Champions League
Milan, Tomori: «Ricordo ancora quando mi chiamò Maldini»
Milan, le parole di Tomori in un’intervista alla UEFA: «Il mio sogno nella vita potrebbe sembrare un po’ banale, ma è non avere rimpianti»
Intervistato dalla UEFA durante il format di FedEx “Next in Line”, Fikayo Tomori, difensore del Milan, ha dichiarato:
OBIETTIVI: «Il mio sogno nella vita potrebbe sembrare un po’ banale, ma è non avere rimpianti. A fine carriera voglio poter dire che ho fatto tutto quello che potevo; che ho permesso a me stesso di essere me stesso. Alla fine, se vincerò un milione di trofei o se avrò vinto solo lo Scudetto, sarò comunque soddisfatto di ciò che ho fatto».
ARRIVO AL MILAN: «Quando sono arrivato, ho dovuto pensare di più al mio stile di gioco. In Italia è più importante capire dove posizionarti rispetto al pallone, come passarlo. È più specifico e dipende dai movimenti della squadra. È diverso rispetto all’Inghilterra, dove a volte si gioca in base all’istinto. In Italia credo si tenda ad eliminarlo il più possibile. Lavoro su aspetti più specifici, devo assicurarmi di essere bravo sia col destro che col sinistro. Il passaggio lungo fa parte del mio gioco, essendo un centrale a volte ho bisogno di giocare la palla lunga e ci sto lavorando. Si tratta di acquisire la tecnica, di sentirmi a mio agio nel farlo con entrambi i piedi. Sto sempre attento alla mia velocità, quante volte vado in pressing o in recupero, o a quanta distanza sto coprendo. Il prossimo livello per me è essere presente in entrambe le aree, dominante in aria, a terra e nei duelli».
CHIAMATA DI MALDINI: «Ricordo la prima telefonata di Paolo Maldini, in cui mi disse che che mi volevano. Ero cresciuto guardando il Milan dei tempi d’oro e i suoi giocatori. Pensavo ‘Davvero mi vuole il Milan? Una volta arrivato qui, ricordo di aver indossato la maglia a strisce rossonere. È stato semplicemente surreale. San Siro è come un monumento. Riesci a vederlo sempre mentre guidi. È come se fosse proteso verso di te. Poi, il giorno della partita, i tifosi sono lì da due ore prima della gara. Si sente l’energia che emanano. Si giocano le partite di campionato, le coppe nazionali, ma quando arriva la Champions League è tutto diverso. Le luci di San Siro sono un po’ più luminose. Ascolti i tifosi fino all’ultimo minuto prima del fischio iniziale quando tutto lo stadio urla insieme ‘The Champions’. Ti fa venire la pelle d’oca, anche se succede ogni volta. È pazzesco».
NEXT LEVEL: «Il mio Next Level è essere presente in entrambe le aree di rigore, essere dominante sia nel gioco aereo che col pallone tra i piedi. Mio padre dice che tutto si basa sulla determinazione, non solo nel calcio ma anche nella vita. Se lavori duramente a qualcosa, se ti applichi e lo vuoi davvero, allora ciò in cui ti impegni ti darà i suoi frutti. È una cosa che ho sempre avuto in testa, tatuata da qualche parte nel mio cervello».
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