2014
Nata sotto una cattiva stella (d’argento)
Il curioso caso della stella d’argento. O anche, la maledizione della stella d’argento. “Stella d’argento, che brilli nel ciel, il tuo splendor mi fa morire di nostalgia” cantava Gino Santercole nel 1964, niente sapendo quanto avrebbero dovuto sudare i club italiani per affiggerla sulla propria maglia. Cos’è la stella d’argento? Esiste innanzitutto? Sì, è fisicamente una stella (“ma il pacchetto azionario è fisicamente un pacchetto?”) anche se non si hanno sue immagini. Sai che c’è, esiste, ma non puoi vederla, un po’ come il futuro.
STELLA STAI – Più di un tormentone, (non ancora) un vessillo: la stella d’argento, in teoria, dovrebbe essere un simbolo assegnato al club vincitore di ben dieci edizioni della Coppa Italia. Un logo più simbolico che altro, anche se non esistono assolutamente regolamenti in merito da parte di Lega Calcio e Federazione. Una bufala? Non proprio. Basti ricordare l’iter casuale e non regolamentare-istituzionale che ha dato vita prima al simbolo dello Scudetto, coniato da Gabriele D’Annunzio nel 1924, e successivamente all’assegnazione della stella d’oro sulla maglia. Nel 1958, infatti, la Juventus raggiunse la vittoria del decimo scudetto e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano assegnò a Madama la stella d’oro al merito sportivo: fu l’occasione per dare maggiore lustro al simbolo, visto che il presidente Agnelli ne fu entusiasta al punto da volerlo simboleggiare sulla maglia dalle stagioni successive, così come poi fecero Inter e Milan, unici club a vincere più di 10 campionati (rispettivamente nel 1966 e nel 1979), mentre nel 1982 fu la Vecchia Signora a conquistare la seconda stella.
DECIMA DE’ NOANTRI – Dunque, più che una norma, una tradizione sedimentata, non scritta nè regolamentata, basti pensare alle diatribe tra Federazione, Lega e Juventus per la questione ‘terza stella’, poi sostituita dalla scritta sulle maglie “trenta sul campo”. Così è anche per la Coppa Italia e dunque per la famigerata stella d’argento, maledetta come la prima luna di Jack Sparrow. Non vi è alcuna norma che preveda l’assegnazione di questo simbolo, ma, previa una formale richiesta alla Lega, il logo potrebbe divenire realtà dopo la conquista della decima Coppa Italia da parte di un club italiano. Più facile a dirsi che a farsi, visto che Juventus prima e Roma poi non hanno ancora raggiunto l’obiettivo, nonostante si siano trovate ad un passo dal traguardo in diverse occasioni: entrambe sono detentrici di ben nove Coppe, ma la decima sembra diventare sempre più chimera e ossessione, un po’ come la Decima (Champions League) del Real Madrid negli ultimi anni.
AD UN PASSO DAL TRAGUARDO – I bianconeri la inseguono da 20 anni, con ben tre finali utili per conquistarla: nel 2001-2002 la doppia finale sorrise al Parma (2-1 all’andata e 1-0 al ritorno), così come nel 2003-2004, quando fu la Lazio a sorridere sul terreno di gioco della Juventus, in virtù del 2-2 che certificava la vittoria della Coppa dopo il 2-0 della gara di andata. Last but not least, la finale di Coppa Italia contro il Napoli di due stagioni or sono, quando i partenopei guidati da Walter Mazzarri infransero il sogno juventino con un 2-0 di certosina efficacia. Sulla stessa cresta d’onda ma ben più giovane, la Roma, fallendo due match-point nel 2009-2010 (finale persa contro l’Inter per 0-1) e la finale tutta capitolina dello scorso anno contro la Lazio, quando l’incubo stella d’argento si materializzò nelle gesta di Senad Lulic al minuto 71. La stagione corrente poteva essere buona per una delle contentendti, sfidatesi ai quarti di finale in una gara secca all’Olimpico, risolta col gol di Gervinho che ha decretato l’eliminazione della Juventus e il passaggio del turno della Roma di Rudi Garcia, che successivamente terminerà la sua corsa nel doppio confronto con il Napoli. Anche per quest’anno, quindi, niente stella d’argento, regalando ancora per qualche mese (o anno) un alone di mistero ad aggirarsi nelle storie del calcio italiano contemporaneo. “Un bacio fremente e poi nulla più , stella d’argento piangevi anche tu”.