2013
Milan, tuttaltro che crisi soltanto tecnica
Le ragioni alla base di risultati non allaltezza del nome del club
SERIE A CHAMPIONS LEAGUE MILAN – Se il cammino europeo tutto sommato sorride al Milan, altra aria si respira in territorio nazionale: decimo posto e soli undici punti all’attivo, già sedici le distanze dal primo posto occupato dalla Roma dei record ma è altrettanto preoccupante il divario di undici punti che separa il Diavolo dal terzo posto.
NUMERI ALLARMANTI – L’impresa riuscita un anno fa non sembra potersi ripetere: lo raccontano i dati appena presentati, lo urlano le quattro sconfitte subite in sole nove gare di campionato e lo testimonia una concorrenza che risulta senz’altro maggiormente attrezzata rispetto allo scorso campionato. Lo dettaglia con forza una fase difensiva allo sbaraglio: le sedici reti incassate in nove gare – media di 1.77 gol subiti a partita, in proiezione parliamo di ben 67 reti al passivo nell’intero campionato – non possono celare una concreta inadeguatezza d’organico. Negli ultimi giorni di calciomercato si è pensato di rinforzare il pacchetto offensivo quando invece andavano applicate quantomeno delle pezze ad una retroguardia in evidente affanno in termini di valori e fiducia nei propri mezzi.
TUTT’ALTRO CHE UNA CRISI ESCLUSIVAMENTE TECNICA – Detto e ripetuto dei limiti strutturali di un organico che non può scientificamente essere miracolato dall’opera del suo allenatore – tradotto: non è detto che un’impresa riuscita una volta possa ripetersi in eterno – la crisi che attraversa il mondo rossonero non può limitarsi ai difetti tecnici. Nel Milan probabilmente qualche rapporto già logoro è stato a forza tenuto in vita: la sensazione è che il ciclo targato Massimiliano Allegri si fosse esaurito proprio con la tanto agognata conquista del terzo posto nei respiri finali della recente stagione. Se il volere presidenziale andava spedito in questa direzione non è stato altrettanto per quello dirigenziale, con l’amministratore delegato Adriano Galliani a prodigarsi per fare da paciere tra le due parti. Non è una questione di colpe, fatto sta però che in quelle delicate e lunghe fasi legate alla permanenza o meno del tecnico toscano sulla panchina rossonera qualcosa si sia definitivamente incrinato.
CARENZA DI LEADER – Non solo la vicenda Allegri sullo sfondo del momento buio milanista: osservazione che passa sovente in secondo piano ma non può essere elusa la circostanza per la quale lo spogliatoio del Milan non possa più vantare quella schiera di leader carismatici del suo brillante passato. E’ tornato Kakà, è vero, ma ha trovato un gruppo di fatto rifondato: c’è Balotelli ma la sua dirompente forza sotto il profilo tecnico-atletico non si traduce poi nei fattori necessari a ricoprire il ruolo di guida di un gruppo. Faro che difficilmente può essere incarnato dai vari Abbiati, Montolivo e via discorrendo: si disse dell’Anno Zero nella scorsa estate, quando le tanto discusse cessioni milionarie di Thiago Silva ed Ibrahimovic divennero realtà e si sommarono agli addii dei vari Nesta, Zambrotta, Seedorf, Gattuso ed Inzaghi. Nomi troppo grossi: nomi ed una ricostruzione che necessita di tempo e lungimiranza nelle scelte. Il Milan è il Milan e tornerà in alto, in altissimo come ha sempre fatto, ma ora limiti i danni.