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Nessuno ha l’entusiasmo del Napoli. Lo scudetto non spiega tutto
L’analisi sul Napoli della prossima stagione in Serie A dopo lo scudetto e il cambio in panchina tra Spalletti e Garcia
Certo, se si vince uno scudetto epocale com’è successo al Napoli, è normale che l’onda lunga dell’impresa si riverberi fino all’inizio del ritiro e vada anche molto oltre. Però, c’è qualcosa di più nell’entusiasmo che si sta registrando in questi giorni a Dimaro, riassunto perfettamente nell’attacco del pezzo di Maurizio Nicita su La Gazzetta dello Sport, che propone il miracoloso paradosso geografico che si è finito per creare: «Val di Sole, provincia di Napoli». Non era così scontato: perché in fondo da quella festa tricolore a oggi un po’ di cose sono successe e gli addii non sono stati banali: via Spalletti, Giuntoli, Kim Min-jae. Elementi costitutivi della scorsa stagione che non ci saranno più e una campagna acquisti, per ora, ferma al palo. Eppure, nessuna piazza sta vivendo la stessa euforia. Proviamo a ipotizzarne qualche ragione.
1) Il Napoli si sente in vantaggio. Tenendo conto dei sommovimenti altrove e delle polemiche conseguenti, è certamente giustificata la sensazione che altrove si abbiano problemi più intricati da risolvere di quelli vissuti in casa dei campioni d’Italia. Di conseguenza, essere favoriti non è un peso, ma una condizione di privilegio da viversi con grande soddisfazione.
2) La leadership di De Laurentiis. Solo poco tempo fa il presidente aveva dovuto firmare una pace con parte della tifoseria. Oggi, con l’uscita di scena anche di un catalizzatore come il precedente allenatore, è più che mai il numero 1, capace da “politico” di annunciare una data per annunciare il programma e gli obiettivi: «Con mister Garcia, alla fine del ritiro di Castel di Sangro il 12 agosto, di diremo a cosa punteremo».
3) Lo stile pacato di Garcia. Il nuovo allenatore non si è lanciato in proclami, fa spesso l’elogio del gruppo, sa che in questo momento ogni parola suonerebbe vuota senza la prova dei fatti. E sa anche, se non soprattutto, che è fondamentale comunicare qual è l’orizzonte. Perché migliorarsi in Europa significa assumere un impegno fortissimo (sicuri che lo status delle italiane sia quello dell’anno scorso?). Col rischio di svilire, invece, quella che sarebbe un’impresa di portata storica: centrare il bis-scudetto.
4) La permanenza di Osimhen. Ovvio che un’eventuale partenza del nigeriano, qualora si scatenasse lo tsunami Mbappé, genererebbe un’inversione di clima. Soprattutto se arrivasse a ridosso del campionato o subito dopo. Ma, in quel caso, Napoli sarebbe in buona compagnia con tante altre capitali del pallone a chiedersi cosa fare per trovare una nuova forma di competitività.