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Nino D’Angelo: «Spalletti, il malinconico più felice del mondo»

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Nino D’Angelo è uno dei cantori dello scudetto del Napoli. E non è un modo di dire, perché negli anni ’80 erano i suoi pezzi a fare da colonna sonora alle gesta di Maradona

Nino D’Angelo è uno dei cantori dello scudetto del Napoli. E non è un modo di dire, perché negli anni ’80 erano i suoi pezzi a fare da colonna sonora alle gesta di Maradona. Dall’epoca il suo stile musicale è cambiato profondamente, non l’amore verso il club. A La Gazzetta dello Sport ha raccontato questi giorni e i suoi desideri per il futuro azzurro.

QUANDO SI E’ CAPITO CHE AVREBBE VINTO – «Dopo la sconfitta contro l’Inter: se avessimo perso di nuovo, sarebbe stata la fine. E, invece, siamo ripartiti subito: mentre gli altri perdevano punti, questa squadra vinceva e giocava bene. Giocava bene e vinceva. E alla fine è arrivata questa emozione che ti avvolge. Pensate cosa significhi per me sentire il Maradona cantare il mio Napoli, Napoli che era la colonna sonora pure degli altri due scudetti. Non è ufficialmente l’inno del club, ma è come se lo fosse nei fatti. Sono momenti che ricorderemo per sempre, quelli in cui tutta la vita ti passa davanti».

SPALLETTI NON SE LO GODE – «Se devo cantare la sera dopo, forse, non mi godo un concerto neanche io. E magari Spalletti stava già pensando alla prossima stagione. Sarà stato un po’ malinconico pensando anche lui al proprio passato, ma per me a Udine era pure l’uomo più felice del mondo. Luciano è il vero uomo in più del Napoli. É un padre severo ma giusto, un uomo di grandi principi. Recita quando fa il cattivo perché ha sentimenti che preferisce tenere per sé. Si è mostrato nella sua umanità quando ha pianto ricordando il fratello».

FRECCIATA A DE LAURENTIIS – «Allenatore e presidente devono state insieme ad ogni costo perché si può aprire un ciclo. Questo non è un fuoco di paglia, ma non bisognerebbe cambiare niente! Se Spalletti pensa che non si possa fare di più, si ricordi della Champions: è un traguardo possibile, quest’anno è mancato pochissimo».

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