2018
Napoli: Sarri è un mago, ma ora ci ha rotto gli zebedei
La provocazione sul calendario di Sarri sbagliata nei tempi e nei modi: il tecnico del Napoli vittima del suo stesso provincialismo. E pensare che né lui né gli azzurri ne avrebbero minimamente bisogno…
La sensazione netta, chiara, quasi incontrovertibile, è che il Napoli di trucchetti non ne abbia per nulla bisogno. Più di tutti, non ne avrebbe bisogno Maurizio Sarri, un allenatore in bilico perenne tra il salto nella storia ed un provincialismo da quattro soldi che poco si intona con il blasone di un club come quello partenopeo. Che gli azzurri siano al momento la squadra favorita per lo Scudetto non è più un mistero (si può dire, vero?): anche lo scoglio Atalanta, tra i più duri di questa seconda metà di stagione, è stato superato ieri con una certa sicurezza. Non era scontato: negli anni passati erano proprio le avversarie di metà classifica l’ostacolo psicologico azzurro. Ostacolo che non c’è più. A dirla proprio tutta (e i tifosi napoletani, se lo ritengono opportuno, tocchino ferro, ma si tocchino pure le palle se proprio non possono farne a meno) ostacoli veri e propri sul cammino partenopeo non sembrerebbero essercene. Tranne forse uno solo.
Non è tanto la Juventus dei record il nemico da battere degli azzurri: i bianconeri restano la solita corazzata indomita del campionato, ma non sono né più né meno di quanto in fondo ci si aspettasse a inizio stagione. Non un ostacolo insomma, ma una fisiologica nemesi: del resto, se vuoi vincere la Serie A, qualcuno dovrai pur batterlo, no? Il vero dosso che rischia di mandare fuori strada la formidabile auto da corsa di Sarri, è Sarri stesso. Leviamoci subito il dente e paghiamo pegno alla scontatezza (scriverlo e ripeterlo ancora è un po’ dozzinale, davvero, ma sempre meglio mettere le mani avanti quando si parla di Napoli): il tecnico azzurro è un fenomeno, tatticamente parlando. Di più: Sarri è un mago alla Helenio Herrera e non alla Oronzo Canà. Semmai, l’unica cosa che davvero lo accomuna al celeberrimo personaggio di Lino Banfi è il carattere un po’ fesso di chi cerca il pretesto inutile per polemizzare anche quando dovrebbe starsene zitto.
Sarri, il provincialismo e i goffi tentativi di emulazione di Mourinho
Se ci pensate bene, la differenza sostanziale tra un mago di nome e un mago di fatto, ovvero un vincente, sta proprio tutta lì: la capacità di incassare e saper tacere anche quando le circostanze direbbero tutt’altro. Sarri non ha ancora imparato a gestire l’euforia dei momenti e, purtroppo, il tempo non è della sua parte: al terzo anno in una big, a quasi 60 anni suonati, qualcosa dovresti avere già imparato. Se non è accaduto ancora, due domande fattele pure. Detto con totale franchezza, proprio fuori dai denti, il tecnico del Napoli sembrerebbe aver davvero pescato tra i peggiori difetti delle sue origini toscano-partenopee, piuttosto che dai tanti pregi da cui pure avrà attinto qualcosa: la guasconeria, l’incapacità di comunicare in maniera sobria concetti di per sé magari pure condivisibili, l’essere perennemente fuori tempo oltre che fuori luogo. Sarri fuori dal campo è l’esatto opposto di come invece appaiono le sue squadre in campo: cronicamente disorganizzato, incapace di rapportarsi al contesto mediatico con cui ha a che fare (parlare di fronte alle telecamere della Serie A non è come parlare a Zì Peppuccio mentre ti cali un Campari al bar: questo è assodato, giusto?), talune volte tendeziosamente simpatico, come un film di Paolo Ruffini venuto male (cioè appunto, un film di Paolo Ruffini qualsiasi).
La battuta su Matteo Politano lasciamola anche passare perché siamo esseri umani e non manichini di plastica (e poi sinceramente faceva abbastanza sorridere). La provocazione sul calendario già un po’ meno (leggi anche: SARRI ATTACCA LA LEGA SUL CALENDARIO), perché l’impressione palese è che per, quanto contenesse in sé un germe di verità, proprio ieri fosse decisamente forzata. Non è comunque questo il luogo per sindacare sulla veridicità o meno di quanto detto: comprendiamo le ragioni di Sarri, ma buttarle lì in quel modo e in quel momento, porta effettivamente a pensare che, da un certo provincialismo di maniera, lui non sia mai davvero uscito del tutto. Se quello a cui abbiamo assistito era poi un goffo tentativo di emulazione rispetto alla più classica delle “sindromi mourinhane” da senso di accerchiamento o rumore dei nemici, faceva alquanto schifo. Nel senso che è proprio venuto male. Il Napoli al momento non ha bisogno di ostacoli: gli basta andare dritto come un treno sui suoi binari. Va benissimo così. La Juve non ha invece di certo bisogno di essere innervosita: la storia recente ha insegnato che, quando la squadra di Massimiliano Allegri è incazzata, diventa anzi pure più pericolosa di quanto non sia già. Sarri resta un fenomeno, probabilmente il miglior allenatore della Serie A, ma bisognerà pur trovare da qualche parte il coraggio di dirglielo che ha rotto gli zebedei, no?
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