2020
Roggero (Sky): «Il Grande Torino, una tragedia anche a livello sociale» – ESCLUSIVA
Il 4 maggio è una data particolare per tutti gli appassionati di calcio, non per i granata: Nicola Roggero ci fornisce la sua visione
Nicola Roggero, giornalista di Sky Sport esperto di Premier League, atletica e football americano, è intervenuto in esclusiva ai nostri microfoni in occasione della commemorazione del Grande Torino, caduto il 4 maggio 1949 nel tragico incidente sulla collina di Superga.
Si commemora oggi la memoria del Grande Torino, scomparso il 4 maggio 1949 nel disastro aereo di Superga. Un avvenimento davvero epocale per la portata umana e sportiva. Ovviamente lei per la differenza di anni non ne ha ricordo diretto, ma cosa evoca in lei questo avvenimento?
«Posso raccontare della prima volta in cui ho preso atto di questa tragedia che poi è uscita dai confini dello sport ed è entrata nelle dimensioni della storia di questo Paese. Quando ero bambino, nel 1974 c’era una trasmissione che si chiamava Dribbling, che c’è tuttora ma sotto varie forme. All’epoca andava in onda alle 7 di sera di sabato e la conduceva Nando Martellini. Quell’anno il 4 maggio cadeva di sabato e Martellini annunciò che 25 anni prima a quell’ora l’Italia venne a sapere della tragedia del Grande Torino. Io per la prima volta riuscii a collocare nel tempo questo fatto che per me significava una grande squadra che era venuta a mancare in un incidente aereo; fino a quel momento non riuscivo a collocarla nel tempo, ci fu un servizio con le testimonianze con alcuni figli dei calciatori che nel frattempo erano diventati adulti ed io presi coscienza di quello che era stato quella tragedia non soltanto nello sport, ma anche per il Paese visto anche che ci si muoveva nell’immediato dopoguerra in un momento di straordinaria difficoltà».
Una squadra davvero leggendara: pensare che nel 1947 il c.t. della Nazionale Vittorio Pozzo schierò in campo 10 giocatori del Torino su 11 totali, ad eccezione del portiere Sentimenti IV della Juventus.
«Questo primato è diventato imbattibile, dato che oggi le squadre hanno molti giocatori stranieri, quindi è destinato a restare per sempre con questa squadra che era composta interamente da giocatori di movimento del Torino ad eccezione di Sentimenti IV, portiere della Juventus, che era stato scelto al posto di Bagicalupo. Questa particolare evenienza dava anche la dimensione della forza di quella squadra non soltanto in campo nazionale. Quella partita fu giocata contro l’Ungheria e l’Italia vinse 3-2 contro quella squadra che aveva già Puskas tra le sue fila, una Nazionale che negli anni ’50 avrebbe dominato il calcio. Dava anche una dimensione internazionale del Torino».
Pensare che il Grande Torino stava tornando dalla partita di esibizione contro il Benfica per salutare Franciso Ferreira. Un gesto di solidarietà trasformatosi in tragedia.
«Francisco Ferreira aveva incontrato Valentino Mazzola in un’amichevole a Genova tra Italia e Portogallo e gli detto aveva che a fine anno avrebbe abbandonato il calcio… non è molto chiara questa vicenda. Il Benfica organizzò un’amichevole per lui e allora Ferreira chiese a Valentino Mazzola che l’avversario in quella circostanza fosse il Torino. Riuscirono ad organizzare questa trasferta con il presidente Ferruccio Novo che era contrario perché ad inizio maggio del 1949 non era ancora finito il campionato, mancavano 4 partite, però il Torino con il pareggio a San Siro contro l’Inter era riuscito ad assicurarsi quattro punti di vantaggio che sostanzialmente volevano dire riconferma del titolo. Quindi Novo diede il suo consenso alla trasferta, che poi risultò fatale al Grande Torino. Questo ancora una volta conferma quanto il Torino fosse noto: in Portogallo, allora dominato dalla dittatura di Salazar nazione chiusa al resto d’Europa isolata geograficamente e politicamente, il nome del Torino si era fatto strada a testimonianza di quanto questa squadra fosse amata in Italia e nel resto del mondo. Questo ha segnato una sorta di gemellaggio che c’è stato poi tra Benfica e Torino, con giocatori dei portoghesi che sono venuti a Superga per commemorare il 4 maggio ed il ricordo di quella partita».
