2014

Moratti e l’Inter: storia di un amore ricco di particolari

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Dal rapporto con gli allenatori ai pupilli “maledetti”, fino alle mosse da tifoso e da padre

Era inevitabile il suo addio all’Inter targata Erick Thohir, la sua personalità non avrebbe permesso una serena prosecuzione del rapporto con il tycoon indonesiano ed i suoi uomini (ogni riferimento a Bolingbroke è giusto), ma Massimo Moratti non può essere considerato un presidente come gli altri. Brillante imprenditore classe 1945, Moratti dal febbraio del 1995 è riuscito ad entrare nel cuore dei suoi tifosi non solo per i successi ottenuti ma anche per il suo amore per quei colori, il nero e l’azzurro, che il padre Angelo aveva portato in gloria molti anni prima, dal 1955 al 1968. Ripercorriamo dunque alcune particolari tappe della gestione MM andando oltre il palmares invidiabile: una Champions League, un’Intercontinentale, una Coppa Uefa, cinque scudetti quattro Coppe Italia e  quattro Supercoppe italiane.

ACQUISTO “SEGRETO” – Anni d’oro per l’Inter quelli con Angelo Moratti in qualità di presidente, con le due Coppe dei Campioni e le due Coppe Intercontinentali vinte tra 1963 e 1965. Anni che sono rimasti nel cuore di Massimo, intento a fare la pazzia a metà degli anni ’90 di riprendersi la società meneghina e riportarla sul tetto del mondo. Una idea che trovò in disaccordo la moglie Milly, convinta che l’eventuale acquisto si sarebbe rivelato un danno più che una gioia. Ma MM era deciso e non esitò a contattare l’allora numero uno nerazzurro Ernesto Pellegrini: la trattativa per il passaggio di proprietà, che andò in porto il 26 febbraio del 1995, Massimo Moratti la tenne nascosta alla moglie fino all’ufficialità dell’acquisto. 

UN RAPPORTO (QUASI) MAI FACILE CON GLI ALLENATORI – Una delle peculiarità della gestione Moratti riguarda un rapporto con gli allenatori quasi mai facile. Quasi mai, perchè ci sono stati alcuni tecnici per cui il Presidente ha fatto follie, per accontentare i desideri di una persona della quale si fidava al 100%: tre esempi su tutti Roberto Mancini, Josè Mourinho e Leonardo. Il primo MM lo aveva seguito da calciatore con passione, le sue doti balistiche lo avevano attratto fino a tentare diverse volte il suo acquisto, senza successo: e allora, dopo le esperienze positive con Fiorentina e Lazio, Mancini fu ingaggiato in qualità di allenatore e fu accontentato ad ogni richiesta. Per Mourinho discorso diverso: il carisma del portoghese è noto a tutti e gli sforzi fatti per lui si sono rivelati decisivi (no, Quaresma non è risultato decisivo ma pazienza); infine, l’ex Milan Leonardo era legato da un rapporto di stima ed amicizia alla famiglia Moratti e le sue capacità manageriali hanno convinto il Presidente a puntare su di lui. Loro tre e pochi altri esempi però: da Lippi a Gasperini, passando per Benitez e Simoni, nessuno di loro è riuscito a far breccia nel suo cuore per i più svariati motivi. Basti pensare all’ottimo manager spagnolo, ricordato così qualche mese fa dallo stesso Moratti: «Mi sembrava opportuno cambiare e respirare l’aria di qualcuno di più positivo, più in pace con il mondo come Leonardo che ha creato un ottimo clima e siamo riusciti ad arrivare secondi in quella stagione. Se quel clima lo avesse creato Benitez, forse avremmo vinto il titolo. Quella è stata la sua colpa, lui giustamente dice che era mia perché non gli ho comprato 4 giocatori. Vedo che il Napoli poi glieli ha comprati, però la situazione è quella…». Rapporto non facile ma mai cattivo, come affermato dallo storico Presidente qualche anno fa: «Tendenzialmente sono rimasto in buoni rapporti con tutti. Abbiamo vissuto momenti importanti. Io non riesco ad avere sentimenti negativi, anche con chi, purtroppo, ha interrotto il rapporto di lavoro in modo brusco. A volte il calcio è crudele: si devono prendere decisioni delicate, ma sempre rivolte al bene della squadra e della società»

I PUPILLI – Ogni tifoso ha nel suo cuore un calciatore particolare, c’è chi ama il classico “10” ovvero il trequartista con i piedi fatati o c’è chi ama gli esterni d’attacco che mettono in crisi le difese avversarie con delle serpentine inarrestabili, oppure basti ancora pensare a coloro i quali eleggono ad eroi i guerrieri della mediana, pronti a dare il 110% per recuperare un  pallone. Ecco: i pupilli di MM possono essere sintetizzati come una via di mezzo tra Sturm und Drang ed i Poeti maledetti, l’irrazionale e la palpitazione di giocate da genio ed un talento non compreso fino in fondo, culminato nell’autodistruzione (infortuni a raffica e poca propensione al lavoro). Due esempi su tutti: Youri Raffi Djorkaeff e Alvaro Recoba. Campione del mondo nel 1998 e campione d’Europa nel 2000 con la Francia, Djorkaeff ha giocato nell’Inter dal 1996 al 1999, vivendo con l’etichetta di croce e delizia per eccellenza. Il fantasista di Lione era il classico giocatore che una domenica viene eletto a eroe per l’invenzione che decide la partita e l’altra viene contestato per gli errori marchiani a ripetizione. Ma Youri, quando era in giornata sì, riusciva a fare anche delle giocate di questo tipo

