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Nela, il ricordo di Maradona: «Diego trascende il calcio, è un fatto sociale. Fuori dal campo…» ESCLUSIVA

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Maradona bambino prodigio: “Piede, testa o tacco, faceva meraviglie”

A un anno dalla scomparsa di Maradona, il ricordo di Sebino Nela, difensore della Roma negli anni 80′. Le sue parole per Calcio News 24

Dio non può morire. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Per la natura imperitura di una divinità si sono mosse intere popolazioni, ispirate dal concetto inafferrabile di immortalità. Traslare il metafisico al fisico diventa spesso un paragone pesante, ma esistono le eccezioni. Anzi, l’Eccezione. Un anno fa ci lasciava Diego Armando Maradona, il pallone non sarà mai più lo stesso. Per gli appassionati del gioco più bello del mondo è il caso di scomodare la religione, almeno in questo caso. Diego non è morto, Dio non può morire.

Dopo Massimo Piscedda, Calcio News 24 ha raccolto le parole e la testimonianza di un altro calciatore iconico degli anni ’80, Sebino Nela. L’ex difensore della Roma ha marcato il Pibe de Oro in diverse occasioni nel corso dei match di Serie A tra i giallorossi e gli azzurri: «Di Diego una cosa in particolare mi stupiva. Non andava mai giù. Prendeva delle legnate… I difensori di una volta non facevano sconti, e lui non cercava mai di accentuare la caduta, restava in piedi fino a che fosse possibile. Ora gli attaccanti vanno giù appena sfiorati e gli arbitri li tutelano. Nel nostro calcio prima di prendere un cartellino ce ne voleva… Sotto questo punto di vista Messi mi ricordo molto Maradona. Anche il calciatore del PSG prova sempre a mantenersi in piedi nonostante i contrasti duri. Il Pibe amava semplicemente il pallone, averlo tra i piedi, possederlo. Non so se è stato il più forte di sempre. Ho visto Pelè e Di Stefano in tv, anche loro erano fortissimi. Così come Crujiff, che ho avuto il piacere di sfidare. Fuori dal campo, Diego era un ragazzo fantastico, l’ho incontrato qualche volta ed era sempre un piacere. Ma ho capito veramente cosa ha significato per Napoli quando nel 1992 sono andato a giocare lì. I tifosi, i compagni, la gente… Ha lasciato un’impronta indelebile in quella città. È stato un’icona, anche grazie alla sua figura ha ispirato milioni di persone, ha rappresentato la lotta del povero contro il ricco, del più debole contro il più forte. Diego trascende il calcio, è stato semplicemente un fatto sociale. Se un domani le persone si stancheranno di tatuarsi Che Guevara, potranno tranquillamente sostituirlo con Maradona».

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