, poi per ripartire davvero il Diavolo avrà bisogno di un allenatore. Esperto, consolidato, vero.