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Milan, Thiago Silva nostalgico: «In rossonero il mio miglior momento»
Thiago Silva ricorda il suo passato al Milan con nostalgia, definendolo il momento più bello della sua carriera in Europa. Ecco perché
Thiago Silva, nella sua intervista concessa a Globo Esporte per festeggiare i suoi 10 anni da professionista in Europa, ha ricordato il suo passato in maglia rossonera. Per il difensore, il passaggio al Milan è il ricordo più speciale degli ultimi dieci anni. Ecco le dichiarazioni nostalgiche dell’ex numero 33 rossonero:«Era una squadra che potevo solo ammirare in tv. Adoravo quei giocatori, poi di colpo mi ci sono ritrovato in spogliatoio: Nesta, Maldini, Pirlo, Seedorf, Inzaghi, Kakà, la colonia di brasiliani, lo stesso Pato… Quando ero bambino avevo il sogno di giocare in Europa in una big, ci sono riuscito. Ero talmente emozionato al mio arrivo a Milanello, che fu Pato a illustrarmi tutto, a farmi fare il giro del centro sportivo, degli spogliatoi, a fare i primi test medici. E continuavo a guardarmi intorno come un bambino, osservavo le foto delle stelle e dei campioni del passato. Quel giorno mi ha segnato come giocatore. Devo tutto a Leonardo, che ha fatto un grande sforzo all’epoca affinché io vestissi il rossonero».
Inoltre, Thiago Silva ha anche raccontato i primi momenti al Milan, ricordando il ruolo cruciale di Clarence Seedorf per il suo processo di ambientamento in Italia:«Era la mia prima amichevole con il Milan. Stavo cercando di farmi capire con gli altri e arriva Seedorf, che parlava in maniera perfetta il portoghese avendo la moglie brasiliana. Gli chiedo quale potesse essere il miglior consiglio da un veterano come lui, rispose di imparare velocemente l’italiano. Essendo il centrale difensivo, mi disse che avrei dovuto guidare il reparto e dare indicazioni al centrocampo, quindi l’italiano sarebbe stato fondamentale. In quattro-cinque mesi parlavo già la lingua, dopo sei mesi rilasciavo interviste in italiano. È stata una sensazione piacevole, anche perché quando ero bambino ricordo di un torneo in Italia, giocato ad Ancona, nel quale ascoltavo gli avversari parlare italiano e mi piaceva, anche se non lo capivo. Una volta imparata la lingua è stata una passeggiata».