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2016

Quando Cruyff vestì la maglia della Juve

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L’olandese e l’Italia, quando Johan era il sogno dell’Avvocato Agnelli

Con la maglia bianconera ha alzato la Coppa dei Campioni, senza però avere giocato nella Juventus, anzi, avendola battuta in quella che è stata la prima finale della storia  della Signora. 1973, l’Ajax vince 1-0 con un gol di Rep in apertura di gara e Johan Cruyff non partecipa all’azione del gol decisivo, in fondo può concedersi la parte del non protagonista in quello che è il terzo trionfo consecutivo della squadra che sta rivoluzionando il mondo con il suo calcio totale. Nella finale precedente, del resto, il 2-0 sull’Inter, ha fatto il diavolo a quattro, siglando entrambe le reti e facendo impazzire Gabriele Oriali, l’uomo preposto a seguirlo sul campo. Operazione impossibile, tanto più nella rigida concezione dell’epoca del nostro pallone, con marcatura a uomo su un giocatore che fa la differenza proprio per come si muove in campo come nessuno ha fatto prima. Quella coppa, raccontano ancora oggi i giocatori della Juventus presenti in finale, gli olandesi la mettono nel cesto della lavanderia, come un oggetto qualsiasi. Ad alzarla, com’era consuetudine dell’epoca, ci vanno molti dei vincitori con la maglia degli sconfitti e così si vede Johan alzare il trofeo come se fosse un giocatore della Juventus. Oggi può sembrare una beffa, allora era un bellissimo segno di sportività, come si vede anche nel 1977, quando non pochi bianconeri festeggiano il trionfo in Coppa Uefa con la divisa dell’Athletic Bilbao.

IL SOGNO DELL’AVVOCATO – Alla Juventus Cruyff non sarebbe mai potuto arrivare. Per una semplice ragione, che oggi appare quanto di più assurdo potesse essere stato concepito, ma che all’epoca – o meglio, dal 1966 in poi – era invece ritenuto una forma di resistenza del calcio italiano per riacquistare dignità internazionale dopo la disfatta al Mondiale inglese: la chiusura della frontiere. Una misura che ad ogni stagione – più o meno – veniva messa in discussione, con la Juventus più che mai interessata a eliminarla per rinforzare la propria rosa e poter competere al meglio sul fronte europeo. Gianni Agnelli considerava il fuoriclasse olandese il prototipo del giocatore in grado di cambiare il volto di una squadra. Nell’estate del 1974, di fronte alla notizia dell’acquisto di Zaccarelli da parte del Torino – ottimo centrocampista, tanto da conquistare poi la Nazionale azzurra – l’Avvocato sminuì l’operazione di mercato dei cugini proprio proponendo il paragone impossibile: “Non sarà mica Cruyff…”. Due anni dopo, nel febbraio del 1976, l’analisi del più grande innamorato della Juventus va ben oltre l’ironia e rivela che la società si è mossa in direzione Barcellona, dove il Profeta del Gol (secondo definizione di Sandro Ciotti che ha curato un film su Cruyff) sta esibendo il suo talento. Boniperti e il fido Giuliano sono andati a saggiare la disponibilità del giocatore, con il preciso scopo di prenotarlo qualora la Federazione italiana maturasse una correzione di linea. Una scelta che avverrà solo quattro anni dopo e tanta ottusa chiusura trova la netta ostilità di Agnelli: “Di solito  si chiude un mercato per difendere un prodotto debole. In effetti oggi il calcio italiano ha un prodotto debole. Ma il principio su cui si basa questa decisione lo respingo, è illegale, è il frutto di una brutta azione”. Curiosamente, obbligato a guardare in patria, l’Avvocato stila una lista di preferenze per quanto riguarda la scelta del futuro attaccante che dovrà sostituire Anastasi. Ma nessuno dei nomi indicati vestirà il bianconero e – con il senno di poi – la scelta di Boniperti di convergere sul non citato  Bonisegna si rivelerà determinante per la doppia affermazione campionato-Coppa Uefa del 1977: “Oggi la classifica dei cannonieri e le verifiche della domenica indicano in Graziani e Pulici i più bravi. Pure Savoldi è un giocatore valido, un uomo di peso, ma quando lo volevamo costava troppo, anche se adesso credo che costi di meno. Chinaglia è un altro uomo determinante. Ha trascinato la Lazio allo scudétto, ancora oggi è il giocatore che regge da solo le sorti della sua squadra. Magari non ha stile, è sgraziato, ma la sua personalità, il suo peso sono spesso determinanti. Mi piaceva tanto Clerici, però ormai è troppo vecchio. Stimo ancora Altafini. Prati è ammalato altrimenti resterebbe un elemento valido. Chiarugi è un altro uomo determinante. Potessi scegliere, in Italia, sceglierei fra questi giocatori”.

SOGNO IRREALIZZATO – Il sogno Cruyff non si concretizzerà mai, ma la stima nei confronti del campione che ha sconvolto anche la tradizionale numerazione indossando il numero 14 rimarrà intatta. Gianni Agnelli continuerà a proporlo come uno dei giocatori più forti al mondo quando inserirà Platini in una lista comprendente anche Beckenbauer e Pelè. E quando la Juventus si prenderà la rivincita sull’Ajax, superandolo nella finale dell’ormai ribattezzata Champions League 23 anni dopo l’amara notte di Belgrado, l’Avvocato sarà tranciante sul paragone tra le due edizioni degli ajacidi: “Non scherziamo: quello di Roma l’Ajax di Cruijff se lo sarebbe mangiato in insalata”. 

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