2016

Gattuso: «Il Milan non è più il Milan»

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L’attuale allenatore del Pisa: «Prendano esempio dalla Juventus»

Abituato a ringhiare duro lo è sempre stato: Gennaro Gattuso, ex senatore e centrocampista del Milan ed attuale allenatore del Pisa, non le manda a dire ai rossoneri, come fatto di recente anche da altri grandi ex come Paolo Maldini ed Alessandro Nesta. Tutti sono concordi nel dire che se il Milan non vince nulla da anni, non è questione di allenatori o di gioco, quanto di spirito e mentalità. Qualcosa non va, pare ovvio, come sottolineato da Gattuso in una intervista di oggi: «Innanzitutto bisogna ringraziare la famiglia Berlusconi e Adriano Galliani per quello che hanno fatto: per ventidue o ventitre anni è stata una delle squadre più importanti al mondo, per quello che esprimeva sul campo e per l’organizzazione del club. Negli ultimi anni non è più il Milan. Ci sono meno soldi, ma sono soprattutto le scelte che lasciano a desiderare: si parla di giovani e poi dopo sei mesi vengono ceduti in prestito, poi si punta su un allenatore giovane e si cambia subito idea. Una volta tutto questo non succedeva»

GATTUSO: «MILAN, PRENDI ESEMPIO DALLA JUVE» – Per Gattuso, un esempio i rossoneri lo hanno non troppo lontano… «Cambiare è possibile. La dimostrazione è la Juventus, la prima squadra italiana che, cambiando, ha preso uno stile inglese o tedesco. La Juve ha uno stadio di proprietà e soprattutto ha messo gli uomini giusti al posto giusto. C’è stata una rivoluzione nel club, per quattro o cinque anni non riuscivano a centrare gli obiettivi ed è stata creata una società nuova. L’esempio per il Milan oggi deve essere la Juve». Cambiare tutto dunque: rivoluzionare. 

«NON RINNEGO NIENTE» – Riguardo alla sua nuova carriera di allenatore, Gattuso spiega al Corriere dello Sport: «Non rinnego quello che ho fatto prima, anzi. Ho cominciato presto con una grande come il Palermo, dove penso di non aver fatto male, perché dopo sette partite, con una squadra retrocessa dalla A alla B, essere staccati di solo tre punti dalla prima non era una tragedia. I rischi li conoscevo bene, solo che nella mia vita non ho mai fatto calcoli, sono uno sanguigno, è andata così punto e basta. A Sion, invece, non ero ancora un allenatore, non mi ero spogliato, facevo il manager e il giocatore. L’OFI Creta è stata una tappa importantissima. Sei mesi in quelle condizioni, fare diciotto punti con tutti quei problemi, far allenare ragazzi che non prendevano lo stipendio, non sapevo come schierare una difesa a tre, ho studiato e cambiato, è stata l’esperienza più importante della mia carriera». La ripartenza al Pisa in un campionato, quello di Lega Pro, a suo dire organizzatissimo dal punto di vista tattico con allenatori di grandissima stoffa. La chiosa di “Ringhio” è chiara: non conta quanto hai vinto da giocatore, fare l’allenatore è tutta un’altra cosa, ma allenare il Pisa è come essere in Nazionale. 

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