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Milan, Maignan: «Non mi piacciono i sogni, sono una persona oggettiva»

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Le parole di Mike Maignan, portiere del Milan: «Entro allo stadio determinato, so che devo fare il mio lavoro e che se do il massimo non mi può succedere nulla»

Mike Maignan è intervenuto nel corso di ESN Talks, format creato dall’agenzia Excellence Sport Nation che cura gli interessi anche del portiere del Milan. Le sue parole.

GLI INIZI – «Ho iniziato a giocare a pallone a 6 o 7 anni. Inizialmente volevo fare l’attaccante, o comunque essere un giocatore di movimento. Poi ho iniziato a fare un po’ il portiere. Nel frattempo ho completato la mia formazione scolastica. E io non volevo proprio fare il portiere. Sai, per me era noioso. Guardi gli altri giocare, non ti diverti e ti arrabbi. Poi sono andato al Clairefontaine con un allenatore che mi ha detto: ‘Se arrivi all’ultimo turno, rimani in porta’. Sono arrivato all’ultimo turno, quindi alla fine sono dovuto rimanere in porta. C’era il PSG che mi seguiva. Quindi la mia fase giovanile è andata così»

PRESSIONE – «Entro allo stadio determinato, so che devo fare il mio lavoro e che se do il massimo non mi può succedere nulla. Io cerco di bloccare tutti i commenti negativi. La cosa più importante è la mia famiglia, i miei ragazzi affidabili, il mio entourage. Li chiamo. Si parla prima della partita o della vita»

SOGNI – «Onestamente non mi piacciono molto i sogni, sono una persona più oggettiva. Quello che vorrei è che tutti noi riuscissimo a farcela. Vorrei poter continuare a lavorare nel mio campo. Andare avanti, aprirmi delle porte perché quelle mi aiuteranno ad aumentare il mio patrimonio, a diventare più forte e tutte le persone che sono state con me fin dall’inizio, cioè la famiglia, i ragazzi affidabili, gli amici più stretti, potranno crescere. Loro mi hanno dato la forza, io lavoro con la loro forza e se Dio vuole, tutta la forza che mi hanno detto, posso restituirla. Mi avete aiutato così tanto che non vi siete nemmeno accorti che la forza che mi avete dato era in realtà opera vostra. Noi siamo sotto i riflettori, loro dietro le quinte».

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