2014

Okaka: «Solo Cassano credeva in me»

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L’attaccante della Sampdoria tra retroscena e ricordi

Convinto che sarebbe stato più considerato se fosse stato bianco, perché un nero deve sempre dare qualcosa di più, Stefano Okaka si è raccontato ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, per cui ha trattato temi molto cari e delicati, come quello del rapporto con la sua famiglia e con le sue origini: «Mi sento totalmente italiano, quando a maggio e poi ancora 20 giorni fa mi hanno telefonato per propormi di giocare per la Nigeria ho detto no perché non lo sentivo “naturale”, come poi invece è successo quando mi ha chiamato Conte per l’Italia. Però il mio passato in fondo è là e io oggi sono come un albero che non conosce le sue radici: invece bisogna sapere da dove si viene, ho il bisogno e non solo il piacere di conoscere quella terra e l’altra parte della mia famiglia», ha spiegato l’attaccante della Sampdoria, che in campo poi si trasforma, diventando una bestia pronta a sbranare gli avversari, precedentemente studiati. E nel mirino finiscono anche gli arbitri: «Con loro è un’altra cosa: non li odio, li sfinisco. Parlo in continuazione, discuto, contesto: lo ammetto, io Okaka non lo vorrei arbitrare mai».

RAZZISMO – Rievocando il passato, Okaka ha poi raccontato di alcuni episodi di razzismo nei suoi confronti: «Nessuno ci ha fatto mai pesare il colore della pelle. A Cittadella sì, quando andavo a scuola: più che il fatto di essere nero, il mio secondo nome, Chuka, che vuol dire “Dio al di sopra di ogni cosa”. Non li picchiavo perché gli avrei fatto male ma un po’ ci soffrivo, poi l’anno dopo quando ero alla Roma gli stessi compagni che mi avevano preso in giro mi chiedevano l’amicizia su Facebook: col cavolo, per me erano morti».

MOMENTI BUI – Per Okaka è stato difficile costruire amicizie vere, ma tra queste c’è quella di Antonio Cassano, conosciuto ai tempi del Parma: «Era l’unico a credere in me e a proteggermi, perché aveva il peso per farlo. Mi diceva sempre: “L’acqua che sta in cielo prima o poi scende, e poi scende forte”. Ora che ci penso, Antonio potrebbe fare il meteorologo». E a proposito dell’esperienza al Parma, l’attaccante blucerchiato si è tolto qualche sassolino dalle scarpe: «Parma, Leonardi e Donadoni. Mi vogliono e poi mi mandano a Spezia inspiegabilmente, che vuol dire anche senza spiegazioni. Poi torno e mi fanno allenare sempre da solo, senza spiegarmi mai nulla. Oggi devo dirgli soltanto grazie perché altrimenti non sarei alla Samp, però a quei tempi ero arrivato a dirmi che il calcio non era la mia strada».

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