2018

Napoli, come si fa ora con Milik? Le tre strade di Sarri

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Napoli al cardiopalma con il Chievo: decisivo l’ingresso in campo di Arkadiusz Milik, arma in più per Sarri nel finale di campionato

Una vittoria di stampo mazzarriano quella ottenuta dal Napoli contro il Chievo: le pagine degli uomini di Mazzarri si arricchirono di una serie di successi ottenuti al respiro finale, con quel non mollare mai divenuto l’emblema di una squadra capace di oltrepassare i propri limiti strutturali. Un accenno di ritorno al passato si è reso tangibile nella stretta attualità: il Napoli, dopo un primo tempo tutt’altro che esaltante, ha fallito con Mertens il calcio di rigore che gli avrebbe spianato la strada della vittoria. Come se non bastasse si è ritrovato sotto al primo ed unico spunto reale del Chievo Verona. Il clamoroso epilogo nei secondi finali: Milik bissa le sensazioni positive lasciate in eredità post Sassuolo-Napoli e stavolta fa centro sul delizioso assist di Insigne, poi è Diawara all’ultimo minuto di recupero a mandare in visibilio il San Paolo. Popolo partenopeo in lacrime, letterali e non metaforiche, una gioia incontenibile che esprime in sé il desiderio di credere ancora nella conquista dello scudetto.

Napoli-Chievo, l’impatto di Milik

L’ingresso in campo di Arek Milik ha invertito la tendenza della gara, cambiandone la storia. Intendiamoci: non che prima la partita l’avesse fatta il Chievo. Tutt’altro. Ma il predominio del Napoli sul piano del palleggio e della qualità riversata sul campo non trovava lo sbocco necessario: troppo prevedibile Mertens palla al piede e poco incisivo nell’aggressione degli spazi, intraprendente ma ingolfato Insigne come da qualche tempo a questa parte. Insolitamente sciupone Callejon, in occasione del comodo tap-in fallito nel primo tempo. L’impatto di Milik cambia lo spartito perché – in quello specifico momento di gara – ha offerto un indispensabile piano B al Napoli di Sarri: quello di alzare il pallone. Non soltanto in occasione del gol del momentaneo 1-1, quanto anche nell’azione immediatamente successiva (miracolo di Sorrentino) e nel complesso dell’impostazione generale, per provare a sorprendere le due linee difensive del Chievo, che oramai – pur nella dovuta sofferenza che si deve ad un avversario di differente valore – avevano preso le misure agli attacchi del Napoli. La clamorosa traversa con il Sassuolo, ancora maledetta dal tifo azzurro e costata l’attuale meno quattro dalla vetta della classifica, ieri la conferma con aggiunta: gol, bellissimo peraltro, un secondo sfiorato, un impatto consistente sulla partita, fatto di fisicità e qualità. Ci vengono in sostegno le parole chiare e forti di Maurizio Sarri nell’immediato post-partita di Napoli-Chievo: “ora avete capito quanto è stata dura per noi in questi due anni fare a meno di un attaccante così forte“.

Milik e Sarri, opzione 1

La domanda più che legittima a questo punto la poniamo noi: a sette giornate dal termine del campionato, con uno scudetto da contendere alla Juventus ed uno scontro diretto tutto ancora da disputare, come se ne esce? Nel senso: cosa dovrà fare Sarri? Come gestire Arkadiusz Milik in questo accesissimo finale? La prima opzione è quella di lasciare tutto com’è ora: Dries Mertens il titolare inamovibile del suo 4-3-3, Milik la carta da giocarsi a gara in corsa. Che – in base al risultato – sia in sostituzione proprio del belga o in aggiunta, passando dunque dal 4-3-3 base ad un 4-2-3-1 a trazione decisamente più offensiva. Una strada che ci sta eccome: le ragioni sarebbero da rintracciare nella volontà di dare fiducia a quella base che nei fatti ha sostanziato la gestione Sarri, nella condizione atletica di Milik che probabilmente sull’arco dei novanta minuti è tutta ancora da valutare, nella circostanza per cui – come accaduto proprio contro Sassuolo e Chievo – l’attaccante polacco al momento potrebbe rendere al massimo proprio contro un avversario stanco.

Milik e Sarri, opzione 2

Le altre due strade vedono necessariamente l’impiego di Arkadiusz Milik dal primo minuto. Il senso della direzione: è troppo decisivo, non se ne può fare a meno. Ed in tal caso, imboccata quest’altra via, ci si ritrova di fronte ad un successivo svincolo. Partiamo dal primo: gioca Milik ed il modulo resta quello originario, ossia il 4-3-3. Come si definisce dunque il puzzle? Con l’esclusione di Mertens o con il contestuale spostamento del talento belga sulla corsia sinistra offensiva, in modo tale che possa alternarsi con Insigne. Un ritorno al passato insomma, nell’imminente futuro. Una modalità a cui il Napoli non è più abituato, ma che potrebbe riscoprire con intelligenza e passione. Una strada che con ogni probabilità si renderà necessaria nel futuro, dalla prossima stagione, quando è plausibile che il club punti ad acquistare un centravanti di ruolo e di primo rilievo, ma che non si intravedeva al momento. La tangibilità dell’apporto di Milik mischia però le carte e ridisegna scenari impensabili fino a due settimane fa: da non escludere anche la mossa Mertens a gara in corso, per consentirgli di tirare il fiato – e francamente pare averne bisogno, anche a livello mentale – per poi risultare arma letale a gara in corso contro avversari sfiancati.

Milik e Sarri, opzione 3

L’ultima via d’uscita è anche quella più suggestiva: gioca Milik, gioca Mertens, giocano anche Insigne e Callejon. Cambia il modulo dunque: 4-2-3-1. Va fuori un centrocampista, che sia il regista di questo Napoli o una mezzala. Mertens va ad agire di fatto alle spalle di Milik, libero di svariare e muoversi intorno ad un perno offensivo, sulle corsie restano rispettivamente Insigne e Callejon. Opzione che come detto abbiamo visto in corso d’opera ma mai dal primo minuto. E che per tale ragione, nonostante l’evidente novità data dal ritorno a certi livelli di Milik, difficilmente sarà sperimentata dall’inizio. Sì, perché di questo si tratta per un allenatore maniacale nella cura dei dettagli: sperimentazione. E viene difficile pensare che uno come Sarri si metta a sperimentare proprio ora, con una lotta aperta per lo scudetto e con la volontà di non lasciare alcunché di intentato. Ci vorrebbe un pizzico di follia, o meglio un bel pieno di follia considerando le particolarità dei personaggi in questione. Siamo certi che qualora Sarri valutasse questa mossa decisiva per l’affondo scudetto, la metterebbe in atto. Così come che lo stesso non si fidi della probabile perdita di equilibrio che lo switch tattico genererebbe. Poco male: la follia è già insita nella voglia di ribaltare questo campionato e gli ultimi sei anni di storia. O meglio l’intera storia.

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