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Nazionale: Spalletti piace a tutti e troppo. E se fosse questo il problema?

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Spalletti

«Diamo il benvenuto a Spalletti, la Nazionale aveva bisogno di un grande allenatore e sono molto felice che abbia accettato la guida tecnica degli Azzurri. Il suo entusiasmo e la sua competenza saranno fondamentali per le sfide che attendono l’Italia nei prossimi mesi». Gabriele Gravina può anche essere un personaggio divisivo e si può certamente ritenere non senza fondamenti la gestione di tutta la vicenda Mancini – e di altre relative alle Nazionali – tutt’altro che inappuntabili. Ma è difficile non essere d’accordo sulla descrizione fatta relativa al nuovo Commissario Tecnico. Che arriva all’azzurro, obiettivo della carriera a sentir parlare molti allenatori, con motivazioni fortissime: oggi chiunque riesca anche solo a qualificare l’Italia per Europei e Mondiali ha già acquisito un titolo di merito, anche se poi è ovvio che raggiunto il primo il paragone con la vittoria del 2021 costituirà un elemento di giudizio dal quale necessariamente bisognerà passare. Non solo: Spalletti assume la carica dopo una stagione vincente e probabilmente irripetibile, anche per questo ha lasciato il Napoli. Ma che avesse la voglia di rimettersi in gioco molto presto era evidente da molte dichiarazioni e la Nazionale è quel tipo di impegno che racchiude due aspetti determinanti per ripartire di slancio: la novità (le modalità di lavoro totalmente diverse) e il senso della sfida (se riuscisse a riportare l’Italia al vertice sarebbe un capolavoro, il sigillo di un’ottima carriera).

C’è un però, che non indica nessuno ed è anche normale che sia così in questo mento. Spalletti piace tanto e soprattutto a tutti. In questo preciso momento storico, fatta salva la pertinenza dei due partiti, piace ai giochisti, e infatti Sacchi ritiene in questo aspetto il segreto primo del trionfale scudetto del suo Napoli, conquistato con giocatori sconosciuti (riuscirà a trovarlo un Kvaratskheila italiano o a formarlo?). E i risultatisti certo non possono che ammirare il suo curriculum, che ha un profilo internazionale di tutto rispetto essendosi messo in gioco anche in Russia e avendo vinto pure lì con lo Zenit.

Questa benevolenza generale rischia di ritorcersi contro al primo passaggio sbagliato. E lì, allora, qualcuno alzerà il dito, ricordando che la Nazionale più che campionati di lunga durata deve vincere sfide secche, tornei concentrati. Qualcosa che il grande Lucio non vince dal 2011 (Supercoppa di Russia) e che lo ha visto eccellere sempre in tornei domestici (come le due Coppe Italia con la Roma).

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