Le parole della bandiera rossonera, anche sull’esempio dato dal padre

Paolo Maldini ed il Milan, un legamo profondo ma costellato spesso da alti e bassi, un legame che potrebbe anche riprendere corpo in futuro in modo ufficiale. Lo stesso Maldini, ai microfoni de La Repubblica, ha sottolineato di essere pronto a dare il proprio contributo in società a patto che ci sia condivisione dei progetti e che il Milan sia ben consapevole di chi avrà davanti: «In un momento così difficile per la squadra e la società potrei dire che è meglio tacere. Ma dirò quello che ho detto a Berlusconi l’ultima volta che ci siamo visti: se ci sarà la possibilità di ridare qualcosa al Milan, che tanto ha dato alla famiglia Maldini, io ci sarò. Ma servono condivisioni, serve che mi accettino per come mi conoscono» ha spiegato Maldini.

PADRI E FIGLI – L’ex terzino rossonero si è soffermato anche sul rapporto col padre Cesare, recentemente scomparso, e sulla fama di raccomandato che all’inizio lo seguiva: «La voce di “figlio di” mi ha accompagnato fino alla prima squadra. Giochi solo perché sei il figlio di Maldini: voci di avversari ma anche di genitori dei miei compagni. I miei figli? Christian è un armadio, gioca da difensore centrale nella Primavera del Milan e in tre anni è cresciuto di quasi 30 centimetri. Ha 19 anni, alto 1.88. Daniel ha 15 anni e, sempre al Milan, gioca nei Giovanissimi».

ESEMPIO DA SEGUIRE – Cesare Maldini come esempio, un esempio che Paolo ha sempre seguito e che, in qualche modo, avrebbe tanto da dire anche ai giovani calciatori di oggi: «Mio padre diceva: comportati bene, sii onesto, impegnati sempre al massimo e il 90% è fatto. Ora, è tutto più difficile: ci sono ragazzi che a 13 anni hanno il procuratore e lo sponsor tecnico, ci sono genitori convinti di avere in casa il nuovo Messi, e gli scaricano sulle spalle le loro aspettative, ci sono allenatori che pensano solo alla classifica e non alla crescita mentale del ragazzo» ha spiegato Maldini.