Mourinho: «Non tornerò in Serie A. Ma l'Inter resterà casa mia»
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Mourinho: «Non tornerò in Serie A. Ma l’Inter resterà casa mia»

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José Mourinho, allenatore del Tottenham, ha parlato ai microfoni de Il Sole 24 Ore della sua carriera: le dichiarazioni

José Mourinho, allenatore del Tottenham, ha parlato ai microfoni de Il Sole 24 Ore della sua carriera.

ALLENATORE – «Come è cambiato il mio mestiere? È cambiato tanto, così com’è cambiato il mondo in cui viviamo. C’è stata una grande evoluzione sia in termini di coaching sia in termini di gestione dei giocatori e delle squadre di calcio. Tutto è diventato più veloce, più intenso. Per quanto mi riguarda, sono lo stesso “ragazzo”, ho gli stessi princìpi di allora, la stessa identica passione. Ma come è cambiato il gioco, sono cambiati anche i metodi di allenamento, basati su ricerca e statistiche. Oggi la figura dell’allenatore si è evoluta diventando il vertice di una struttura complessa all’interno della quale operano diversi professionisti».

MOMENTO PIU’ EMOZIONANTE – «Senza dubbio, battere il Barcellona con l’Inter per 3 a 1, il 20 aprile 2010. Per i giocatori, per me, per i tifosi, è stato il massimo. Eravamo una squadra di eroi. Abbiamo sudato sangue, ma alla fine abbiamo vinto».

MOMENTO PIU’ DIFFICILE – «L’eliminazione dalla Champions League quando allenavo il Real Madrid. Eravamo senza alcun dubbio la migliore squadra d’Europa, abbiamo vinto la Liga battendo tutti i record di punti e gol e avremmo vinto quella finale, ne sono certo. Ma quando Ronaldo, Ramos e Kakà sbagliano i primi tre rigori, sai che non è il tuo anno».

TRIPLETE – «Quell’impresa significa ancora tanto per me. L’Inter era la mia casa, la mia famiglia. Massimo Moratti era un amico, il mio presidente. L’impresa del Triplete è stata fantastica e resta indimenticabile. Dopo la finale di Madrid, se fossi tornato a San Siro per festeggiare con giocatori e tifosi non avrei mai lasciato l’Inter. Dire addio a una famiglia è una cosa molto difficile da affrondare. Dieci anni dopo, continuiamo a essere una famiglia. È stata questa la nostra forza anche sul campo, siamo amici e lo saremo per sempre. La sera in cui abbiamo vinto la Coppa la decisione era già stata presa: non potevo dire no al Real Madrid per la terza volta. Ma mi guardo indietro con grande serenità e orgoglio».

MILANO – «Milano ero felice. In realtà, in quel periodo, la mia vita si divideva tra Appiano Gentile e Como. Per me Milano era San Siro, lo stadio, la tifoseria, l’Inter e l’interismo. È un luogo speciale che mi porterò sempre nel cuore; una città con cui ho un legame sentimentale fatto di ricordi magnifici. Uno su tutti, l’ho detto prima e lo ripeto, la vittoria del Triplete”. 

RIMPIANTI – «Mi pento di alcuni episodi aggressivi avvenuti sulla linea laterale. Per esempio: con Arsène Wenger, abbiamo avuto battaglie incredibili, grandi partite e grandi lotte. Piccoli episodi negativi, sì, e probabilmente anche lui prova lo stesso».

RITORNO IN SERIE A – «È una sensazione, ma non penso che nel mio futuro ci sia l’Italia. È anche vero che il mondo del calcio è così imprevedibile, e non si può mai dire mai».