Thomas Nkono: «Sono stato il primo portiere africano in Europa, mi dicevano che dovevo accettare il razzismo. A Italia '90 battemmo Maradona perché cantavamo meglio...»
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Thomas Nkono: «Sono stato il primo portiere africano in Europa, mi dicevano che dovevo accettare il razzismo. A Italia ’90 battemmo Maradona perché cantavamo meglio…»

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Le parole di Thomas Nkono, ex portiere della nazionale del Camerun, sui suoi ricordi legati al mondo del calcio. Tutti i dettagli

Thomas Nkono è stato il portiere del Camerun del 1982, la squadra africana affrontata dall’Italia nel girone e con la quale gli azzurri hanno impattato 1-1. Un mito vero, che ha ispirato rappresentanti del ruolo dopo di lui. A La Gazzetta dello Sport ha raccontato la sua storia.

LE ORIGINI«Sono nato a Dizangué, una cittadina con tanta acqua, tra il Lago Ossa, il più grande del Camerun, e il fiume Sanaga. Ottavo di nove figli».
NON ERA FACILE FARSI NOTARE«No. Io giocavo a calcio, come tutti. Per strada, dove capitava. Facevo l’attaccante, ero grosso e potente. Un giorno mancava il portiere e mio fratello mi disse di andare in porta. Al tempo si faceva quello che dicevano i fratelli grandi. Era una partita importante in paese, e parai tutto. Alla fine i vecchi venivano a darmi soldi per ringraziarmi».
INIZIA A FARE SUL SERIO«Sì, ma relativamente. Mi allenavo da solo, facevo le trazioni sulla traversa, gli addominali per terra e i salti dove capitava. Finché, andando avanti veloce, firmo col Canon di Yaoundé, un colosso africano al tempo, e incontro Vladimir Beara».
L’ESPANYOL«Mi chiamarono a New York a giocare col Resto del mondo. Mi avvicinò un agente e da lì volai direttamente in Spagna. In Liga c’erano solo due stranieri e per dare un posto a un portiere africano doveva essere davvero un fenomeno. Sono stato il primo nel mio ruolo ad arrivare in Europa, e mica era facile vivere qui. Lingua, clima, abitudini…»
IL RAZZISMO «Quello era parte del pacchetto: “È il prezzo che devi pagare” mi dicevano con totale tranquillità. Come se fosse incluso nell’opportunità che l’Europa aveva dato a un portiere africano. Me ne dicevano di ogni, e io ho imparato a farmi scivolare addosso tutto. Quando tanti anni dopo ho vissuto la stessa storia con Carlos Kameni, portiere camerunese che ho avuto qui all’Espanyol, gli dicevo sempre: “Carlos non permettere agli altri di rovinare il tuo sogno e la tua vita, è ciò che vogliono, non dargli questa soddisfazione”».
ITALIA ’90: ARGENTINA-CAMERUN «La vinciamo prima di iniziare. Visto che c’era la cerimonia inaugurale ci avevano fatto scaldare dentro, in uno stanzone. Eravamo lì e gli argentini cominciarono a cantare. Ci guardammo, stupiti. Il canto e il calcio in Africa sono una cosa sola. Attaccammo noi e tempo 5-10 minuti loro se ne andarono. Li avevamo sovrastati, distrutti».

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