Alvaro Recoba ha sempre diviso la critica. Dotato di una classe fuori dal comune, El Chino è stato senz’altro il più grande amore di Massimo Moratti, innamorato del suo piede sinistro e dal suo estro, amore che ha portato l’uruguaiano ad essere il calciatore più pagato al mondo tra 2001 e 2003. Recoba non è riuscito, un po’ per gli infortuni ed un po’ per pigrizia (come sottolineato qualche tempo fa dallo stesso MM: «A mio avviso, non c’è nessun altro calciatore con mezzi tecnici come Alvaro Recoba. Ma aveva un difetto: poca voglia di allenarsi»), ad entrare nell’elite dei calciatori più forti di sempre, ma magie come queste rimarranno scolpite a lungo negli occhi degli interisti e degli amanti del calcio.

ACQUISTI DA TIFOSO – Sono tanti le peculiarità, qualcuna verissima altre meno, legate alle mosse di mercato di Moratti. Il primo fu Ronaldo senza dubbio: MM voleva regalare ai suoi tifosi un top player capace di risolvere le partite da solo e scelse il brasiliano, pagato 56 miliardi di lire nella stagione 1997/1998: l’arrivo de “O Fenomeno” ha senz’altro aiutato il Presidente ad entrare nel cuore dei tifosi, completando un acquisto di grande caratura che guidò l’undici di Milano al successo in Coppa Uefa. Un acquisto da vero tifoso fu quello legato a Gabriel Omar Batistuta: da anni l’argentino aveva attirato l’interesse del Presidente, con le sue reti e con la sua prepotenza fisica, che finalmente riuscì ad ingaggiarlo nel 2002/2003: non fu un acquisto da sogno, il Bati iniziò a sentire la fatica degli incombenti trentaquattro anni e riuscì a siglare solo due reti. Simile acquisto fu quello di Luis Figo, fuoriclasse portoghese arrivato dal Real Madrid nel 2005, che riuscì a lasciare il segno da protagonista con i colori nerazzurri. Un ingaggio diverso, legato alla grande rivalità con il Milan fu quello dell’honduregno David Suazo: ci fu un vero e proprio derby per l’attaccante con i rossoneri certi di averlo acquistato, ma fu una mossa di Moratti in prima persona a far sì che l’ex Cagliari approdasse agli ordini di Mancini. Discorso simile quello per Ibrahimovic. Nell’estate post-Calciopoli il Milan partiva con una penalizzazione in campionato ed entrambe le squadre erano interessate al gigante svedese della Juventus: fu un’intervista a Galliani, nella quale l’a.d. del Milan affermava che prima di Natale Kakà e compagni avrebbero ripreso l’Inter nonostante l’handicap, a condurre Moratti all’acquisto del fuoriclasse di Malmo. E questi sono soltanto alcuni esempi.

UN PAPA’ PRESIDENTE – Voglioso di vincere e di riporta in alto l’Inter, ma non solo. La presidenza di Massimo Moratti si è contraddistinta anche per alcune situazioni che hanno evidenziato il lato familiare dell’Inter; alcuni esempi, con motivazioni diverse, sono dati da Kanu, Fadiga, e Burdisso. Il centravanti nigeriano arrivò all’Inter dall’Ajax nel 1996, ma nelle visite mediche di rito gli venne evidenziata una malformazione della valvola aortica: MM non pensò a rescindere gli accordi o a far saltare il trasferimento, ma spedì Kanu a Cleveland nella miglior clinica cardiochirurgica d’America. «Ho sempre avuto molta fede in Dio. Dio mi ha dato la possibilità di tornare a giocare, Massimo Moratti è stato il suo strumento, realmente un secondo padre per me, mi ha guidato, aiutato, sostenuto», questo il commento di Kanu. Discorso simile per Khalilou Fadiga, acquistato dall’Auxerre nel 2003 ma al quale venne prontamente diagnosticata una malformazione cardiaca e, come in precedenza, fu il Presidente in primis a farsi carico delle cure migliori per il senegalese. Capitolo Burdisso: in nerazzurro dal 2004 al 2009, El Leon ha affrontato uno dei momenti più difficili nel periodo interista con la figlia malata di leucemia. In un colloquio con Moratti, Burdisso spiegò al Presidente la situazione affermando di essere disposto a restare senza squadra e senza stipendio. Moratti, come un padre farebbe con il figlio, con tono commosso commentò: «Fai quello che vuoi: l’Inter è a tua disposizione».

UN ADDIO NON DEFINITIVO (ED IMPOSSIBILE) – Se è vero che ha rinunciato alla carica di presidente onorario dell’Inter, è anche vero che farà parte del mondo Inter comunque: «Le quote sono mie e me le tengo». Sarà un Inter diversa certo, più razionale e più manageriale con l’avvento di Erick Thohir, ma il lato sentimentale di MM non può essere abbandonato, né dimenticato.

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