La comemmorazione del 4 maggio sarà diversa quest’anno, per le restrizioni dovute all’emegenza Coronavirus. Cambierà qualcosa a livello emotivo?
«Sono le necessità di oggi, ci sarà una commemorazione diversa. Al di là del fatto che ci sia o meno una presenza fisica al Colle di Superga, cambia poco il sentimento che si deve avere verso una vicenda che ha toccato questo paese, come altre vicende di sport. Ad esempio nello stesso periodo c’era il dominio del ciclismo con Coppi e Bartali, le Olimpiadi di Londra a cui l’Italia non doveva essere ammessa in quanto paese belligerante, e gli azzurri che fecero una grande Olimpiade soprattutto con Consolini, ma anche con la squadra della pallanuoto, furono segni di rinascita. Ecco perché quella tragedia è rimasta nella storia come un momento particolare a livello sociale».
Si associa spesso questa tragedia a quella similare del Manchester United di Busby, anche se quella era una squadra di diversa caratura.
«Sono due episodi molto simili, una tragedia che fu differente solo per il numero delle vittime, con lo United che perse otto calciatori, mentre altri due non avrebbero più giocato. Rimase in vita Matt Busby che era il leggendario manager e altri giocatori come Bobby Charlton, quindi riuscirono subito a ricostruire una squadra anzi, a differenza del Torino, è rimasta competitiva a livelli assoluti sia in Inghilterra che a livello internazionale. Una tragedia simile però perché l’Inghilterra, sebbene potenza vincitrice, non era uscita dalle difficoltà della guerra, un Paese lacerato anche dai bombardamenti tedeschi e da una terrificante crisi economica. Vedere il Manchester United con quei ragazzi molto giovani, i mitici Busby Babes – che tra l’altro erano stati componenti della prima squadra inglese che aveva affrontato le coppe europee poiché la Lega inglese era contraria a questa partecipazione – andare all’estero e morire in un incidente aereo fu davvero scioccante».
Torino una città da questo punto di vista sfortunata: i granata ricordano anche la morte di Meroni; dalla parte bianconera su tutte la tragedia dell’Heysel.
«In casa Juve metterei soprattutto Scirea, che è stato uno dei più grandi campioni non solo per quello che ha fatto sul campo, ma anche per il suo comportamento esemplare. Il Torino tocca di più perché sembra una squadra che si incroci continuamente con il destino, non a caso ha per distacco la maggior letteratura possibile, con libri sul Grande Torino, su Meroni, poi anche sul rapporto particolare di chi è appassionato di questo club con i giocatori in campo. Dà sempre l’impressione il Torino di essere una squadra che va oltre il semplice risultato, che abbia dei valori che in qualche modo la distinguono dagli altri club, con giocatori che sono diventati anche scrittori, penso ad esempio a Pecci che ha scritto dei libri bellissimi proprio con i granata al centro dell’attenzione. Incide forse anche il fatto che il Torino rappresenti quella parte di città che in un certo senso si contrappone al potere, perché dall’altra parte c’è la Juventus che è la squadra più forte, più ricca e sicuramente più potente poiché è di proprietà della famiglia imprenditoriale italiana per eccellenza. Proprio questo ha generato quella passione particolare: la consapevolezza di essere dalla parte dei più deboli ha unito tutti quelli che hanno a cuore il Torino».
Domenico Beccaria, il presidente del Museo del Grande Torino e della Leggenda Granata, ha rilanciato l’idea di giocare al Filadelfia, qualora riprendesse la Serie A, ovviamente senza tifosi.
«Non avevo sentito parlare di questa possibile iniziativa, non so nemmeno se il campo sia omologato il campo per giocare ma presumo di sì. Sarebbe una bella idea, visto che comunque non c’è il calore del pubblico, non c’è la possibilità di avere tante persone allo stadio, tanto vale giocare in un impianto che abbia qualcosa di molto significativo, sarebbe un episodio che rimarrebbe certo negli annali, il fatto che il Torino giocasse le partite che rimangono in stagione al Filadelfia, sarebbe certamente da ricordare».