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Oggi abbiamo scoperto una cosa nuova di Francesco Totti – VIDEO
C’è una nuova cosa che l’intervista di Francesco Totti al Corriere della Sera ci ha permesso di scoprire sul mondo dei numeri 10
Che numero 10 è stato Francesco Totti? Il tema lo ha riproposto la ricca intervista al giocatore simbolo della Roma realizzata oggi da Walter Veltroni sul Corriere della Sera. Ed è assolutamente significativo di quanta indeterminatezza o complessità ci sia nel definire il numero più magico del calcio che lui stesso si colloca in una categoria mobile: «Io ero un falso nove. No, in verità ero un misto. Non ho mai fatto la prima punta. L’intuizione di Spalletti è stata quella di inventare, con il mio ruolo, una figura di calciatore moderno. Un numero nove che diventava la fonte del gioco dalla trequarti in avanti. Avevo doti fisiche, andavo incontro alla palla e aprivo per Mancini, Perrotta, Taddei. Oppure, davanti alla porta, riuscivo a tirare e segnare. Ero imprevedibile. Per le mie caratteristiche tecniche, ma anche per il ruolo che Luciano si inventò. Forse sono stato un prototipo di numero dieci moderno». L’importante, per riuscire a incarnare la figura del 10, è il possesso di alcuni requisiti, doti che non possono mancare: «Tecnica, ovviamente. Ma soprattutto la velocità di testa. Se tu capisci le cose prima degli altri, se vedi i movimenti dei compagni di squadra, se tocchi la palla una volta meno del necessario, tu hai già fatto il tuo, da numero dieci. Direi che questa è la caratteristica: vedere prima e fare prima. Io ero fortunato perché avevo Perrotta, Delvecchio, Di Francesco che sapevano e capivano come giocavo io e, a loro volta, sapevano dove avrei messo la palla. Lo sapevano prima, anche loro. Se uno ha talento, cioè anticipa il normale, tutta la squadra gira più veloce».
Oltre ai piedi, quindi, c’è il pensiero, fonte primaria di quel che poi spesso associamo al termine “genio”, anche per come si esplicita nella creatività. Si possono codificare tante cose, ma nella mente c’è una risorsa infinita per trovare la libertà di essere originali. L’essenza del calcio, per quelli come Totti e per tutti coloro che continuano ad amare quelli come lui. Che però, proprio secondo Francesco, non ci sono più: «Si è estinto, quel ruolo. E infatti non trovo una squadra che mi entusiasmi». Quasi un decennio fa, Pep Guardiola, l’allenatore che più ha cambiato questo sport (ma nessuno gli potrà imputare di avere “ucciso” i numeri 10. O no?) fece un grande riconoscimento a Totti, che faceva di tutto per non mollare: «Non è facile essere determinante a 38 anni. La gente si stufa di tutto e se lui gioca è perché gli piace ancora. Mi auguro che continui finché non si annoierà, perché è strepitoso». C’era il divertimento, certo, ma anche la sofferenza della paura per il dopo carriera, come avrebbe poi confessato il giorno dell’addio. Forse oggi abbiamo scoperto che in quell’ostinazione c’era anche la consapevolezza dolorosa che con lui finiva il mondo dei numeri 10. Che è qualcosa che va oltre se stessi, è proprio la fine del mondo.